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Tommy Laux: sono morto tre volte per accompagnare mia moglie in Paradiso

Nel 2008 Tommy Laux aveva 50 anni ed era un uomo felice e soddisfatto. Aveva una bellissima compagna, sua moglie Julie, e due figli belli e bravi, Alicea la maggiore, che aveva quasi 20 anni, e Raymond di 18. Tommy era il presidente di un’azienda artigiana di successo che si occupava della produzione di articoli in legno spesso molto singolari (la sua clientela includeva persone famose, liete di poter richiedere la produzione di articoli personalizzati senza la ressa dei cronisti o dei fan che insistono per gli autografi). Lui e i suoi soci erano stati battezzati “I falegnami sovversivi” per la loro originalità. Tommy era anche socio fondatore di un originale gruppo musicale, la cui sede era adiacente all’azienda.

Julie, oltre ad essere una magnifica mamma, conduceva un lavoro tranquillo presso la scuola, e anche lei si dilettava ogni tanto di scrivere canzoni e cantarle.

Non aveva mai amato studiare, Tommy. Si considerava una persona semplice ed era solito suddividere le persone in tre categorie: i leader, i seguaci dei leader e quelli che per non dare fastidio si tolgono di mezzo. Non sentendosi né un leader né un sostenitore, Tommy aveva imparato molto presto nella vita a “togliersi di mezzo”. Ma allo stesso modo in cui non ci aveva mai tenuto a competere per un voto alto a scuola, così non si era ritrovato, da adulto, con troppi preconcetti. Questo fatto si sarebbe rivelato molto utile in vista di ciò che poi gli capitò.

Il 20 luglio 2008, Tommy e Julie, residenti a Green Valley (California), stavamo rientrando da una vacanza di pochi giorni in Colorado, dove si erano recati in moto con la loro Harley Davidson del 2007 per partecipare ad un incontro di famiglia con i parenti di Tommy. In particolare stavano rientrando da una visita alla sorella di Tommy presso la sua abitazione di Pueblo e avevamo percorso circa 500 dei 1500 km che li separavano da casa.

Mancava solo una mezz’oretta al raggiungimento della prima tappa, la casa della miglior amica di Julie, dove si sarebbero fermati per una sosta prima di riprendere il viaggio.

La vita per loro, allora come allora, era quanto di meglio potessero desiderare.

Mentre viaggiavano a velocità moderata lungo l’autostrada 50 all’altezza di Montrose (Colorado), un camioncino sbucò fuori dal nulla compiendo una pericolosissima quanto vietata manovra di svolta a sinistra, parandosi così proprio davanti a loro: l’impatto fu inevitabile.

Tommy non ha alcun ricordo dello scontro o incidente in sé, a causa del violentissimo trauma che gli procurò la frattura della scatola cranica e lo spappolamento della spalla destra, con lesioni e ammaccature in tutto il corpo. Quello di cui è certo, però, è che sia lui che Julie morirono a seguito dell’impatto e che Julie non sopravvisse all’incidente.

Mentre il corpo di Julie veniva condotto al primo ospedale di Montrose, Tommy veniva rianimato e aerotrasportato in condizioni molto critiche all’ospedale Saint Mary di Grand Junction, a circa 100 km di distanza, dove rimase in coma per quattro giorni. Il fatto davvero unico dell’esperienza che Tommy ebbe in quei giorni è che a seguito di quell’incidente morì non una, ma tre volte.

Ecco il racconto di Tommy:

«A seguito della collisione, Julie e io morimmo entrambi e io accompagnai Julie in un viaggio dal quale, come appresi subito, lei non sarebbe ritornata.

È estremamente difficile descrivere a parole quello che si prova quando si muore. Quello che ho visto e che ho percepito in quella circostanza non può essere espresso nel linguaggio che conosciamo, ma farò del mio meglio per darne un’idea.

Come mi fu poi confermato dai medici, anche dopo la rianimazione le mie condizioni rimanevano gravissime e la prognosi appariva decisamente infausta.

