Giulia Jeary Knap, autrice dei libri
L’Aldilá é a portata di mano, La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap
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L’Aldilà e la vita dopo la morte sono temi che mi hanno sempre incuriosito e appassionato. Proprio per questo, prima ancora di cominciare ad avere spontanee esperienze fuori dal corpo intorno ai 29 anni, avevo già passato gran parte del mio tempo a fare ricerche sull’argomento.
La mia fortuna è stata quella di aver cominciato a pormi domande e a cercare risposte sull’Aldilà parecchi anni prima di essere colpita dal lutto per la perdita di una persona cara. Rircodo infatti di aver avuto l’opportunità di parlare dell’argomento con entrambe le mie nonne, sia da piccola che da giovane adulta.
Negli anni, questo si è rivelato un enorme vantaggio, sia perchè da bambini si è molto più aperti a recepire concetti che esulano dalla realtà fisica oridinaria, sia perchè (come avrei poi scoperto a mie spese) quando si soffre per la perdita di una persona cara le certezze che non sono fondate su convinzioni profonde possono essere messe a dura prova. Il lutto e la sofferenza per la morte fisica di una persona cara possono costituire uno shock, un terremoto emotivo che può portarci a mettere seriamente in discussione ciò che magari prima contemplavamo solo in teoria. Come ho potuto constatare di persona, può volerci davvero tanta pazienza per elaborare il lutto per la perdita fisica di una persona cara, anche quando si hanno esperienze di prima mano circa l’esistenza di un dopo-vita e la possibilità di rimanere in contatto con chi fisicamente non c’è più.
In particolare, i sogni, i sogni lucidi (sogni in cui si è consapevoli di sognare) e, dopo un cauto periodo di rodaggio, le cosiddette esperienze fuori dal corpo mi hanno permesso negli anni di maturare conoscenze basate su esperienze di prima mano, che almeno per me si sono rivelate essenziali per rendermi conto che il corpo fisico costituisce un veicolo temporaneo e che la coscienza è in grado di esplorare altre dimensioni che sono ugualmente reali e tangibili quanto quelle esperite sul piano fisico.
Dopo oltre un migliaio di OBE e centinaia di esperienze transpersonali, ci sono in particolare cinque miti che desidero sfatare sull’Aldilà:
1. Non c’è nulla di morboso o patologico nel sentire il bisogno di tenersi in contatto
Avendo personalmente ricevuto un’educazione religiosa superficiale e incapace di rispondere ai miei quesiti sulla vita dopo la morte del corpo fisico, l’unica risposta ricevuta alle mie ostinate domande sull’argomento a catechismo era che i morti devono “riposare in pace”, che anzi non vanno “disturbati” o “distratti” dal proprio percorso di espiazione o evoluzione e che il nostro unico compito è pregare per la salvezza della loro anima.
Al contrario, in tutte le mie esperienze di contatto diretto con i defunti, cui si sono aggiunte quelle vissute tramite tecniche meditative finalizzate al contatto medianico, ho avuto modo di appurare che i nostri cari sono desiderosi di farci sapere che sono vivi, guariti da eventuali malattie o traumi fisico, felici, al sicuro e desiderosi di far parte delle nostre vite, vigilare su di noi e guidarci.
Ho anche scoperto che il fatto di sentire improvvisamente l’assenza di un proprio caro o pensare all’improvviso a lui o lei sono entrambi vividi segnali che gli spiriti disincarnati usano per farci sentire la loro presenza e vicinanza, proprio come succede talora quando pensiamo a una persona e nel contempo questa ci telefona o bussa alla porta.
2. Ogni religione o sistema di credenze incentrato sull’amore è ugualmente prezioso
Da piccola mi chiedevo come mai per esempio, i comunisti dell’Est Europa nati e cresciuti in un contesto ateo fossero destinati a bruciare per sempre all’inferno.
Successivamente, alla fine degli anni ‘90, mi sono imbattuta in una nuova forma di fanatismo dogmatico, secondo la quale chi muore con un determinato sistema di credenze può andare incontro a pericoli nell’Aldilà, in quanto le nostre aspettative danno luogo e forma alla nostra destinazione nel dopo-vita. In casi estremi, questi derelitti non si renderebbero nemmeno conto di essere morti, non troverebbero nessuno a riceverli nell’Aldilà e dipenderebbero dal buon cuore dei viventi che frequentano specifici corsi di “recupero” finalizzati ad attirarne l’attenzione e a portarli alla Reception del Paradiso.