Quello che ricordo io, invece, è che mi trovavo ora in un’altra, e in qualche modo più elevata, dimensione della coscienza, fuori dal corpo, e vedevo e percepivo tutto da una prospettiva completamente diversa, quella dell’anima. 

È già difficile di per sé parlare di un’esperienza così, e lo è ancor di più per un falegname “sovversivo” come ero stato soprannominato: come fare a spiegare che mi fu mostrato uno spiraglio di eternità, un assaggio d’infinito e finanche della morte? La mia morte e non solo: la morte senza possibilità di appello della mia anima gemella… o forse dovrei dire trasformazione della coscienza e della consapevolezza? 

Quello che si prova, o che comunque provai, in quel momento fu la sensazione che la mia anima venisse rimossa dalla sua forma fisica e condizione umana. Il mio spirito, o anima che dir si voglia, era più vivo che mai dopo aver lasciato le limitazioni del corpo che lo avevano vincolato fino a quel momento.

Sentii che Julie ed io eravamo tornati a Casa, ci eravamo finalmente ricongiunti con il Grande Spirito, Dio, l’Universo o qualsiasi etichetta noi umani sentiamo di poter usare per definire questo inesplicabile concetto. A volte ci fissiamo talmente sul senso letterale di una parola da perdere la cognizione dei suoi reali significati. Ci ritrovammo liberi, fuori dal tempo e dallo spazio. Julie ed io eravamo ora parte di quel Grande Spirito, così come i grandi Maestri che mi fu dato di incontrare.

Come mi sentivo? All’improvviso non avevo limite alcuno, non avevo timore alcuno, ero libero di vedere qualsiasi cosa, libero di vedere qualsiasi persona e di essere ovunque volessi. Ad ogni mia domanda corrispondeva una risposta e una soluzione ad ogni problema, con l’intima consapevolezza che gli unici problemi sulla Terra sono quelli che ci creano noi. Come ho detto, è difficile descrivere un’esperienza dalla quale la maggior parte delle persone non ritorna.  

Mi furono mostrati non solo i miei ultimi cinquant’anni di vita ma anche tutte le singole diramazioni “alternative” che la mia vita avrebbe potuto prendere nel passato, nel presente e nel futuro, e le conseguenze che ne sarebbero a propria volta scaturite. Quello che molti chiamano “revisione di vita” non lo vidi da spettatore, ma lo vissi in ogni sua singola sfaccettatura: in altre parole vissi anche tutti i possibili esiti di ogni singolo evento possibile, nel passato, nel presente e nel futuro. E tutto aveva senso per me: ogni evento mi pareva un sogno bellissimo, ma molto più vivido e brillante della realtà. In pratica compresi come, grazie al nostro libero arbitrio, se la nostra vita fosse un film, allora noi ne saremmo l’autore, il produttore, il regista e uno degli attori, e questo metaforico film lo possiamo non solo guardare ma vivere. So con certezza che tutti noi siamo esseri multidimensionali.

Ho ricevuto molti doni in questa vita, primo fra tutti l’AMORE. Ogni volta in cui sento parlare delle sofferenze immani causate dal lutto per la perdita di una persona cara mi rendo conto di quanto sia stato fortunato a poter essere lì assieme a mia moglie a condividere in pieno quel momento con lei, e probabilmente anche a prendere la decisione di chi dei due sarebbe tornato. Lì, fuori dal tempo (che nei momenti dolorosi fa sembrare questa vita fisica un’eternità), mi sentii finalmente arrivato a Casa. Tuttavia compresi che, sebbene Julie fosse la benvenuta, io dovevo tornare alla vita terrena per poter star vicino ai nostri due figli. Alla luce di quanto appreso accettai, ma quando rientrai nel mio corpo fui schiacciato dall’enormità del dolore che il mio fisico martoriato provava e dalla consapevolezza che mia moglie non sarebbe tornata. E allora mi ribellai: a questo punto subii un secondo arresto cardiaco.

Ancora una volta mi sento in difficoltà a trovare le parole per spiegare l’infusione di conoscenza che si accompagnò a quel ritorno nel Mondo dello Spirito e a quella seconda revisione di vita. Fu come il download di un enorme numero di file, molto più massiccio del precedente, in cui mi veniva infusa enorme saggezza e conoscenza di prima mano, quella che viene, non dallo studio teorico, ma dall’esperienza diretta. Infatti mia moglie mi aveva sempre definito un San Tommaso a causa della mia necessità di toccare con mano qualcosa prima di poter dire di conoscerla. E adesso questa fonte di conoscenza diretta era a mia completa disposizione. Tornato in Paradiso questa nuova infusione di saggezza mi diede una cognizione molto più profonda dei concetti di vita e morte e del mio ruolo nel tutto: come le altre persone che hanno vissuto una NDE, compresi quanto questa vita fisica sia un attimo rispetto all’eternità. Accettai il secondo invito a tornare a questa vita fisica per i miei figli e i medici riuscirono a rianimarmi.

Nonostante la chiarezza e saggezza molto più profondi che mi avevano indotto a tornare a questa vita, l’impatto con il mio corpo mi riuscì ancora una volta inaccettabile, non solo per il dolore fisico ma anche per il peso enorme associato al lutto che avrei dovuto gestire nella mia famiglia e nella mia vita per la prematura morte di Julie. Anche se non volevo crederci, sapevo che in particolare mio figlio Raymond, all’epoca diciottenne, avrebbe potuto soffrire in modo indescrivibile per la perdita della mamma, dolore che a me veniva in parte risparmiato, rendendomi però per alcuni aspetti impotente nei riguardi delle persone a me più care.

Immaginate di tornare da un viaggio in cui vi è stata data la soluzione per tutti i problemi che affliggono il mondo e di rendervi conto che non esistono problemi che non siano creati da altri che da noi stessi. Di nuovo sentii di non potercela fare ed ebbi un terzo arresto cardiaco.

Tornato nel Mondo dello Spirito libero dal mio corpo, ebbi l’esperienza più profonda e complessa che abbia mai avuto e che potessi mai immaginare: compresi che tutto aveva senso, tutto aveva un suo preciso significato. Fu come se tutto il creato mi esplodesse dentro, svelandosi così a me. Compresi il senso profondo di dover tornare, non solo per i miei figli e la mia famiglia, ma anche per condividere questa esperienza con quante più persone scegliessero di ascoltarmi o avessero bisogno di sapere. Compresi che ne valeva la pena.

Tutto aveva un senso per me: l’unica resistenza a tornare da questo terzo viaggio era questa percezione che gli umani abbiano bisogno di un Ego e che le illusioni su cui si fonda l’Ego (paura, egoismo, odio, senso di penuria, senso di colpa, convinzione che non esiste altro al di fuori del mondo materiale, ecc.) sono da migliaia di anni alla radice dei problemi del mondo. E una delle connotazioni dell’Ego è proprio il fatto che esso non è in grado di vedere se stesso, ma teme disperatamente il proprio annullamento e per questo lotta in ogni modo per la propria sopravvivenza.

Nel mondo dello spirito, invece, non abbiamo un Ego e la nostra vera identità spirituale è libera di rifulgere.

Al mio risveglio dal coma, sapevo con certezza che Julie era morta (in effetti, anche in considerazione dell’incertezza circa la mia sorte, il suo funerale era già stato celebrato), ma mi ci volle qualche tempo per ricordare le mie esperienze di premorte. Sebbene le abbia qui suddivise in tre episodi perché ci furono tre arresti cardiaci, tre revisioni di vita, tre infusioni di saggezza e conoscenza e due tentativi falliti di rientrare nel corpo fisico, per me che ero fuori dal tempo si tratta di un’unica esperienza.