Con il tempo, mi sono resa conto che, fatta eccezione per le tante persone che portano avanti questi discorsi in buona fede, ogni forma di fondamentalismo dogmatico nasce al fine di manipolare e controllare il prossimo, vuoi per paura, vuoi per denaro, vuoi per potere, vuoi per un semplice bisogno di gratificare il proprio Ego. E quale manipolazione migliore di quella di proiettare nell’Aldilà le medesime dinamiche distruttive che possono verificarsi sul piano fisico? Ed ecco profilarsi scenari terrificanti, quale la dannazione eterna, la reincarnazione forzosa nel tempo lineare o addirittura la “seconda morte” o morte definitiva dell’anima.
Al contrario, in base alle esperienze maturate e raccolte anche dallo studio delle NDE o esperienze di premorte, non c’è proprio nulla di male nel maturare o attenersi a uno specifico sistema di credenze nel corso della vita fisica. Quest’ultima è appunto finalizzata all’esplorazione e alla creazione in un contesto inconcepibile per gli spiriti mai incarnati (che conoscono solo il puro amore incondizionato). L’importante appunto è sentire o riscoprire la centralità dell’amore, dell’amor proprio e dell’amore per il prossimo, anche se spesso ci si dimentica dell’importanza di volersi bene.
Infatti, coloro che sono morti e hanno avuto modo di tornare o di comunicare in qualsivoglia maniera, insistono sul fatto che l’amore è l’essenza di tutto e che la morte è un gioioso ricongiungimento con la nostra vera essenza, con i nostri cari e con il tutto.
3. La morte non è un momento di smarrimento ma di risveglio
Quando abbandoniamo il piano fisico e ci risvegliamo dall’illusione che la vita di spiriti incarnati comporta, abbandoniamo anche il tempo lineare a lo spazio tridimensionale. Sebbene i nostri cari possano, dopo la morte, vivere una fase di sonno ristoratore (come lo definisce il ricercato Ernesto Bozzano), una revisione di vita e una fase di riflessione introspettiva su quella che è stata la propria vita su questo piano, queste fasi non si verificano nel nostro tempo fisico e non possono condizionare la possibilità che i nostri cari hanno di far sentire la propria presenza attorno a noi.
In altre parole, la morte è un’esperienza molto delicata, delicata e semplice, che il grande ricercatore nel campo dei fenomeni psichici e medium W.T. Stead ebbe a descrivere “come il passaggio da una stanza a un’altra”. Sebbene essa possa comportare una fase di frustrazione nella constatazione che il nostro spirito disincarnato non sia visibile ai nostri cari che ci piangono, a questo si accompagna subito il conforto che le persone care rimaste fisicamente in vita si risveglieranno dal sogno in cui sono immersi in un batter d’occhio, per quanto li riguarda, proprio perché con il trapasso si esce dal tempo lineare.
Anche lo spirito di persone malvagie, come l’ex-ufficiale nazista menzionato nel libro Visioni dell’Aldilà del Dott. John Lerma, che durante uno stato di coma visse un’esperienza all’insegna dell’oscurità e del senso di colpa che gli sembrò durasse dei secoli, non è soggetto al nostro tempo lineare.
Chi, ipotizzando l’esistenza della dannazione eterna, non prende ad esempio crudeltà e sadismo, come nel caso dei responsabili dello sterminio degli ebrei in occasione della II Guerra Mondiale?
Questo paziente, che dopo la guerra era emigrato in Sud America e non aveva confessato neanche a sua moglie le proprie malvagità, prima di morire cadde in coma e visse un’esperienza di premorte in cui si ritrovò in una sorta di caverna oscura, assieme a spiriti di persone che si erano macchiati di crimini analoghi. Schiacciato dal senso di colpa che gravava sulla propria coscienza, gli ci vollero quelli che gli parvero secoli per chiedere aiuto e per accettare il riscatto che rivivere l’effetto delle proprie azioni sugli altri gli avrebbe donato. Tuttavia, quando si risvegliò dal coma erano passate soltanto 48 ore, ed ebbe il tempo di condividere con il Dott. Lerma la sua esperienza prima di morire
Da ultimo, ma non da meno, noi uomini siamo esseri multidimensionali e abbiamo modo, se lo desideriamo, di vivere la nostra esistenza su vari piani e in varie modalità: di qui anche il concetto di reincarnazione, che può, se interpretato alla luce dei nostri concetti terreni di spazio e tempo, anche dar luogo al timore di non ritrovare al momento della morte un proprio caro, perché ipoteticamente impegnato a vivere un’altra vita. Tuttavia, sulla base di quanto ci dicono i sopravvissuti a una esperienza di premorte o NDE, qualora venga ricordata più di una esistenza, queste sono percepite come “simultanee” e in nessun modo in grado di pregiudicare la nostra identità personale unica e indistruttibile. Questo significa che non perdiamo mai di vista i nostri cari. Il mio libro Looking Beyond the Fishbowl: A New Comforting Perspective on Reincarnation (attualmente in fase di ampliamento in italiano La verità sulla reincarnazione: Conforto e sollievo da un concetto spesso ambiguo), è interamente dedicato a dipanare la matassa dei preconcetti e dei possibili timori che possano affliggere una persona a lutto quando si confronta con la letteratura su questo argomento.
4. Non esistono spiriti inferiori legati alla terra che possano infestare, possedere o altrimenti intromettersi nelle nostre vite
La morte non comporta l’esigenza o necessità di “passare oltre” e abbandonare un piano per poter proseguire la propria esistenza in un altro. In altre parole non esiste con la morte l’esigenza di andare altrove.
Non ci sono spiriti intrappolati cui sia dato tormentare i vivi o infestare case e persone come la letteratura e cinematografia horror sul dopo-vita suggeriscono. Al contrario siamo attorniati da creature angeliche che ci proteggono e ci guidano costantemente.
Anche se il dopo-vita comporta per gli adulti una fase di presa di coscienza, adeguamento, riflessione introspettiva, questa è di natura personale e individuale, e, come già accennato, non si verifica nel nostro tempo. Tutti noi, i cosiddetti “vivi”, così come i cosiddetti “morti”, siamo costituiti della stessa essenza, della medesima “materia prima”: lo spirito. Venuto meno il collegamento con il corpo, il nostro spirito tende naturalmente a disinteressarsi di tutto ciò che lo preoccupava riguardo alle esigenze del corpo fisico: malattia, vecchiaia, bisogno di procurarsi il pane quotidiano e un tetto sulla testa sono pensieri che non riguardano lo spirito disincarnato. Quello che un tempo poteva essere il lavoro necessario per procurarsi da vivere si rivela per quello che è: missione, vocazione, hobby, creativa esplorazione, viaggio di istruzione e di piacere a un tempo.
Quando ci risvegliamo dall’illusione imposta dall’incarnazione sul piano fisico, ci ritroviamo istantaneamente nella nostra vera casa in spirito, che, come spiegato nel libro L’Aldilà è a portata di mano, ricomprende la famiglia e la casa create sul piano terreno, vera casa che riconosciamo istintivamente grazie al senso di appartenenza e magnetico amore incondizionato che vi troviamo.
A quel punto ci rendiamo conto che il piano fisico non è altro che un’emanazione più densa di un meraviglioso insieme.
Quindi, se da una parte la morte non separa, dall’altra non comporta e non permette invasioni della privacy, né in senso né nell’altro.
In considerazione di questo, al contrario del caso di chi ha una esperienza di premorte o NDE e ha avuto l’opportunità di scegliere di tornare all’esistenza fisica, coloro che compiono in modo definitivo il proprio trapasso non hanno bisogno di tornare nel corpo fisico per stare vicini ai propri cari; sanno infatti che siamo e saremo sempre assieme è che in un batter d’occhio i loro cari fisicamente vivi riacquisteranno anch’essi tale consapevolezza.
L’idea che fantasmi o spiriti inferiori possano infestarci o che, al contrario, se uno spirito disincarnato non compie un passaggio specifico che lo porti “nella luce”, rassegnandosi così a non più comunicare con i propri cari (vedi popolari serie TV come Ghost Whisperers) non sia in grado di progredire verso la propria meta, non sono che modalità con cui proiettiamo nelle nostre aspettative sul dopo-vita le medesime cognizioni di spazio-tempo, meriti e punizioni, su cui modelliamo la vita terrena.
Se da una parte è vero che forti emozioni represse, come dolore, risentimento, rabbia e frustrazione, da parte di persone fisicamente vive possono dar luogo a fenomeni psichici incontrollati come quelli denominati poltergeist, agli spiriti disincarnati non è consentito interagire con noi se non in modi delicati e non invasivi (si veda per esempio l’articolo: Come fanno i nostri cari a contattarci dall’Aldilà).
Gli invadenti fenomeni riportati in relazione a cosiddetti luoghi “infestati” si nutrono dell’energia psichica derivante dall’aspettativa dei viventi.
5. Lo spiritismo di matrice religiosa rischia di essere distorto dai dogmi che lo hanno generato
I fenomeni medianici generati da una corrente religiosa di matrice dogmatica risultano inevitabilmente inquinati dalla cultura e dal tempo in cui si verificano. I criteri che risultano più difficili da gestire dal medium ricevente sono i concetti di spazio e tempo, o meglio il carattere del tutto individuale e personale che spazio e tempo assumono oltre la vita fisica.
A maggior ragione, le trasposizioni cinematografiche, come nel caso del film Nosso Lar (2010), che è semplicemente ispirato a un libro dello spiritista brasiliano di matrice cristiana Chicho Xavier (1910- 2002), non possono che incrementare il divario fra ciò che viene comunicato al medium e ciò che viene propinato agli spettatori.
Nel libro omonimo scritto da Xavier nel 1944, su cui è basato il succitato film recentemente doppiato in italiano, si dà in pasto agli spettatori, in cambio di qualche briciola di verità, un Aldilà ingiusto governato dalle medesime leggi ingiuste che possono governare certe realtà della vita terrena. Il “Dio” prospettato in questa sorta di colonia brasiliana del dopo-vita è il Dio spietato dell’Antico Testamento, che pur venendo dichiarato “giusto” non sembra provare alcun amore per le creature, abbandonate inermi alla mercè di spiriti inferiori. Quello che maggiormente interessa, ai fini del contatto con i trapassati, è che il messaggio trasferito sia dal libro che dal film Nosso Lar è che la legge è legge e la legge non ammette ignoranza (per esempio, chi in vita non ha creduto all’esistenza di un dopo vita, deve pagare anche se non è colpa sua). Il libro sui cui si fonda il film presenta un’Aldilà in cui ci si fa beffe non solo della medianità e dell’amore che possa legare le persone, ma anche dello stesso spirito Cristiano.
Molto più affini alle esperienze di prima mano dei sopravvissuti a NDE (e alle mie esperienze pesonali) sono le risultanze della medianità Nord Europea e Nord Americana.
Il messaggio, cosciente o incosciente, dell’autore di Nosso Lar tradisce l’intento dogmatico, mirato al terrorismo psicologico diretto a chiunque si azzardi ad affacciarsi su questa terra poco esplorata, che è il dopo-vita, senza la guida e l’interpretazione del manipolatore di turno.
Per chi mi ha chiesto un commento sul film e libro Nosso Lar, aggiungo qui un approfondimento.
Il mio unico scopo nello scrivere questo articolo è la tutela delle persone a lutto e del diritto di tenersi in contatto con i propri cari, se non direttamente tramite un medium professionista.
Gli inferni personali delle persone malvagie sono un dato di fatto acclarato e innegabile. Proponevo nell’articolo l’esempio estremo di un ex-ufficiale nazista che, pur di non cedere al ricatto dei propri superiori, che minacciavano la vita di moglie e figli, aveva attivamente collaborato allo sterminio di un altissimo e imprecisato numero di persone. Nell’articolo cito anche la fonte, che è una raccolta di esperienze definite “A letto di morte”.
La letteratura spiritualista raccoglie anche altri esempi di inferni personali vissuti da persone che, non solo hanno trattato sadicamente il prossimo a livello fisico, ma anche a livello morale. Faccio riferimento a tali casi proprio per spiegare come la durata e dimensione dell’esperienze post-vita di queste persone non avviene secondo il metro del “nostro” tempo lineare, sebbene ai reprobi non sia concesso comunicare durante tale fase con i propri cari, proprio a tutela degli spiriti ancora incarnati.
Il film Nosso Lar è la versione edulcorata di un libro che ho letto negli ultimi giorni e che tratta di una ipotetica colonia brasiliana del dopo-vita che proietta nell’Aldilà dei “penitenti”, dei “redenti” e anche della gente per bene molti dei limiti che si possono ritrovare nell’Aldiquà, quali i principi di penuria, conflitto e ingiustizia.
L’autore Xavier precisa prudentemente che tale colonia si distingue nettamente da altre colonie di estrazione ad esempio europea. Il fatto che mi pare renda tale tipo di letteratura un’offesa all’intelligenza riguarda vari aspetti, ma in questa sede mi limito a uno solo: la proiezione di questo non-amore e di questa linearità del tempo dall’Aldilà all’Aldiquà.
Il caso più inquietante è quello di una mamma per bene ma disperata cui viene negato di poter guidare i figli ancora in terra semplicemente perché non ha ancora maturato i “crediti” necessari che le deriverebbero da lavori per la sua sensibilità intollerabili.
Il protagonista, un medico che ha avuto il demerito di aver avuto una vita agiata durante gli studi e durante i 15 anni di professione, ha però il merito di aver curato gratuitamente 16.000 pazienti, sebbene lo abbia fatto con un certo senso di condiscendenza. Le raccomandazioni e intercessioni che glie ne derivano gli permettono di accorciare i tempi che lo dividono dal rivedere i propri cari. Dopo otto anni nell’Umbràl alla mercé di ogni bruttura e un solo anno di praticantato nella colonia, gli viene concessa una “licenza premio” di sette giorni per far visita alla propria famiglia in terra, secondo un regime che definirei carcerario.
Senza entrare nel merito di ciò che succede dopo, resta il fatto che, secondo questa visione, anche la figlia, che sente tanto la mancanza del padre, non può avere sue notizie per nove lunghi anni.
Se da una parte sia per molti versi comodo pensare che ciò sia possibile, poiché dà a chi soffre sollievo e pazienza e a medium poco preparati una scusa, questo fatto non vero può aggravare uno stato di lutto, ragion per cui lo considero inadatto ad un pubblico vulnerabile.