Mi resi conto dopo il mio ritorno che esisteva una porta aperta fra questa dimensione e quello che molti chiamano l’Aldilà o Oltrevita. Mi resi conto che quella porta c’era sempre stata ma adesso ne ero finalmente cosciente.

Sebbene fossi una persona semplice, il fatto di non aver approfondito gli studi mi aveva tutelato da molti preconcetti, e pur riconoscendo la mia stupidità di un tempo, mi ritenni fortunato di non avere troppi pregiudizi di cui l’Ego potesse nutrirsi.

Mi occupavo di falegnameria, scrivevo musica, canzoni e poesie, cantavo in un gruppo musicale. Tuttavia c’era qualcosa che mi aveva sempre contraddistinto e che compresi solo dopo la mia esperienza di premorte: i miei scritti creativi arrivavano in modo del tutto fluido, specie al mattino presto e, dopo quell’esperienza, ne ritrovai tantissimi di quegli scritti che andavano indietro anche di trent’anni e che all’improvviso avevano senso.

Compresi che lo scrivere al mattino presto era un modo tramite il quale il mio spirito, libero dall’Ego e dal tempo lineare come lo conosciamo noi, poteva esprimersi liberamente.

Mi capita tuttora di scrivere cose che tendono ad avere perfettamente senso “dopo” essere state scritte.

La porta aperta di cui parlo non riguarda soltanto gli scritti ispirati che mi arrivano: sento costantemente vicino a me mia moglie Julie, e, da quando è mancato nel 2016, anche mio figlio Raymond.

In effetti fui condotto qualche tempo dopo la mia NDE presso una psicoterapeuta con l’intenzione di aiutarmi a superare il “lutto”. Ricordo il momento in cui la dottoressa mi chiese se sognavo. Le risposi: «Certo! Come tutti, no?» E lei incalzò: «Ma sogni mai Julie?» Le risposi: «Julie è qui con me in questo momento: se questo significa sognare vuol dire che in questo momento sto sognando».

Ho chiesto a Tommy in che modo percepisce la presenza dei trapassati e lui mi ha risposto che, sebbene invisibili ai propri occhi fisici, ne percepisce chiaramente la presenza. Mi ha anche detto che a volte è lui ad andare a trovare loro mentre a volte sono loro a venire a trovare lui e che il sonno è uno dei momenti più adatti a questi viaggi dello spirito: «È lo spirito a portarmi lì. Non cerco di controllare la cosa. È come vivere con un piede nella dimensione terrena e uno in quella dello spirito».

Ho chiesto Tommy in che modo riuscisse ad affinare questo contatto e lui mi ha detto che lo fa “spegnendo il cervello”, ponendosi in uno stato di “non-pensiero”, che alcuni chiamano meditazione, altri preghiera e altri sogno ad occhi aperti. Lo scopo fondamentale di questa pratica è quella di spegnere l’Ego, fonte della nostra paura della morte ed incapace di vedere se stesso. «Preghiera è solo uno dei modi in cui definiamo la meditazione o il pensiero/energia concentrati. La maggior parte dei nostri credo non sono precisi, la verità è l’AMORE. Dio è AMORE».

Tommy mi dice di essere tornato soprattutto con una grande consapevolezza della propria responsabilità. Sa di avere un importante messaggio da condividere e che continuerà a farlo fino alla fine dei suoi giorni. Sa anche che ciascuno è libero di interpretare e comprendere il suo messaggio in base alle proprie esperienze e al contesto culturale che conosce e/o condivide. Ha sottolineato come ciascuno di noi ha sempre una scelta: quel libero arbitrio che riguarda la nostra esistenza; anche il modo in cui il suo messaggio viene recepito, per quanto espresso in buona fede, dipende dal libero arbitrio di chi lo riceve, lo decodifica e lo interpreta.

Quando gli ho chiesto se lui è Julie avessero preso un accordo su chi di loro due sarebbe tornato, dice di avere la cognizione che entrambi avessero questa scelta, che tale accordo ci sia stato, ma di non averne precisa memoria.

È singolare il fatto che il 10 settembre dell’anno 2001, il giorno prima di quell’11 settembre che probabilmente nessuno di noi mai dimenticherà, Julie sia stata immortalata in un video, ora su YouTube, mentre canta una canzone scritta da lei, il cui ritornello è “Take me Home… to Paradise” (“Portami a Casa… in Paradiso”).

Tommy si sente immensamente fortunato per aver potuto compiere quel viaggio con Julie, quel viaggio dal quale è stato così riluttante a tornare. Ha riportato con sé la certezza che la vita e l’amore sono per sempre, e la presenza costante di Julie e ora anche Raymond con sé.

Tommy aggiunge: «Che la connessione al Grande Spirito/al Divino sia forte, debole o neutra, in questo momento della mia evoluzione personale so che il Divino è il Potere dell’Amore su ogni cosa, e NON certo l’amore del potere su ogni cosa. Adesso, quando penso al Paradiso, mi rendo conto che la Terra è parte di esso, anche se noi umani siamo capaci di farne un inferno.

Quello che spaventa l’Ego e la fine di se stesso, ma la morte non è che un nuovo inizio.

Mentre ricordo questa esperienza mi sento trasportato in quella meravigliosa dimensione immersa in una pace e beatitudine senza tempo. Ci vado spesso con lo spirito, quando sono da solo e mi è concesso di potermi affacciare su questa meravigliosa dimensione che è dentro di me. La si può chiamare meditazione o preghiera o sogno ad occhi aperti. Qualsiasi nome va bene. 

Quando parlo di “dimensione interiore” parlo appunto di ciò che mi permette di proiettarmi nell’essenza della fonte della vita stessa. Riesco a vedere la mia forma umana più o meno controllata dall’Ego che combatte con la mia anima libera, nel tentativo di riportarla in questa forma e in questa realtà. All’Ego viene insegnato di temere la propria morte.

È mio desiderio scrivere molto di più su questo argomento, per aiutare chiunque possa trarre beneficio da questo tipo di messaggio. Ma sento che in primo luogo sono tornato per aiutare me stesso. Sono tornato per imparare e poi insegnare quanto appreso ai miei cari, primi fra tutti i nostri figli, che sono il riflesso della loro mamma e mio.

Mi commuovo sempre al pensiero di nostro figlio Raymond, dello sforzo fatto per trasfondere anche in lui queste certezze e del fatto di essere comunque riuscito in qualche modo a raggiungere la sua anima, al di là del suo cuore spezzato, prima che anche lui nel 2016 lasciasse questa Terra per raggiungere la mamma».

Ho chiesto per un’ultima volta a Tommy come il fatto di aver condiviso con Julie questa esperienza (essere tornati a Casa insieme, essersi sentito parte del Divino insieme, sebbene lui non abbia attraversato la soglia che Julie ha attraversato) cambia le cose. Mi ha risposto: «Sì, quell’essere insieme non mi ha mai più abbandonato. Una volta che si attraversa in modo consapevole quella porta di cui ho già parlato e che è sempre aperta, essa rimane distintamente aperta come lo era già prima, ma in modo evidente. Lo stesso vale per Dio: non esiste alcuna separazione se non quella che noi esseri umani creiamo».

© Tommy Joe Laux – Tutti i diritti riservati.

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Tommy Joe Laux è l’autore del saggio in fase di pubblicazione EGONOMICS 101: The Awakening Has Begun… Within or Without You. È possibile contattarlo all’indirizzo e-mail smilenfish@gmail.com. Il suo account Facebook è https://www.facebook.com/tommy.laux.3. All’epoca dei fatti era il presidente dell’azienda TLC Woodworks, INC., presentata in questo reality del 2008

(girato in parte prima e in parte dopo l’incidente), e socio fondatore del gruppo musicale Smile ‘N’ Fish band. Ecco un link al video del 10 settembre 2001 in cui Julie canta la canzone da lei scritta “Take me Home”: