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Come ho capito che il mio interesse innato per la fantascienza è strettamente legato alle mie ricerche sull’Aldilà

Ricordo chiaramente che c’è stata una fase nella mia vita, che va dalla nascita fin verso i cinque/sei anni, in cui ero costantemente felice senza mai avere l’impressione che mi mancasse qualcosa. La mia vita era ricolma di beatitudine e magia ed ero convinta che tutto fosse possibile, Poi, quasi dall’oggi al domani, l’incantesimo si ruppe. Ritengo che ciò sia da ascrivere al fatto che, crescendo e frequentando la scuola, la società cominciò ad interferire con le mie innate conoscenze, insegnandomi che ero un individuo separato e scollegato dal resto del mondo.

Tuttavia, la mia grande curiosità circa i grandi misteri della vita ebbe il sopravvento, e cominciai a leggere ogni sorta di libri a disposizione all’epoca che illustravano in particolare teorie scientifiche sull’universo e la storia dell’umanità, ivi inclusa l’archeologia biblica.

Trovai strano che la ricerca scientifica si basasse tanto sulla premessa che tutto è separato. Così cominciai ad interessarmi ai film di fantascienza, soprattutto se questi si basavano su forti legami affettivi fra le persone. Fu in questo modo che scoccò in me di nuovo la speranza di poter per esempio viaggiare nel tempo, per esempio nel passato, per fare una scelta diversa che evitasse un esito nefasto e portasse per esempio a salvare delle vite (per esempio Déjà Vu e La casa sul lago del tempo. Al momento sto guardando Manifest su Netflix).

Intorno ai 9 anni cominciai a sperimentare dei forti déjà vu, che duravano in genere meno di un minuto, ma che mi proiettavano in uno stato modificato di coscienza molesto sul piano fisico (sentivo come un pugno allo stomaco, un colpo sul naso e un perdurante mal di testa dopo ogni episodio) ma piacevole sul piano mentale, in cui tutto (immagini, suoni, odori, sapori) mi sembrava chiaramente già vissuto. Questi episodi si intensificarono negli anni immediatamente precedenti alla formazione della mia famiglia e si interruppero definitivamente quando nacque nostro figlio.

Intorno al 2014 mi imbattei nelle teorie di Gregg Braden (28 giugno 1954 -), uno scienziato americano che ha collaborato anche con la NASA. Designer esperto di sistemi informatici (Martin Marietta Aerospace), geologo informatico (Phillips Petroleum) e supervisore operativo tecnico (Cisco Systems), Braden è oggi considerato un’autorità nel collegare le conoscenze del passato con la scienza, la medicina e la pace del nostro futuro.

Tra il 1979 e il 1990 Braden ha operato come problem solver durante un’epoca di crisi per le 500 società della Fortune. Oggi continua ad esercitare il problem-solving nell’opera tesa a colmare il divario fra la scienza moderna e la saggezza del nostro passato per giungere a soluzioni concrete alle problematiche che attanagliano le nostre vite.

I suoi viaggi nei remoti villaggi montani, monasteri e templi del passato, uniti al suo background nelle scienze meccaniche, lo qualificano in modo particolare nel saper portare alla ribalta i benefici delle tradizioni del passato nella nostra vita di oggi.

Bradden è autore di almeno 12 opere (tra cui 5 best seller) internazionali pubblicate in più di 40 lingue ed è rinomato come uno dei pionieri nel tracciare un ponte tra scienza e spiritualità.

Ciò che ha portato Gregg Braden ad esprimere determinate teorie è stato, oltre agli studi effettuati da ragazzo e da adulto, l’aver vissuto ben due esperienze di NDE quando era ancora un bambino.

Naturalmente Wikipedia lo colloca nel calderone non meglio definito dei pensatori New-Age, sul quale non mi esprimo.

Bradden spiegava in parole semplici ed accessibili per la mia cultura non tecnica quello che cercavo di capire per identificare il ponte che potrebbe esistere fra scienza e spiritualità. Bradden spiega come per migliaia di anni tradizioni antiche, indigene e fortemente improntate alla spiritualità si basassero sul semplice presupposto che tutto è collegato, laddove la scienza, e successivamente la fisica quantistica abbiano fatto immani sforzi negli ultimi 300 anni per arrivare alle stesse conclusioni, partendo però dal presupposto che tutto è separato.

Le recenti conclusioni di alcuni esperimenti scientifici sembrano avvicinarsi a dimostrare l’effettiva esistenza di campo energetico intelligente (che alcuni definiscono campo quantico, la matrix o Dio). Nelle parole di Bradden:

«1) Il campo contiene tutte le cose: dalla prospettiva in cui la scienza lo vede ora, ogni cosa esiste in questo campo, l’universo esiste in questo campo, e nulla esiste al di fuori di questo campo. Quindi, tutte le cose che succedono, succedono in questo campo.

2) Il campo costituisce un ponte fra noi e il mondo che ci circonda, tra il nostro mondo interiore e quello esteriore. Ciò è importante perché, per esempio, quando offriamo energia di guarigione o una preghiera a una persona che si trova anche al lato opposto della terra, siamo in grado di influenzare le cose grazie a questo campo.

3) L’energia di questo campo costituisce uno specchio che riflette nel mondo che ci circonda ciò che riteniamo essere vero nel nostro mondo: tutti abbiamo convinzioni e aspettative circa ciò che è vero e possibile nel mondo: talora a livello conscio altre volte no; ma, indipendentemente da questo, il mondo conferma sempre quelle che sono le nostre reali convinzioni.

La fisica quantistica sta ora studiando come e perché:

  • Siamo tutti collegati;
  • Non ci limitiamo semplicemente ad osservare la realtà, ma contribuiamo fattivamente a crearla tramite le nostre emozioni;
  • Possiamo trovarci in più luoghi contemporaneamente e viaggiamo attivamente fra le varie dimensioni

Queste idee mi hanno aiutato a colmare il divario tra le mie conoscenze innate ed il mio fermo desiderio di ottenere prove di prima mano circa la possibilità di fare cose apparentemente impossibili, quale ad esempio visitare l’Aldilà, viaggiare nel tempo, avere esperienze spiritualmente trasformative (STE) che mi hanno portato a nuove conferme circa il potere dell’aspettativa positiva.

Mi rendo ora conto che il mio bisogno di leggere libri e vedere film che parlassero di questi argomenti e poi cercare prove di prima mano possa essere stato un promemoria (déjà vu compresi) posto in essere da quello che chiamo Io Superiore o Io Completo a beneficio del mio Io Terreno, al di là dello spazio e del tempo, in modo da non deragliare dal mio percorso terreno teso a riscoprire ciò che nella mia prima infanzia era un dato di fatto come anche del fatto che siamo potenti esseri spirituali intimamente interconnessi fra di noi e la Fonte Divina con una identità eterna e indistruttibile.

Mi rendo conto che una persona a lutto che stia cercando conferma che un proprio caro defunto sia ancora vivo abbia assolutamente bisogno di poter attingere all’aspettativa positiva. Ecco perché ritengo che le prove di prima mano ottenute a conferma delle mie conoscenze innate siano fondamentali per dimostrare che la morte non è che il risveglio dalla temporanea illusione che siamo esseri separati e in balia degli eventi e che approfondire queste tematiche sia di grande supporto in tali momenti di sconforto.

Sabrina (estratto dal libro “L’Aldilà è a portata di mano”)

Facciamo un passo avanti e veniamo all’estate del 1994, ad una delle esperienze più toccanti e commoventi che io abbia mai avuto, che ha portato con sé la certezza che l’Aldilà é letteralmente a portata di mano. I fatti risalgono alle 3:00 del mattino, di lunedì, 29 agosto 1994. All’epoca, avevo appena compiuto 33 anni.

Erano circa tre anni che avevo cominciato ad avere esperienze volontarie di proiezione astrale, in occasione delle quali avevo anche incontrato il mio nonno paterno, che era mancato quattro anni prima della mia nascita (pochi mesi prima che i miei genitori si conoscessero). Ma fino a quel momento, era sempre stato come se lui mi venisse incontro a metà strada, per così dire, in una zona non meglio definita fra Cielo e Terra. Mi ero esercitata ad avere queste OBE nel mio appartamentino da single, il sabato o la domenica pomeriggio, dopo aver staccato il telefono per essere sicura di non essere disturbata.

Preferivo farlo di giorno, perché c’era la luce del sole, ed io avevo sempre avuto paura del buio. Col tempo, ero passata dalla semplice curiosità circa gli aspetti e le possibilità “tecniche” legate alle OBE ad un approccio più spirituale, mirato ad ottenere prove circa la vita dopo la morte del corpo fisico. Da quando queste esperienze erano diventate per me una fonte di ricerca spirituale, mio nonno era diventato per me come una guida, e raramente non si presentava quando andavo in cerca di lui.

Ma veniamo all’estate del 1994.

Dall’8 al 14 agosto 1994 avevo passato la mia prima settimana all’Arthur Findlay College di Stansted, sede della SNU, o Unione Spiritualista Inglese. Era stato il mio primo contatto approfondito con lo Spiritualismo e con medium professionisti. Al mio ritorno in ufficio, il lunedì successivo alla vacanza, avevo saputo che erano peggiorate le condizioni di salute di Sabrina, figlia quattordicenne di uno dei miei colleghi, che al ritorno da una vacanza estiva in Spagna con i genitori aveva cominciato a soffrire di una patologia fulminante che aveva aggredito diversi organi vitali. Mercoledì, 17 agosto, ricevemmo la triste notizia che Sabrina era improvvisamente morta in ospedale. La notte prima aveva detto buona notte al suo papà, pregandolo di venirla a trovare il più presto possibile la mattina dopo. Ma non ce l’aveva fatta a superare la notte e solo l’infermiera si trovava accanto a lei quando aveva all’improvviso sentito che stava succedendo qualcosa di strano e le aveva chiesto di abbracciarla forte.

Questa notizia mi sconvolse. Avevo parlato solo una volta con Sabrina al telefono, prima di partire per Stansted, perché mi trovavo per caso al centralino dell’azienda per la quale lavoravo, e lei chiamava per parlare con il papà. Ma adesso ero assillata da un pensiero che mi pressava anche con una certa urgenza, e cioè che avrei potuto dare a suo padre delle prove che Sabrina era viva e stava bene proprio grazie a queste mie OBE. Non mi rendevo proprio conto di quanto poteva essere difficile parlare di esperienze così fuori dall’ordinario. Il papà di Sabrina sarebbe rientrato al lavoro il 29 agosto e, durante la settimana precedente il suo rientro in ufficio, l’urgenza di andare “di là” a controllare come stava Sabrina divenne sempre più pressante e non riuscivo praticamente a pensare ad altro. Si trattava di una sensazione strana e molto forte, che avrei sperimentato più volte in futuro, ma era anche la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere e la prima volta che concepivo l’idea di usare le OBE per conto di un’altra persona.

Quell’ultima settimana provai tutte le notti, ma senza successo.

La domenica sera mi ritrovavo ancora con lo stesso problema. DOVEVO ASSOLUTAMENTE vedere Sabrina quella notte, a ogni costo.

Quella notte passai le prime tre ore a rigirarmi nel letto, cercando disperatamente di rilassarmi e di raggiungere uno stato ipnagogico sufficientemente lungo che mi permettesse di uscire consapevolmente dal corpo, ma inutilmente. Non avevo un’esperienza sufficiente in questo campo, e neanche mi rendevo conto all’epoca di quanto il senso di urgenza dettato da uno stato di lutto o di dolore potesse rivelarsi un vero e proprio ostacolo per questo tipo di esperienza. Ero in preda a una grande frustrazione.

Intorno alla mezzanotte riuscii effettivamente ad uscire dal corpo, ma mi trovai ad affrontare un’esperienza piuttosto inaspettata ed inquietante: ero in preda a forti vibrazioni, quasi una corrente elettrica mi attraversasse il corpo, quando vidi emergere dal pavimento della camera da letto un Cristo a grandezza d’uomo appeso alla croce. Questo fatto, che, come scoprii in seguito, era in pratica l’ultima barriera posta all’esperienza dell’Oltre-Vita dai miei preconcetti religiosi, mi terrorizzò, e abbandonai definitivamente il progetto di andare a cercare Sabrina.

Ma intorno alle 3:00 del mattino mi trovai di nuovo all’improvviso fuori dal corpo, sebbene questa volta mi ritrovassi in un ambiente completamente differente e, per la prima volta nella mia vita, non provavo né un senso di paralisi né le vibrazioni, e, cosa più importante, non avevo paura. Non mi trovavo in camera da letto, e non mi trovavo neanche in quel posto così familiare, a “metà strada fra Cielo e Terra” dove ero solita incontrare mio nonno. Mi trovavo in un altro posto e mi trovavo faccia a faccia con Sabrina.

Mi apparve leggermente più giovane di una quattordicenne, ed in uno stato d’animo che all’epoca mi era sembrato leggermente confuso. Oggi, con il senno di poi, dopo aver visitato altre volte l’Aldilà in circostanze del tutto diverse, mi rendo conto di cosa possa avermi dato quella sensazione. Non era Sabrina ad essere confusa: lo ero io.

Mi sarei aspettata che mi accogliesse a braccia aperte visto il mio incontro in ufficio con suo padre l’indomani, e invece non mostrava particolare entusiasmo. Le chiesi se stava bene, e mi rispose di sì. Le chiesi se desiderava inviare un messaggio a suo padre e a sua madre, e ricevetti una risposta che mi lasciò perplessa: «Beh sì! No, non al momento!» (Come poteva essere? Avrei visto suo padre il giorno dopo!) «Fra qualche tempo parlerai con mia mamma» continuò Sabrina (non conoscevo sua mamma) «ma solo dopo che avrai paralato con una donna che parla il francese». Questa fu la dichiarazione più strana di tutte. Non avevo idea di cosa potesse voler dire.

Dopo una breve conversazione, Sabrina si allontanò, come se non ci fosse più nulla da dire. E qui successe un altro fatto piuttosto unico fra tutte le mie esperienze di OBE. Sebbene fossi stata lasciata da sola, non avvertivo alcun bisogno, necessità o urgenza di rientrare nel corpo fisico. Mi ritrovai lì a stazionare senza saper bene cosa stavo facendo e cosa dovevo fare. In passato, avevo sempre avvertito, in tutte le esperienze fuori dal corpo, questo forte bisogno di rientrare alla svelta, una specie di “elastico” psicologico che mi richiamava indietro. Ma questa volta (fatto del tutto eccezionale) sembravo vivere il medesimo stato d’animo quieto e un po’ disinteressato di Sabrina, e mi chiedevo cosa stesse accadendo.

Ma dopo essere stata lì ferma per un po’ per conto mio, mi resi conto all’improvviso che non dovevo rimanere là. Fui presa dal panico, e come una falena che si mette a girare convulsamente intorno ad una luce, cominciai a cercare il mio corpo fisico per poi rientrare finalmente nel letto.

Manco a dirlo, quando il papà di Sabrina rientrò al lavoro il giorno dopo, non riuscii a spiccicare parola sull’accaduto, nonostante l’emozione incredibile che provavo.

Circa dieci giorni dopo ebbi un’altra OBE “programmata”, questa volta al pomeriggio, durante la quale cercai di rivedere Sabrina. Non appena uscita dal corpo, percepii la presenza di una creatura angelica (una donna), più alta di me e bellissima (sebbene non riuscissi effettivamente a “vederla” come attraverso gli occhi fisici), che mi offrì il braccio con decisione e mi accompagnò lentamente attorno a quello che appariva una specie di letto, sebbene non potessi vedere chi vi dormisse. Mi chiese per favore di parlare a bassa voce, per non svegliare Sabrina. Poi mi riaccompagnò al mio letto, perché tornassi nel corpo, dove rientrai in maniera inusitatamente delicata.

Sebbene non avessi una grande esperienza dell’Aldilà all’epoca, trassi la conclusione che Sabrina in quel momento stava riposando, e non doveva essere disturbata. Fu solo anni dopo che appresi dalla letteratura medianica che è piuttosto frequente per chi sia morto a seguito di una malattia, di un evento scioccante o in età avanzata, godere dopo il trapasso di un periodo di riposo molto simile al sonno, nel corso del quale si ambienta e adatta perfettamente alla nuova situazione di disincarnato.

Alcuni giorni dopo il mio primo incontro con Sabrina, il 1 settembre 1994, fummo informati in ufficio che una giovane Assistente al Servizio Marketing era appena stata assunta. Questa nuova collega, che aveva praticamente la mia età, poiché era solo 4 giorni più giovane di me, era bilingue (italiano-francese) ed era appena rientrata in Italia dopo diversi anni passati in Francia; all’epoca passava regolarmente due finesettimana al mese in Francia. Per una fortuita serie di coincidenze, questa ragazza ed io cominciammo quasi subito a chattare attraverso l’intranet aziendale di varie cose, ed io mi trovai ad accennarle che avevo queste OBE ed avevo appena avuto questa incredibile esperienza di incontrare Sabrina e non avevo idea di come gestire la cosa.

Circa un mese dopo, la collega del Servizio Marketing mi venne a dire di essersi trovata a parlare con il papà di Sabrina alla macchina del caffè del piano di sotto e che lui le aveva parlato così apertamente di questo lutto così recente che lei non aveva resistito alla tentazione di riferirgli che io avevo qualcosa da dirgli.

Prima di quel momento, non avevo programmato e neanche immaginato che una cosa del genere potesse mai verificarsi.

Così, circa 40 giorni dopo la morte di Sabrina, suo papà passò nel mio ufficio a chiedermi “che cosa stavo combinando con la Sabrina”. Naturalmente fui presa dall’imbarazzo. Sentivo che per lui non era facile parlare di cose del genere, ma mi venne immediatamente incontro dicendomi che sua moglie avrebbe gradito incontrarmi e, senza chiedermi alcun dettaglio circa le mie “esperienze”, mi chiese se potevo andare a pranzo da loro.

E questo è proprio quanto capitò. Dopo pranzo, la mamma di Sabrina ed io ci ritirammo in soggiorno a parlare un po’ di tutto. Si verificò esattamente quello che Sabrina aveva predetto, e oggi mi rendo conto che la sua apparente mancanza di trasporto nel parlarmi era probabilmente dovuta al fatto che il mio fermento interiore nell’incontrarla non aveva alcun modo di essere veicolato nella realtà di tutti i giorni con la velocità che mi aspettavo o che speravo.

Sebbene non ci fossimo mai incontrate prima, la mamma di Sabrina ed io passammo diverse ore a parlare quel pomeriggio. Mi chiese un resoconto dettagliato e condivise con me molti ricordi di sua figlia. Mi disse anche di stare attenta a non parlare di questo argomento troppo apertamente con suo marito, perché troppo emotivo per gestire un qualcosa di così delicato. Mi raccontò di un’esperienza che aveva avuto alcuni giorni dopo il trapasso di Sabrina, quando una mattina, svegliandosi, aveva avvertito distintamente la presenza di sua figlia che le parlava e che le diceva che stava bene, che andava tutto bene e che sarebbe andato tutto bene.

Ad integrazione di questo racconto, devo riferire un sogno avuto nel 2003.

Dal 1994, ero sempre rimasta in contatto con i genitori di Sabrina (di cui custodisco una foto in sala), e ci eravamo visti almeno due volte all’anno. Quando nacque nostro figlio, mi avevano anche regalato un orologione di stoffa, che era stato di Sabrina, e una sua copertina per la culla.

Nel corso del 2003, senza alcun preavviso, ho sognato Sabrina bellissima, ormai ventiduenne, che (come era capitato per altre persone a me care, inclusa mia nonna), sembrò essermi venuta in sogno con il preciso scopo, non solo di mostrarmi che bella giovane adulta era ormai diventata, ma per descrivermi il suo trapasso, mostrandomi come era stato dolce, e conseguentemente difficile per lei capire l’esatto momento in cui aveva per così dire lasciato questa Terra.

Nel sogno mi mostrava di trovarsi con l’infermiera e un momento dopo di non aver più bisogno di respirare, ma che aveva dovuto ripercorre più volte con il pensiero quegli istanti avanti e indietro nel tempo per cercare di capire esattamente in che “momento” si era verificato il trapasso.

Il contatto più recente con Sabrina risale invece al novembre del 2008. I suoi genitori mi avevano espressamente chiesto se potevo cercare di incontrarla. E l’incontro era arrivato quasi subito, carico di emozioni da togliere il fiato. Non mi rendevo conto in quel momento di quale stagione si stesse avvicinando. Ma Sabrina, vestita di un rosso vivace, ebbe queste meravigliose parole per i suoi genitori: era tanto dispiaciuta di averli lasciati; avrebbe voluto abbracciarli con tutti i Natali che avevano dovuto trascorrere senza di lei.

Come si può evincere da questo racconto, nel caso di Sabrina, OBE, sogno e contatto volontario hanno tutti contribuito al mantenimento dei contatti con questa deliziosa ragazzina che ci ha lasciato troppo presto.

 

[Continua su: L’Aldilà è a portata di mano]

Viaggiare nel tempo è possibile… Ecco cosa è capitato a me!

Stavo dormendo quando avvertii la presenza di una persona in corridoio. Mi resi conto di essere sveglia ma nel corpo astrale. Mi alzai e mi avviai in corridoio per vedere cosa stava succedendo. Con mia enorme sorpresa mi ritrovai davanti una mia congiunta (che chiamerò Lucia) che all’epoca dei fatti aveva venticinque anni, undici meno di me, e viveva – come vive tutt’ora – a circa 800 km da dove vivo io. Quello che però appariva strano era che Lucia dimostrava circa dieci anni in più della propria età. Aveva i capelli più lunghi di come ero abituata a vederla, ed erano di una tonalità leggermente più chiara (biondo, anziché biondo scuro). Era vestita in modo fine ed elegante, come se il suo tenore di vita fosse decisamente elevato (all’epoca dei fatti vestiva in modo casual, essendo ancora una studentessa che viveva con i genitori).

Compresi che Lucia mi stava facendo visita dal futuro e decisi prontamente di chiederle delle informazioni. Per prima cosa le chiesi di mio marito, se stava bene, perché all’epoca attraversava una delicata situazione di salute. Lei mi rassicurò. Poi le chiesi se si era sposata (all’epoca dei fatti non mi risultava avere impegni sentimentali). Mi disse che sì, certo, si era sposata, e mi disse anche il nome di suo marito, usando un diminutivo particolare. Ma io notai nel contempo uno sguardo triste nei suoi occhi, nonostante il decisivo benessere economico di cui pareva godere. Mi disse una frase del tipo: “Non ne è valsa la pena”. Intuii che questo aveva in qualche modo a che fare con il suo tenore di vita. Poi l’esperienza finì e mi svegliai.

L’indomani mi precipitai a telefonare a Lucia per raccontarle la mia esperienza (eravamo molto legate e ci sentivamo anche più volte al giorno anche se, vivendo a una notevole distanza l’una dall’altra, io non sapevo delle sue amicizie più recenti), ma, per non condizionarla negativamente, non le parlai della parte brutta dell’esperienza, della sua tristezza, della sua sensazione che non ne fosse valsa la pena. Con grande stupore scoprii che da pochissimo aveva cominciato a frequentare un ragazzo. Il nome del ragazzo era diverso dal diminutivo, ma Lucia meravigliatissima mi disse che il nome con il quale lo avevo sentito chiamare nella mia OBE era quello con cui fin da piccolo era chiamato in casa dai suoi (genitori e fratelli) anche se nessun altro lo chiamava così. La meraviglia fu naturalmente reciproca.

L’esperienza venne accantonata per un po’, anche a titolo di scaramanzia, sebbene io continuassi ogni tanto a pensarci con una certa trepidazione, per quella frase “Non ne è valsa la pena“. In particolare sapevo che Lucia teneva moltissimo ad avere dei bambini, ma una diagnosi relativa a diverse problematiche sembrava segnarla in senso negativo. Tre anni e mezzo dopo questa OBE Lucia e il suo ragazzo si sposarono. Lui aveva avuto modo di vagliare varie opportunità di lavoro, e aveva optato alla fine per un impiego da capo-contabile, con molte ore di lavoro al giorno e uno stipendio modesto. Lucia invece si dedicava anima e corpo a superare i problemi che le impedivano di avere figli. Il loro tenore di vita non era quello che avevo visto nella mia OBE. Intanto, con l’avvicinarsi della scadenza dei 10 anni, mi rendevo conto, ricevendo delle foto via e-mail, che Lucia portava i capelli decisamente più lunghi e che li aveva schiariti di un paio di toni.

Dopo lunghe traversie su cui non sto a dilungarmi nacque, pochi anni prima dello scadere della data temuta, la prima bambina, che rese felicissimi Lucia e suo marito, seguita a ruota da un fratellino. Ora, a distanza di quindici anni dalla mia esperienza, sono una famiglia felice di 4 persone, ma non hanno certamente il tenore di vita che avevo intuito dalla mia OBE.

Conclusioni? Decisamente l’OBE rispecchiava fedelmente una serie di fattori chiave (in particolare il matrimonio con una persona specifica, la salute di mio marito) e altri fattori meno importanti (taglio e colore dei capelli di Lucia), ma una variabile non era stata confermata: il tenore di vita. Sembrerebbe che la scelta del lavoro di lui e la decisione di Lucia di dedicarsi anima e corpo alla famiglia abbiano costituito la variabile che ha scongiurato lo scenario da me visto, quello per il quale “non ne era valsa la pena”.

Che dire? Io sono certa che noi tutti godiamo del libero arbitrio, non solo nella vita fisica ma anche da disincarnati, e ritengo anche che possiamo occasionalmente, dal QUI e ORA, affacciarci alla finestra del tempo non lineare e dare una sbirciatina alle nostre “probabilità”. Come abbiamo visto, questo lo si evince anche da tante persone che hanno avuto un’esperienza di premorte, hanno visto il futuro dei propri cari senza di loro e hanno deciso di tornare dall’Aldilà, di re-Incarnarsi, per modificare quel futuro.

Quello che resta da stabilire è il tipo di dimensione in cui esistono le diverse alternative. È probabile che esse esistano a un livello diverso da quello che viviamo nella vita di tutti i giorni, e che, se non si concretizzano sul piano fisico, vadano comunque ad amalgamarsi al nostro vissuto per dare forza e saggezza alle nostre scelte future.

È in questo senso che mi sento di appoggiare la dichiarazione di Brooker quando dice: «Non esiste una successione lineare di esistenze per le varie sfaccettature, e poiché esiste solo il PRESENTE, la reincarnazione non ha validità oltre il piano fisico/astrale. (…) Ciascuna sfaccettatura è indipendente e la persona non è obbligata ad accettare di vivere tutte le vite rappresentate da tali sfaccettature. (…) Il nostro sé superiore sta già raccogliendo i benefici del passato, del presente e del futuro, ed è in contatto con tutti questi periodi».

@ Giulia Jeary Knap, luglio 2014

Testo tratto da: La veritá sulla reincarnazione:  

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Tommy Laux: sono morto tre volte per accompagnare mia moglie in Paradiso

Nel 2008 Tommy Laux aveva 50 anni ed era un uomo felice e soddisfatto. Aveva una bellissima compagna, sua moglie Julie, e due figli belli e bravi, Alicea la maggiore, che aveva quasi 20 anni, e Raymond di 18. Tommy era il presidente di un’azienda artigiana di successo che si occupava della produzione di articoli in legno spesso molto singolari (la sua clientela includeva persone famose, liete di poter richiedere la produzione di articoli personalizzati senza la ressa dei cronisti o dei fan che insistono per gli autografi). Lui e i suoi soci erano stati battezzati “I falegnami sovversivi” per la loro originalità. Tommy era anche socio fondatore di un originale gruppo musicale, la cui sede era adiacente all’azienda.

Julie, oltre ad essere una magnifica mamma, conduceva un lavoro tranquillo presso la scuola, e anche lei si dilettava ogni tanto di scrivere canzoni e cantarle.

Non aveva mai amato studiare, Tommy. Si considerava una persona semplice ed era solito suddividere le persone in tre categorie: i leader, i seguaci dei leader e quelli che per non dare fastidio si tolgono di mezzo. Non sentendosi né un leader né un sostenitore, Tommy aveva imparato molto presto nella vita a “togliersi di mezzo”. Ma allo stesso modo in cui non ci aveva mai tenuto a competere per un voto alto a scuola, così non si era ritrovato, da adulto, con troppi preconcetti. Questo fatto si sarebbe rivelato molto utile in vista di ciò che poi gli capitò.

Il 20 luglio 2008, Tommy e Julie, residenti a Green Valley (California), stavamo rientrando da una vacanza di pochi giorni in Colorado, dove si erano recati in moto con la loro Harley Davidson del 2007 per partecipare ad un incontro di famiglia con i parenti di Tommy. In particolare stavano rientrando da una visita alla sorella di Tommy presso la sua abitazione di Pueblo e avevamo percorso circa 500 dei 1500 km che li separavano da casa.

Mancava solo una mezz’oretta al raggiungimento della prima tappa, la casa della miglior amica di Julie, dove si sarebbero fermati per una sosta prima di riprendere il viaggio.

La vita per loro, allora come allora, era quanto di meglio potessero desiderare.

Mentre viaggiavano a velocità moderata lungo l’autostrada 50 all’altezza di Montrose (Colorado), un camioncino sbucò fuori dal nulla compiendo una pericolosissima quanto vietata manovra di svolta a sinistra, parandosi così proprio davanti a loro: l’impatto fu inevitabile.

Tommy non ha alcun ricordo dello scontro o incidente in sé, a causa del violentissimo trauma che gli procurò la frattura della scatola cranica e lo spappolamento della spalla destra, con lesioni e ammaccature in tutto il corpo. Quello di cui è certo, però, è che sia lui che Julie morirono a seguito dell’impatto e che Julie non sopravvisse all’incidente.

Mentre il corpo di Julie veniva condotto al primo ospedale di Montrose, Tommy veniva rianimato e aerotrasportato in condizioni molto critiche all’ospedale Saint Mary di Grand Junction, a circa 100 km di distanza, dove rimase in coma per quattro giorni. Il fatto davvero unico dell’esperienza che Tommy ebbe in quei giorni è che a seguito di quell’incidente morì non una, ma tre volte.

Ecco il racconto di Tommy:

«A seguito della collisione, Julie e io morimmo entrambi e io accompagnai Julie in un viaggio dal quale, come appresi subito, lei non sarebbe ritornata.

È estremamente difficile descrivere a parole quello che si prova quando si muore. Quello che ho visto e che ho percepito in quella circostanza non può essere espresso nel linguaggio che conosciamo, ma farò del mio meglio per darne un’idea.

Come mi fu poi confermato dai medici, anche dopo la rianimazione le mie condizioni rimanevano gravissime e la prognosi appariva decisamente infausta.

Quello che ricordo io, invece, è che mi trovavo ora in un’altra, e in qualche modo più elevata, dimensione della coscienza, fuori dal corpo, e vedevo e percepivo tutto da una prospettiva completamente diversa, quella dell’anima. 

È già difficile di per sé parlare di un’esperienza così, e lo è ancor di più per un falegname “sovversivo” come ero stato soprannominato: come fare a spiegare che mi fu mostrato uno spiraglio di eternità, un assaggio d’infinito e finanche della morte? La mia morte e non solo: la morte senza possibilità di appello della mia anima gemella… o forse dovrei dire trasformazione della coscienza e della consapevolezza? 

Quello che si prova, o che comunque provai, in quel momento fu la sensazione che la mia anima venisse rimossa dalla sua forma fisica e condizione umana. Il mio spirito, o anima che dir si voglia, era più vivo che mai dopo aver lasciato le limitazioni del corpo che lo avevano vincolato fino a quel momento.

Sentii che Julie ed io eravamo tornati a Casa, ci eravamo finalmente ricongiunti con il Grande Spirito, Dio, l’Universo o qualsiasi etichetta noi umani sentiamo di poter usare per definire questo inesplicabile concetto. A volte ci fissiamo talmente sul senso letterale di una parola da perdere la cognizione dei suoi reali significati. Ci ritrovammo liberi, fuori dal tempo e dallo spazio. Julie ed io eravamo ora parte di quel Grande Spirito, così come i grandi Maestri che mi fu dato di incontrare.

Come mi sentivo? All’improvviso non avevo limite alcuno, non avevo timore alcuno, ero libero di vedere qualsiasi cosa, libero di vedere qualsiasi persona e di essere ovunque volessi. Ad ogni mia domanda corrispondeva una risposta e una soluzione ad ogni problema, con l’intima consapevolezza che gli unici problemi sulla Terra sono quelli che ci creano noi. Come ho detto, è difficile descrivere un’esperienza dalla quale la maggior parte delle persone non ritorna.  

Mi furono mostrati non solo i miei ultimi cinquant’anni di vita ma anche tutte le singole diramazioni “alternative” che la mia vita avrebbe potuto prendere nel passato, nel presente e nel futuro, e le conseguenze che ne sarebbero a propria volta scaturite. Quello che molti chiamano “revisione di vita” non lo vidi da spettatore, ma lo vissi in ogni sua singola sfaccettatura: in altre parole vissi anche tutti i possibili esiti di ogni singolo evento possibile, nel passato, nel presente e nel futuro. E tutto aveva senso per me: ogni evento mi pareva un sogno bellissimo, ma molto più vivido e brillante della realtà. In pratica compresi come, grazie al nostro libero arbitrio, se la nostra vita fosse un film, allora noi ne saremmo l’autore, il produttore, il regista e uno degli attori, e questo metaforico film lo possiamo non solo guardare ma vivere. So con certezza che tutti noi siamo esseri multidimensionali.

Ho ricevuto molti doni in questa vita, primo fra tutti l’AMORE. Ogni volta in cui sento parlare delle sofferenze immani causate dal lutto per la perdita di una persona cara mi rendo conto di quanto sia stato fortunato a poter essere lì assieme a mia moglie a condividere in pieno quel momento con lei, e probabilmente anche a prendere la decisione di chi dei due sarebbe tornato. Lì, fuori dal tempo (che nei momenti dolorosi fa sembrare questa vita fisica un’eternità), mi sentii finalmente arrivato a Casa. Tuttavia compresi che, sebbene Julie fosse la benvenuta, io dovevo tornare alla vita terrena per poter star vicino ai nostri due figli. Alla luce di quanto appreso accettai, ma quando rientrai nel mio corpo fui schiacciato dall’enormità del dolore che il mio fisico martoriato provava e dalla consapevolezza che mia moglie non sarebbe tornata. E allora mi ribellai: a questo punto subii un secondo arresto cardiaco.

Ancora una volta mi sento in difficoltà a trovare le parole per spiegare l’infusione di conoscenza che si accompagnò a quel ritorno nel Mondo dello Spirito e a quella seconda revisione di vita. Fu come il download di un enorme numero di file, molto più massiccio del precedente, in cui mi veniva infusa enorme saggezza e conoscenza di prima mano, quella che viene, non dallo studio teorico, ma dall’esperienza diretta. Infatti mia moglie mi aveva sempre definito un San Tommaso a causa della mia necessità di toccare con mano qualcosa prima di poter dire di conoscerla. E adesso questa fonte di conoscenza diretta era a mia completa disposizione. Tornato in Paradiso questa nuova infusione di saggezza mi diede una cognizione molto più profonda dei concetti di vita e morte e del mio ruolo nel tutto: come le altre persone che hanno vissuto una NDE, compresi quanto questa vita fisica sia un attimo rispetto all’eternità. Accettai il secondo invito a tornare a questa vita fisica per i miei figli e i medici riuscirono a rianimarmi.

Nonostante la chiarezza e saggezza molto più profondi che mi avevano indotto a tornare a questa vita, l’impatto con il mio corpo mi riuscì ancora una volta inaccettabile, non solo per il dolore fisico ma anche per il peso enorme associato al lutto che avrei dovuto gestire nella mia famiglia e nella mia vita per la prematura morte di Julie. Anche se non volevo crederci, sapevo che in particolare mio figlio Raymond, all’epoca diciottenne, avrebbe potuto soffrire in modo indescrivibile per la perdita della mamma, dolore che a me veniva in parte risparmiato, rendendomi però per alcuni aspetti impotente nei riguardi delle persone a me più care.

Immaginate di tornare da un viaggio in cui vi è stata data la soluzione per tutti i problemi che affliggono il mondo e di rendervi conto che non esistono problemi che non siano creati da altri che da noi stessi. Di nuovo sentii di non potercela fare ed ebbi un terzo arresto cardiaco.

Tornato nel Mondo dello Spirito libero dal mio corpo, ebbi l’esperienza più profonda e complessa che abbia mai avuto e che potessi mai immaginare: compresi che tutto aveva senso, tutto aveva un suo preciso significato. Fu come se tutto il creato mi esplodesse dentro, svelandosi così a me. Compresi il senso profondo di dover tornare, non solo per i miei figli e la mia famiglia, ma anche per condividere questa esperienza con quante più persone scegliessero di ascoltarmi o avessero bisogno di sapere. Compresi che ne valeva la pena.

Tutto aveva un senso per me: l’unica resistenza a tornare da questo terzo viaggio era questa percezione che gli umani abbiano bisogno di un Ego e che le illusioni su cui si fonda l’Ego (paura, egoismo, odio, senso di penuria, senso di colpa, convinzione che non esiste altro al di fuori del mondo materiale, ecc.) sono da migliaia di anni alla radice dei problemi del mondo. E una delle connotazioni dell’Ego è proprio il fatto che esso non è in grado di vedere se stesso, ma teme disperatamente il proprio annullamento e per questo lotta in ogni modo per la propria sopravvivenza.

Nel mondo dello spirito, invece, non abbiamo un Ego e la nostra vera identità spirituale è libera di rifulgere.

Al mio risveglio dal coma, sapevo con certezza che Julie era morta (in effetti, anche in considerazione dell’incertezza circa la mia sorte, il suo funerale era già stato celebrato), ma mi ci volle qualche tempo per ricordare le mie esperienze di premorte. Sebbene le abbia qui suddivise in tre episodi perché ci furono tre arresti cardiaci, tre revisioni di vita, tre infusioni di saggezza e conoscenza e due tentativi falliti di rientrare nel corpo fisico, per me che ero fuori dal tempo si tratta di un’unica esperienza.

Mi resi conto dopo il mio ritorno che esisteva una porta aperta fra questa dimensione e quello che molti chiamano l’Aldilà o Oltrevita. Mi resi conto che quella porta c’era sempre stata ma adesso ne ero finalmente cosciente.

Sebbene fossi una persona semplice, il fatto di non aver approfondito gli studi mi aveva tutelato da molti preconcetti, e pur riconoscendo la mia stupidità di un tempo, mi ritenni fortunato di non avere troppi pregiudizi di cui l’Ego potesse nutrirsi.

Mi occupavo di falegnameria, scrivevo musica, canzoni e poesie, cantavo in un gruppo musicale. Tuttavia c’era qualcosa che mi aveva sempre contraddistinto e che compresi solo dopo la mia esperienza di premorte: i miei scritti creativi arrivavano in modo del tutto fluido, specie al mattino presto e, dopo quell’esperienza, ne ritrovai tantissimi di quegli scritti che andavano indietro anche di trent’anni e che all’improvviso avevano senso.

Compresi che lo scrivere al mattino presto era un modo tramite il quale il mio spirito, libero dall’Ego e dal tempo lineare come lo conosciamo noi, poteva esprimersi liberamente.

Mi capita tuttora di scrivere cose che tendono ad avere perfettamente senso “dopo” essere state scritte.

La porta aperta di cui parlo non riguarda soltanto gli scritti ispirati che mi arrivano: sento costantemente vicino a me mia moglie Julie, e, da quando è mancato nel 2016, anche mio figlio Raymond.

In effetti fui condotto qualche tempo dopo la mia NDE presso una psicoterapeuta con l’intenzione di aiutarmi a superare il “lutto”. Ricordo il momento in cui la dottoressa mi chiese se sognavo. Le risposi: «Certo! Come tutti, no?» E lei incalzò: «Ma sogni mai Julie?» Le risposi: «Julie è qui con me in questo momento: se questo significa sognare vuol dire che in questo momento sto sognando».

Ho chiesto a Tommy in che modo percepisce la presenza dei trapassati e lui mi ha risposto che, sebbene invisibili ai propri occhi fisici, ne percepisce chiaramente la presenza. Mi ha anche detto che a volte è lui ad andare a trovare loro mentre a volte sono loro a venire a trovare lui e che il sonno è uno dei momenti più adatti a questi viaggi dello spirito: «È lo spirito a portarmi lì. Non cerco di controllare la cosa. È come vivere con un piede nella dimensione terrena e uno in quella dello spirito».

Ho chiesto Tommy in che modo riuscisse ad affinare questo contatto e lui mi ha detto che lo fa “spegnendo il cervello”, ponendosi in uno stato di “non-pensiero”, che alcuni chiamano meditazione, altri preghiera e altri sogno ad occhi aperti. Lo scopo fondamentale di questa pratica è quella di spegnere l’Ego, fonte della nostra paura della morte ed incapace di vedere se stesso. «Preghiera è solo uno dei modi in cui definiamo la meditazione o il pensiero/energia concentrati. La maggior parte dei nostri credo non sono precisi, la verità è l’AMORE. Dio è AMORE».

Tommy mi dice di essere tornato soprattutto con una grande consapevolezza della propria responsabilità. Sa di avere un importante messaggio da condividere e che continuerà a farlo fino alla fine dei suoi giorni. Sa anche che ciascuno è libero di interpretare e comprendere il suo messaggio in base alle proprie esperienze e al contesto culturale che conosce e/o condivide. Ha sottolineato come ciascuno di noi ha sempre una scelta: quel libero arbitrio che riguarda la nostra esistenza; anche il modo in cui il suo messaggio viene recepito, per quanto espresso in buona fede, dipende dal libero arbitrio di chi lo riceve, lo decodifica e lo interpreta.

Quando gli ho chiesto se lui è Julie avessero preso un accordo su chi di loro due sarebbe tornato, dice di avere la cognizione che entrambi avessero questa scelta, che tale accordo ci sia stato, ma di non averne precisa memoria.

È singolare il fatto che il 10 settembre dell’anno 2001, il giorno prima di quell’11 settembre che probabilmente nessuno di noi mai dimenticherà, Julie sia stata immortalata in un video, ora su YouTube, mentre canta una canzone scritta da lei, il cui ritornello è “Take me Home… to Paradise” (“Portami a Casa… in Paradiso”).

Tommy si sente immensamente fortunato per aver potuto compiere quel viaggio con Julie, quel viaggio dal quale è stato così riluttante a tornare. Ha riportato con sé la certezza che la vita e l’amore sono per sempre, e la presenza costante di Julie e ora anche Raymond con sé.

Tommy aggiunge: «Che la connessione al Grande Spirito/al Divino sia forte, debole o neutra, in questo momento della mia evoluzione personale so che il Divino è il Potere dell’Amore su ogni cosa, e NON certo l’amore del potere su ogni cosa. Adesso, quando penso al Paradiso, mi rendo conto che la Terra è parte di esso, anche se noi umani siamo capaci di farne un inferno.

Quello che spaventa l’Ego e la fine di se stesso, ma la morte non è che un nuovo inizio.

Mentre ricordo questa esperienza mi sento trasportato in quella meravigliosa dimensione immersa in una pace e beatitudine senza tempo. Ci vado spesso con lo spirito, quando sono da solo e mi è concesso di potermi affacciare su questa meravigliosa dimensione che è dentro di me. La si può chiamare meditazione o preghiera o sogno ad occhi aperti. Qualsiasi nome va bene. 

Quando parlo di “dimensione interiore” parlo appunto di ciò che mi permette di proiettarmi nell’essenza della fonte della vita stessa. Riesco a vedere la mia forma umana più o meno controllata dall’Ego che combatte con la mia anima libera, nel tentativo di riportarla in questa forma e in questa realtà. All’Ego viene insegnato di temere la propria morte.

È mio desiderio scrivere molto di più su questo argomento, per aiutare chiunque possa trarre beneficio da questo tipo di messaggio. Ma sento che in primo luogo sono tornato per aiutare me stesso. Sono tornato per imparare e poi insegnare quanto appreso ai miei cari, primi fra tutti i nostri figli, che sono il riflesso della loro mamma e mio.

Mi commuovo sempre al pensiero di nostro figlio Raymond, dello sforzo fatto per trasfondere anche in lui queste certezze e del fatto di essere comunque riuscito in qualche modo a raggiungere la sua anima, al di là del suo cuore spezzato, prima che anche lui nel 2016 lasciasse questa Terra per raggiungere la mamma».

Ho chiesto per un’ultima volta a Tommy come il fatto di aver condiviso con Julie questa esperienza (essere tornati a Casa insieme, essersi sentito parte del Divino insieme, sebbene lui non abbia attraversato la soglia che Julie ha attraversato) cambia le cose. Mi ha risposto: «Sì, quell’essere insieme non mi ha mai più abbandonato. Una volta che si attraversa in modo consapevole quella porta di cui ho già parlato e che è sempre aperta, essa rimane distintamente aperta come lo era già prima, ma in modo evidente. Lo stesso vale per Dio: non esiste alcuna separazione se non quella che noi esseri umani creiamo».

© Tommy Joe Laux – Tutti i diritti riservati.

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Tommy Joe Laux è l’autore del saggio in fase di pubblicazione EGONOMICS 101: The Awakening Has Begun… Within or Without You. È possibile contattarlo all’indirizzo e-mail smilenfish@gmail.com. Il suo account Facebook è https://www.facebook.com/tommy.laux.3. All’epoca dei fatti era il presidente dell’azienda TLC Woodworks, INC., presentata in questo reality del 2008

(girato in parte prima e in parte dopo l’incidente), e socio fondatore del gruppo musicale Smile ‘N’ Fish band. Ecco un link al video del 10 settembre 2001 in cui Julie canta la canzone da lei scritta “Take me Home”:

Come collaborare in squadra con altri ricercatori sul Dopo- e Oltre-Vita può intensamente stimolare esperienze di confine e contatti con i nostri cari nell’Aldilà

Essendo sempre stata curiosa circa quello che succede dopo la morte, ho passato gran parte della mia vita a studiare e far ricerche sull’argomento dai più disparati punti di vista:

  • Leggendo resoconti di prima mano circa contatti con l’Aldilà da parte di medium che operavano in trance profonda nel XIX secolo e nella prima parte del XX secolo.
  • Partecipando a corsi sulla medianità tenuti da medium professionisti.
  • Intervistando persone che avessero avuto personalmente un’esperienza di premorte.
  • Leggendo libri o articoli scritti da altri ricercatori sul Dopo-Vita o Oltre-Vita e sul soprannaturale.
  • Esplorando personalmente l’Aldilà tramite la medicazione, il sogno lucido (sogni in cui si è consapevoli di stare sognando) ed esperienze fuori dal corpo.
  • Collaborando in vari modi e il più possibile con altri ricercatori sul Dopo-Vita o Oltre-Vita per poter ottenere prove e riscontri circa le scoperte o conclusioni che poteva capitarci di trarre.

Le esperienze più intense e commoventi nate da contatti regolari con altri ricercatori sono state quelle avute nel periodo che va dal 2002 al 2012, quando facevo attivamente parte di un piccolo forum americano che aveva circa 20 iscritti provenienti da tutto il mondo e che condividevano il mutuo interesse per argomenti di natura spirituale. Era più di un semplice forum: eravamo una piccola famiglia, anche se nella maggior parte dei casi non ci conoscevamo di persona ma ci eravamo conosciuti online e avevamo al massimo avuto scambi telefonici. Avevamo in comune l’esperienza di aver perso almeno una persona cara nella vita e il fatto di essere desiderosi di poterla ricontattare.

I fondatori di qui questo forum erano David e Judy Pierce, una coppia americana le cui vite erano state sconvolte e cambiate per sempre dalla perdita improvvisa della loro adorata figlia quattordicenne Lilli a causa di un incidente verificatosi mentre attraversava la strada di ritorno dal cinema con un gruppo di amici un tragico venerdì pomeriggio del 12 novembre 1999. David e Judy sono anche i fondatori dell’associazione Friends Along the Road che si impegna fin da allora nel settore dell’aiuto alle persone a lutto tramite l’amministrazione di forum e gruppi Facebook dedicati e tramite ogni sorta di attività ed eventi finalizzati ad offrire conforto e amorevole sostegno alle persone a lutto, uno spazio virtuale in cui riposare e cercare sollievo lungo il cammino.

Una delle molte attività di questo forum molto privato era quella che veniva chiamata “Astral party”, che come il nome suggerisce aveva un che di goliardico, se mi si consente la parola, per alleggerire lo spirito con il quale veniva organizzato e gestito. Proprio perché i partecipanti erano residenti nelle più svariate aree geografiche, con fusi orari molto diversi fra di loro, questi party costituivano una sorta di incontro virtuale che poteva durare anche diversi giorni. Venivano spesso tenuti in concomitanza con il compleanno di uno dei partecipanti (oggi per esempio è il compleanno di Simona) oppure potevano essere non relazionati ad alcun evento particolare se non al plenilunio, che, secondo studi di svariata natura avrebbe per una gran percentuale di persone, un effetto sui sogni, che risulterebbero anche nel periodo immediatamente precedente e successivo alla luna piena particolarmente intensi, vividi e suggestivi.

Scopo comune era quello di poter avere un’esperienza transpersonale e/o inusuale, come contattare una persona cara nell’Aldilà o poter ricevere ispirazione su un argomento di proprio interesse. Fissata la data, o le date, ciascun partecipante si sentiva particolarmente motivato a ricevere in quei giorni un’esperienza particolare, che poteva manifestarsi in modi diversi, a seconda dell’approccio e delle proprie inclinazioni, fosse essa la meditazione, il sogno, o il sogno lucido, eccetera.  

L’esistenza di un’intenzione comune ci permetteva di concentrare le nostre intenzioni (per quanto personali e non necessariamente condivise con gli altri) come un raggio laser, portando molto spesso a risultati sbalorditivi.

Molte delle esperienze più interessanti antecedenti al 2012 di cui parlo nei miei libri e articoli sono nate grazie a questo tipo di esperienza di gruppo.

Si sono verificati anche casi in cui ospiti occasionali che non parlavano neanche l’inglese e si aggregavano per una sola volta a questo tipo di esperimento abbiano ottenuto grazie all’appoggio del gruppo e al contesto positivo che qui trovavano delle esperienze davvero eccezionali. Tali risultati sono la dimostrazione di quanto motivante ed efficace potesse rivelarsi il connubio tra aspettativa positiva e il genuino desiderio condiviso da parte dei partecipanti di quel piccolo gruppo di esploratori, Indipendentemente dal percorso individuale e dalle circostanze dei singoli. Il forum si chiama Lilli Pierce and the Big Trip per il quale ringrazio sempre la continua dedizione e il preziosissimo contributo di David e Judy Pierce.

 

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

Meditazione con la luce verde dell’Amore

Scorcio del fiume Giordano

 

Dopo esserci rillassati con tre cicli di inspirazione ed espirazione, visualizziamo una luce del nostro VERDE prederito collocata dentro di noi in corrispondenza del cuore. 

La luce verde siamo noi, il nostro spirito, fatto di puro amore incondizionato. 

Cominciamo a respirare lentamente e visualizziamo questa luce verde che si espande: dapprima riempirà tutto il corpo, poi comincerà ad emanare dal corpo e a riempire la stanza o l’ambiente in cui ci troviamo.

Se ci troviamo all’aria aperta, visualizziamo la luce verde che riempie tutta la zona che ci circonda; se invece non siamo all’aperto, vediamo la luce verde riempire l’edificio in cui ci troviamo, poi il quartiere, poi tutta la città…

Poi, indipendentemente da dove ci troviamo, vediamo la luce verde espandersi oltre le nuvole e nel sottosuolo. Vediamola riempire il pianeta e crescere fino a riempire l’intera galassia e poi tutto l’universo.

Questa luce verde è infinita.

Come diversi grandi autori hanno detto, «I pensieri sono cose», grazie al potere plasticizzante della forza del pensiero. Una volta giunti al punto di visualizzare l’intero universo colmo della nostra luce, concentriamoci sulla nostra seduta, ricordandoci che siamo spirito, che tutto l’universo è spirito derivante da una Fonte di amore infinito e incondizionato e che, dalla prospettiva in cui ci troviamo, spazio e tempo non esistono, come non esiste separazione alcuna dai nostri cari e da qualsiasi intenzione amorevole sulla quale desideriamo focalizzarci. In effetti il nostro desiderio potrebbe nascere ed esistere proprio in risposta all’invito di una persona cara, di una nostra guida spirituale o del nostro io più completo che é sempre immerso nella luce e nella conoscenza. 

Immaginare la luce verde come energia liquida e fresca costiturá sicuramente un aiuto in più se la giornata è particlarmente calda.

A questo punto procediamo pure con l’esercizio che ci siamo prefissi, che potrebbe essere anche uno degli esercizi di simulazione proposti nel libro di esercizi LA MAGIA DEL PIANO ASTRALE.

https://www.amazon.it/MAGIA-DEL-PIANO-ASTRALE-Esplorando/dp/1096938731/
Giulia Jeary Knap, autrice dei libri L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

La magia del primo astrale – Libro di esercizi

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri 

L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

 

ATTUALMENTE IN PROMOZIONE A PREZZO DI COSTO FINO AL 30 GIUGNO 2019

È uscito in questi  giorni il primo libro di esercizi associato alla collana La magia del piano astrale. Appunti di viaggio dai mondi sottili.

La collana propone 11 mini eBook destinati a condividere le esperienze maturate in quasi 30 anni di esperienze astrali e di contatto con le cosiddette “dimensioni invisibili”, in particolare per chi ha già letto il libro L’aldilà è a portata di mano.

Mentre i primi libri usciti nel 2014 erano esclusivamente incentrati sul Dopo-Vita e sull’eterna interconnessione fra incarnati e disincarnati, con questa collana illustrerà come, applicando i medesimi principi che permettono di colmare le distanze che sembrano esistere fra noi e i nostri cari nell’Aldilà, sia possibile colmare qualsiasi distanza fra noi e… ciò che maggiormente desideriamo.

Per il momento sono usciti i primi due mini Kindle

Esplorando i mondi sottili

che tratta di:

– Cosa intendo per “mondi sottili”

– Come e perché tutti fanno esperienza dei mondi sottili nel proprio quotidiano

– In che modo la consapevolezza di tale realtà può aiutarci

– Come approfondire tale consapevolezza con un esercizio mirato

Le esperienze fuori dal corpo – Volume 1

un manualetto pratico per chi si approccia per la prima volta alle esperienze fuori dal corpo e parla di:

– Cosa intendo per “esperienze fuori dal corpo” o viaggi astrali (con l’aiuto di qualche aneddoto circa alcune esperienze significative) e perché il termine “fuori” non sia necessariamente appropriato a descrivere questo fenomeno.

– Come e perché le esperienze fuori dal corpo siano da considerarsi un fenomeno del tutto naturale, quanto essere svegli, meditare o sognare: capire qualcosa in più sulla loro natura non significa affiliarsi a una corrente esoterica od occulta, ma solo approfondire uno stato di coscienza che è alla portata di tutti.

– Il testo include inoltre ben 8 esercizi di simulazione (più alcune varianti), presentati di pari passo con le argomentazioni teoriche, allo scopo di offrire al lettore delle tecniche mirate che, se perseguite con tenacia e perseveranza anche solo pochi minuti al giorno, potranno non solo familiarizzarlo con cautela con l’esperienza in sé, ma con il tempo anche permettergli di indurla.

Alla serie si accompagna una collana di Workbook, o libri di esercizi in versione cartacea. il primo libro di esercizi associato alla collana La magia del piano astrale. Appunti di viaggio dai mondi sottili è dedicato ai succitati e-book,  e vuole offrire al lettore, che nella versione digitale trova immagini a colori e link attivi, un’alternativa personalizzabile, una sorta di giornale di bordo, che al testo alterna spazi personali con pagine da compilare, domande a cui rispondere, ricordi da trascrivere e pagine da colorare. Il testo include anche un capitolo aggiuntivo sui sogni e come ricordarli al meglio.

Per i lettori è disponibile un gruppo FB privato al quale fare riferimento per quesiti di natura tecnica o per scaricare in modo più veloce strumenti utili ai fini di una proficua lettura.

IN PROMOZIONE A PREZZO DI COSTO FINO AL 30 GIUGNO 2019. Inoltre, ci sono ancora a disposizione alcune copie omaggio: chi ne volesse fare richiesta può scrivermi all’indirizzo e-mail: giulia.jeary.knap@gmail.com. Grazie.

 

Blocco dello scrittore? Cinque trucchi per aggirare il problema!

Che si scriva per lavoro o per hobby può capitare di non sentirsi in vena o adeguatamente motivati anche se si è tenuti a rispettare una scadenza o si desidera ardentemente ultimare un progetto.

Ecco cinque trucchi per aggirare la cosiddetta sindrome da pagina bianca.

1) Scoprire quali sono i propri momenti di maggior creatività

Per chi è impegnato in un lavoro di scrittura creativa a lungo termine ed opera per conto proprio, la mancanza di stimoli o scadenze quotidiane potrebbe essere alla radice del problema. È quindi utile cercare di stabilire quali sono i momenti della giornata in cui ci si sente più creativi e anche le circostanze che favoriscono il quieto fluire di tale creatività.

Io per esempio trovo che le primissime ore del mattino sono le migliori perché la mente è riposata e anche perché il silenzio e la quiete di cui posso godere all’alba favoriscono la concentrazione.

2) Creare gradualmente una routine

Sempre per chi scrive per lavoro e manca di stimoli pratici, come potrebbero esserlo delle scadenze quotidiane, creare gradualmente una routine in base alla quale ci si impone di scrivere a ruota libera per un certo numero di minuti (che andranno gradualmente crescendo nel tempo) è un ottimo sistema per creare l’abitudine in base alla quale si andrà a consolidare l’aspettativa di essere capaci di scrivere a comando. Creare una nuova abitudine significa sempre andare metodicamente a sfidare e ad ampliare quella che in inglese si chiama comfort zone, e cioè lo spazio psicologica nell’ambito del quale ci sentiamo a nostro agio perché già ampiamente collaudato. Per esempio potrebbe rientrare nella nostra comfort zone scrivere venti o trenta cartoline di auguri, perché conosciamo i nostri interlocutori, sappiamo cosa farebbe loro piacere leggere e così via.

Scrivere di getto tutto quello che passa per la testa su un argomento per cinque, poi sette, poi dieci, poi venti minuti di seguito, invece, costituisce una sfida graduale, specie se ci imponiamo di non rileggere quello che abbiamo scritto fino alla scadenza del compito che ci siamo imposti.

Infatti, proprio come si allena un muscolo facendo ginnastica, imporsi un numero gradualmente crescente di minuti in cui fare una maratona di scrittura nell’orario che abbiamo stabilito essere il più proficuo ai fini della creatività e della concentrazione, ci allenerà ad acquisire la nuova abitudine.

Nel contempo, staremo anche sfidando il perfezionista che è in noi, perfezionista che in una prima bozza non ha assolutamente voce in capitolo.

3) Cambiare approccio

Che si tratti di scrivere nell’ambito di una routine oppure a titolo occasionale, porsi davanti a un foglio bianco non è necessariamente stimolante. A volte, anche per lo scrittore professionista può insorgere la noia, giungere un momento di empasse o anche sentire il bisogno di staccare e distrarsi facendo qualcos’altro. Tuttavia, se non si trattasse semplicemente del bisogno di una pausa, ma si avvertisse, per un motivo o per l’altro, il bisogno di rompere il ghiaccio sul tema su cui stiamo scrivendo, quello di cambiare approccio potrebbe essere uno stratagemma risolutivo.

Per esempio, usare il proprio smartphone per dettare a ruota libera quello che avremmo altrimenti scritto, potrebbe risultare un ottimo incentivo. Oltretutto, cellulari e tablet offrono oggi l’opzione dettatura, per cui dopo non ci ritroveremmo neanche a dover sbobinare un file audio, ma semplicemente a ritoccare quanto catturato dal dispositivo che abbiamo usato.

Altre opzioni potrebbero essere: scrivere una lista di idee, tracciare una mappa mentale, oppure fare semplice brainstorming (buttare giù quante più idee possibili sull’argomento, senza alcuna censura) prima di tornare al nostro metodo di scrittura abituale.

4) Scegliersi un collega a cui rendere conto e con cui condividere le responsabilità

Sempre nel caso di chi scrive, per lavoro o per diletto, a lungo termine ma in assenza di stimoli quali possono essere per esempio un ambiente di lavoro con relative aspettative in termini di date o addirittura ore di consegna, un ottimo sistema per motivarsi a scrivere può essere quello di scegliere un collega con cui confrontarsi periodicamente e regolarmente (magari una volta alla settimana o magari più spesso), con cui impegnarsi a raggiungere un determinato obiettivo o una determinata serie di obiettivi entro e non oltre una determinata scadenza. A questi impegni che i colleghi prenderanno reciprocamente e di cui dovranno poi rendere ragione potranno alternarsi delle chiacchierate in cui si parla in modo rilassato dei propri obiettivi e ci si scambiano opinioni e consigli.

5) Affidarsi a un revisore

Se proprio non si ha confidenza con lo scrivere ma si desidera portare a termine un progetto personale che abbia un tocco di professionalità, resta comunque l’opzione di affidare il proprio manoscritto a un revisore, amico o freelance, che potrà alleviare la tensione derivante dall’ansia di prestazione e permettere a chi scrive di dedicare il proprio talento ai soli contenuti.

Per esempio, quando ho pubblicato i miei due libri in inglese, nel 2017, non solo ho affidato il brogliaccio a una collega madrelingua, ma ho commissionato l’editing ad un revisore britannico professionista, che ha lavorato fianco a fianco con me, garantendomi alla fine un lavoro di qualità.

Va detto. in ogni caso, che gli errori di percorso sono parte del processo di apprendimento e che quattro occhi sono sempre meglio di due. A questo proposito, ricordo le parole di una mia collega scrittrice, traduttrice ed editor-redattrice che è solita dire che «i refusi sono come la gramigna: si pensa di avere estirpato tutto, e poi si riapre un giorno per caso un libro già pubblicato e immediatamente l’occhio cade su una lettera sbagliata».

Link

Questa è una breve meditazione guidata, della durata di 15 minuti, utile per chi ha letto gli Esercizi di simulazione 1 e 2 presentati nel volume Le esperienze fuori dal corpo – Vol 1 attualmente scaricabile gratuitamente assieme al volume Esplorando i mondi sottili

Le esperienze fuori dal corpo

Ecco il link al file mp3: http://fracieloeterra.org/Meditazione – Non sono il mio corpo

Nota importante sulle meditazioni guidate

Al fine di garantire la propria e altrui sicurezza, tutti gli esercizi di meditazione vanno eseguiti in luoghi e circostanze in cui non si richiede uno stato di vigilanza e attenzione. Ai fini del buon esito degli esercizi, inoltre, questi vanno eseguiti quando non si prevedono interruzioni o distrazioni.

VIAGGI ASTRALI – Un estratto dal Libro “L’Aldilà è a portata di mano”

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri

L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

L’incontro con Sabrina

[…]  veniamo all’estate del 1994, ad una delle esperienze più toccanti e commoventi che io abbia mai avuto, che ha portato con sé la certezza che l’Aldilà é letteralmente a portata di mano. I fatti risalgono alle 3:00 del mattino, di lunedì, 29 agosto 1994. All’epoca, avevo appena compiuto trentatré anni.

Erano circa tre anni che avevo cominciato ad avere esperienze volontarie di proiezione astrale, in occasione delle quali avevo anche incontrato il mio nonno paterno, che era mancato quattro anni prima della mia nascita (pochi mesi prima che i miei genitori si conoscessero). Ma fino a quel momento, era sempre stato come se lui mi venisse incontro a metà strada, per così dire, in una zona non meglio definita fra Cielo e Terra. Mi ero esercitata ad avere queste OBE nel mio appartamentino da single, il sabato o la domenica pomeriggio, dopo aver staccato il telefono per essere sicura di non essere disturbata.

Preferivo farlo di giorno, perché c’era la luce del sole, ed io avevo sempre avuto paura del buio. Col tempo, ero passata dalla semplice curiosità circa gli aspetti e le possibilità “tecniche” legate alle OBE ad un approccio più spirituale, mirato ad ottenere prove circa la vita dopo la morte del corpo fisico. Da quando queste esperienze erano diventate per me una fonte di ricerca spirituale, mio nonno era diventato per me come una guida, e raramente non si presentava quando andavo in cerca di lui.

Ma veniamo all’estate del 1994.

Dall’8 al 14 agosto 1994 avevo passato la mia prima settimana all’Arthur Findlay College[1] di Stansted, sede della SNU[2], o Unione Spiritualista Inglese. Era stato il mio primo contatto approfondito con lo Spiritualismo e con medium professionisti. Al mio ritorno in ufficio, il lunedì successivo alla vacanza, avevo saputo che erano peggiorate le condizioni di salute di Sabrina, figlia quattordicenne di uno dei miei colleghi, che al ritorno da una vacanza estiva in Spagna con i genitori aveva cominciato a soffrire di una patologia fulminante che aveva aggredito diversi organi vitali. Mercoledì, 17 agosto, ricevemmo la triste notizia che Sabrina era improvvisamente morta in ospedale. La notte prima aveva detto buona notte al suo papà, pregandolo di venirla a trovare il più presto possibile la mattina dopo. Ma non ce l’aveva fatta a superare la notte e solo l’infermiera si trovava accanto a lei quando aveva all’improvviso sentito che stava succedendo qualcosa di strano e le aveva chiesto di abbracciarla forte.

Questa notizia mi sconvolse. Avevo parlato solo una volta con Sabrina al telefono, prima di partire per Stansted, perché mi trovavo per caso al centralino dell’azienda per la quale lavoravo, e lei chiamava per parlare con il papà. Ma adesso ero assillata da un pensiero che mi pressava anche con una certa urgenza, e cioè che avrei potuto dare a suo padre delle prove che Sabrina era viva e stava bene proprio grazie a queste mie OBE. Non mi rendevo proprio conto di quanto potesse essere difficile parlare di esperienze così fuori dall’ordinario. Il papà di Sabrina sarebbe rientrato al lavoro il 29 agosto e, durante la settimana precedente il suo rientro in ufficio, l’urgenza di andare “di là” a controllare come stava Sabrina divenne sempre più pressante e non riuscivo praticamente a pensare ad altro. Si trattava di una sensazione strana e molto forte, che avrei sperimentato più volte in futuro, ma era anche la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere e la prima volta che concepivo l’idea di usare le OBE per conto di un’altra persona.

Quell’ultima settimana provai tutte le notti, ma senza successo.

La domenica sera mi ritrovavo ancora con lo stesso problema. DOVEVO ASSOLUTAMENTE vedere Sabrina quella notte, a ogni costo.

Quella notte passai le prime tre ore a rigirarmi nel letto, cercando disperatamente di rilassarmi e di raggiungere uno stato ipnagogico sufficientemente lungo che mi permettesse di uscire consapevolmente dal corpo, ma inutilmente. Non avevo un’esperienza sufficiente in questo campo, e neanche mi rendevo conto all’epoca di quanto il senso di urgenza dettato da uno stato di lutto o di dolore potesse rivelarsi un vero e proprio ostacolo per questo tipo di esperienza. Ero in preda a una grande frustrazione.

Intorno alla mezzanotte riuscii effettivamente a uscire dal corpo, ma mi trovai ad affrontare un’esperienza piuttosto inaspettata e inquietante: ero in preda a forti vibrazioni, quasi una corrente elettrica mi attraversasse il corpo, quando vidi emergere dal pavimento della camera da letto un Cristo a grandezza d’uomo appeso alla croce. Questo fatto, che, come scoprii in seguito, era in pratica l’ultima barriera posta all’esperienza dell’Oltre-Vita dai miei preconcetti religiosi, mi terrorizzò, e abbandonai definitivamente il progetto di andare a cercare Sabrina.

Ma intorno alle 3:00 del mattino mi trovai di nuovo all’improvviso fuori dal corpo, sebbene questa volta mi ritrovassi in un ambiente completamente differente e, per la prima volta nella mia vita, non provavo né un senso di paralisi né le vibrazioni, e, cosa più importante, non avevo paura. Non mi trovavo in camera da letto, e non mi trovavo neanche in quel posto così familiare, a “metà strada fra Cielo e Terra” dove ero solita incontrare mio nonno. Mi trovavo in un altro posto e mi trovavo faccia a faccia con Sabrina.

Mi apparve leggermente più giovane di una quattordicenne, ed in uno stato d’animo che all’epoca mi era sembrato leggermente confuso. Oggi, con il senno di poi, dopo aver visitato altre volte l’Aldilà in circostanze del tutto diverse, mi rendo conto di cosa possa avermi dato quella sensazione. Non era Sabrina ad essere confusa: lo ero io.

Mi sarei aspettata che mi accogliesse a braccia aperte visto il mio incontro in ufficio con suo padre l’indomani, e invece non mostrava particolare entusiasmo. Le chiesi se stesse bene, e mi rispose di sì. Le chiesi se desiderasse inviare un messaggio a suo padre e a sua madre, e ricevetti una risposta che mi lasciò perplessa: «Beh sì! No, non al momento!» (Come poteva essere? Avrei visto suo padre il giorno dopo!) «Fra qualche tempo parlerai con mia mamma» continuò Sabrina (non conoscevo sua mamma) «ma solo dopo che avrai paralato con una donna che parla il francese». Questa fu la dichiarazione più strana di tutte. Non avevo idea di cosa potesse voler dire.

Dopo una breve conversazione, Sabrina si allontanò, come se non ci fosse più nulla da dire. E qui successe un altro fatto piuttosto unico fra tutte le mie esperienze di OBE. Sebbene fossi stata lasciata da sola, non avvertivo alcun bisogno, necessità o urgenza di rientrare nel corpo fisico. Mi ritrovai lì a stazionare senza saper bene cosa stavo facendo e cosa dovevo fare. In passato, avevo sempre avvertito, in tutte le esperienze fuori dal corpo, questo forte bisogno di rientrare alla svelta, una specie di “elastico” psicologico che mi richiamava indietro. Ma questa volta (fatto del tutto eccezionale) sembravo vivere il medesimo stato d’animo quieto e un po’ disinteressato di Sabrina, e mi chiedevo cosa stesse accadendo.

Ma dopo essere stata lì ferma per un po’ per conto mio, mi resi conto all’improvviso che non dovevo rimanere là. Fui presa dal panico, e come una falena che si mette a girare convulsamente intorno ad una luce, cominciai a cercare il mio corpo fisico per poi rientrare finalmente nel letto.

Manco a dirlo, quando il papà di Sabrina rientrò al lavoro il giorno dopo, non riuscii a spiccicare parola sull’ac-caduto, nonostante l’emozione incredibile che provavo.

Circa dieci giorni dopo ebbi un’altra OBE “programmata”, questa volta al pomeriggio, durante la quale cercai di rivedere Sabrina. Non appena uscita dal corpo, percepii la presenza di una creatura angelica (una donna), più alta di me e bellissima (sebbene non riuscissi effettivamente a “vederla” come attraverso gli occhi fisici), che mi offrì il braccio con decisione e mi accompagnò lentamente attorno a quello che appariva una specie di letto, sebbene non potessi vedere chi vi dormisse. Mi chiese per favore di parlare a bassa voce, per non svegliare Sabrina. Poi mi riaccompagnò al mio letto, perché tornassi nel corpo, dove rientrai in maniera inusitatamente delicata.

Sebbene non avessi una grande esperienza dell’Aldilà all’epoca, trassi la conclusione che Sabrina in quel momento stesse riposando e non dovesse essere disturbata. Fu solo anni dopo che appresi dalla letteratura medianica che è piuttosto frequente, per chi sia morto a seguito di una malattia, di un evento scioccante o in età avanzata, godere dopo il trapasso di un periodo di riposo molto simile al sonno, nel corso del quale si ambienta e adatta perfettamente alla nuova situazione di disincarnato.

Alcuni giorni dopo il mio primo incontro con Sabrina, il 1 settembre 1994, fummo informati in ufficio che una giovane Assistente al Servizio Marketing era appena stata assunta. Questa nuova collega, che aveva praticamente la mia età, poiché era solo 4 giorni più giovane di me, era bilingue (italiano-francese) ed era appena rientrata in Italia dopo diversi anni passati in Francia; all’epoca passava regolarmente due finesettimana al mese in Francia. Per una fortuita serie di coincidenze, questa ragazza ed io cominciammo quasi subito a chattare attraverso l’intranet aziendale di varie cose, ed io mi trovai ad accennarle che avevo queste OBE ed avevo appena avuto questa incredibile esperienza di incontrare Sabrina e non avevo idea di come gestire la cosa.

Circa un mese dopo, la collega del Servizio Marketing mi venne a dire di essersi trovata a parlare con il papà di Sabrina alla macchina del caffè del piano di sotto e che lui le aveva parlato così apertamente di questo lutto così recente che lei non aveva resistito alla tentazione di riferirgli che io avevo qualcosa da dirgli.

Prima di quel momento, non avevo programmato e neanche immaginato che una cosa del genere potesse mai verificarsi.

Così, circa 40 giorni dopo la morte di Sabrina, suo papà passò nel mio ufficio a chiedermi “che cosa stavo combinando con la Sabrina”. Naturalmente fui presa dall’imbarazzo. Sentivo che per lui non era facile parlare di cose del genere, ma mi venne immediatamente incontro dicendomi che sua moglie avrebbe gradito incontrarmi e, senza chiedermi alcun dettaglio circa le mie “esperienze”, mi chiese se potevo andare a pranzo da loro.

E questo è proprio quanto capitò. Dopo pranzo, la mamma di Sabrina ed io ci ritirammo in soggiorno a parlare un po’ di tutto. Si verificò esattamente quello che Sabrina aveva predetto, e oggi mi rendo conto che la sua apparente mancanza di trasporto nel parlarmi era probabilmente dovuta al fatto che il mio fermento interiore nell’incontrarla non aveva alcun modo di essere veicolato nella realtà di tutti i giorni con la velocità che mi aspettavo o che speravo.

Sebbene non ci fossimo mai incontrate prima, la mamma di Sabrina ed io passammo diverse ore a parlare quel pomeriggio. Mi chiese un resoconto dettagliato e condivise con me molti ricordi di sua figlia. Mi disse anche di stare attenta a non parlare di questo argomento troppo apertamente con suo marito, perché troppo emotivo per gestire un qualcosa di così delicato. Mi raccontò di un’esperienza che aveva avuto alcuni giorni dopo il trapasso di Sabrina, quando una mattina, svegliandosi, aveva avvertito distintamente la presenza di sua figlia che le parlava e che le diceva che stava bene, che andava tutto bene e che sarebbe andato tutto bene.

Ad integrazione di questo racconto, devo riferire un sogno avuto nel 2003.

Dal 1994, ero sempre rimasta in contatto con i genitori di Sabrina (di cui custodisco una foto in sala), e ci eravamo visti almeno due volte all’anno. Quando nacque nostro figlio, mi avevano anche regalato un orologione di stoffa, che era stato di Sabrina, e una sua copertina per la culla.

Nel corso del 2003, senza alcun preavviso, ho sognato Sabrina bellissima, ormai ventiduenne, che (come era capitato per altre persone a me care, inclusa mia nonna), sembrò essermi venuta in sogno con il preciso scopo, non solo di mostrarmi che bella giovane adulta era ormai diventata, ma per descrivermi il suo trapasso, mostrandomi come era stato dolce, e conseguentemente difficile per lei capire l’esatto momento in cui aveva per così dire lasciato questa Terra.

Nel sogno mi mostrava di trovarsi con l’infermiera e un momento dopo di non aver più bisogno di respirare, ma che aveva dovuto ripercorre più volte con il pensiero quegli istanti avanti e indietro nel tempo per cercare di capire esattamente in che “momento” si era verificato il trapasso.

Il contatto più recente con Sabrina risale invece al novembre del 2008. I suoi genitori mi avevano espressa-mente chiesto se potevo cercare di incontrarla. E l’incontro era arrivato quasi subito, carico di emozioni da togliere il fiato. Non mi rendevo conto in quel momento di quale stagione si stesse avvicinando. Ma Sabrina, vestita di un rosso vivace, ebbe queste meravigliose parole per i suoi genitori: era tanto dispiaciuta di averli lasciati; avrebbe voluto abbracciarli con tutti i Natali che avevano dovuto trascorrere senza di lei.

Come si può evincere da questo racconto, nel caso di Sabrina, OBE, sogno e contatto volontario hanno tutti contribuito al mantenimento dei contatti con questa deliziosa ragazzina che ci ha lasciato troppo presto.

 

[1] http://www.arthurfindlaycollege.org/

[2] http://www.snu.org.uk/

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L’Ego e le sue trappole

 

La notte del 24 marzo 2012, durante quello che ritengo essere ad oggi il periodo più cupo della mia vita a causa di una situazione personale estremamente difficile che mi causava incubi notturni da quasi tre mesi e mezzo, mi capitò un’esperienza straordinaria. Fu una sorta di sogno mistico, sebbene a tutt’oggi non sia certa che si possa ritenerlo un semplice sogno. Ricordo di essere entrata in una casa a me sconosciuta e di avervi incontrato mia nonna materna, deceduta ormai da ventiquattro anni. Nonostante i numerosi incontri avuti con lei dopo la morte (in sogno, sogno lucido, OBE o tramite contatto medianico), ero talmente stupita di ritrovarla viva che era come se questa fosse la prima volta che ci vedevamo dopo la sua morte e la cosa mi animava di una consapevolezza nuova e più profonda.

Mia nonna voleva riportarmi con la memoria all’epoca in cui aveva ottantatre anni: si trattava del 1981, un periodo in cui soffrivo di stress post-traumatico a causa del terremoto molto forte che aveva colpito l’anno prima la nostra cittadina e l’area circostante. Ero consapevole, all’epoca di questa esperienza, del fatto che il terremoto aveva fatto crollare molte mie certezze fin dalle fondamenta, ma capii solo in seguito quanto mia nonna stesse cercando di riportarmi alla mente un evento passato che era stato destabilizzante quanto quello che stavo vivendo in quel momento e che, come quello, mi avrebbe a tempo debito aperto gli occhi sugli scopi più profondi dell’esistenza.

Tornando al mio sogno, non appena mi resi conto che mia nonna era viva, notai che era accompagnata da suo nonno, un antenato di cui nulla sapevo, anche lui incredibilmente vivo. Questo rese la mia consapevolezza del fatto che la vita continua dopo la morte ancora più profonda di quanto non lo fosse mai stata in qualsiasi precedente incontro con persone defunte.

Come spesso accade nei sogni, mi trovavo al di fuori del tempo lineare e mi è difficile ricostruire la sequenza esatta degli avvenimenti, ammesso che ce ne fosse una. Ad ogni modo, in questa circostanza probabilmente innescata dalla dolorosa situazione che stavo vivendo, avvenne per me un fatto senza precedenti: mi ricordai di come mi sentivo prima di venire in questa vita e di quanto profondamente amassi tutte le persone che in questa vita avrei incontrato. Per quanto ne sapessi, prima (al di là) del mio ingresso nel tempo, nessuno mi aveva spiegato chiaramente come tutti questi meravigliosi sentimenti di amore, affetto e tenerezza potessero, come in un negativo fotografico, trasformarsi con la nascita nel mondo fisico in paura, senso di colpa, incubi, gelosia, odio, rabbia o altri sentimenti tossici.

Mi sentii non solo tratta in inganno, ma arrabbiata per il fatto di essere nata, di essere stata convinta ad investire tutto questo amore in qualcosa che si sarebbe trasformato in tanta sofferenza. In quell’istante sapevo con certezza che maggiori fossero in partenza i sentimenti di amore, maggiore sarebbe stata la corrispondente vulnerabilità nel mondo, proprio come in un negativo fotografico. Prima di venire non avevo idea che sarebbe successo tutto questo.

Col senno di poi, questa fu per me la più grande prova acquisita di prima mano circa la preesistenza della nostra identità personale, unica e anche eterna! Ma andiamo avanti.

Vidi anche degli eventi cruciali in qualche modo da noi già decisi prima di venire al mondo e come, dell’evento più importante di tutti, fosse stata scattata una sorta di foto festosa e celebrativa per contrassegnare fin da allora quella che sarebbe stata una delle pietre miliari delle nostre vite. Tuttavia ricordo anche che questa foto celebrativa era circondata da specchi deformanti e mi resi conto di come il medesimo evento possa essere percepito in modi diversi e distorti sul piano fisico a seconda dei punti di vista. Questo fatto in qualche modo mi spiegava le cause del momento difficile e doloroso che stavo attraversando.

Mi resi conto per la prima volta che quando veniamo in questa vita la nostra identità personale esiste già (oltre lo spazio e il tempo), ma una sorta di amnesia ci impedisce di ricordare l’immenso amore che ci lega gli uni agli altri, amnesia che in quell’esperienza del 2012 minò la mia salute come mai prima.

Anche se le circostanze di cui parlo si chiarirono poi felicemente e recuperai non solo la salute ma una consapevolezza molto più profonda circa i rapporti che intessiamo in questa esistenza proprio grazie al fatto di poterci vedere separati gli uni dagli altri e soggetti ad incomprensioni, ho voluto riportare ancora una volta questo episodio nato da circostanze estremamente dolorose per dare un’idea concreta di ciò che intendo per Ego, di come il nostro spirito non conosca prima dell’incarnazione tutti i risvolti umani di questa amnesia e del salto nel buio che la nostra nascita sul piano fisico rappresenta quando ci sentiamo sprofondare nella disperazione.

Mi resi conto che, se non ci fosse l’amore con la “A” maiuscola che conosciamo per esperienza diretta in qualità di spiriti disincarnati, e che ci aspettiamo naturalmente di ricevere per essere felici, non potremmo conoscere tutto l’insieme di sentimenti anche dolorosi che si provano nella vita terrena a seguito della sua privazione. Con il passare dei giorni trassi la conclusione che esisteva un motivo profondamente spirituale per quello che mi stava succedendo, anche se nei momenti più bui non mi era dato comprenderlo.

Durante quell’esperienza capii anche che, per quanto lontano potesse apparirmi quel meraviglioso stato di amore ultraterreno che mi era stato dato di ricordare, esisteva la possibilità di ritrovarlo ogniqualvolta l’avessi desiderato: infatti, nonostante le oggettive difficoltà che devastarono la mia salute quell’anno, avevo aperto una porta fra quelli che mi erano in precedenza apparsi come due mondi distinti e potevo fluidamente muovermi fra essi, riportando sul piano terreno la luce del luogo dal quale tutti veniamo.

L’ingresso in questa vita terrena non è solo un immersione temporanea nel tempo e nello spazio, ma anche una separazione dalle nostre conoscenze più profonde, che porta invariabilmente con sé una percezione distorta delle cose. Sebbene avessi maturato la certezza che la nostra identità personale esista oltre il tempo e che anche i bambini non nati ne abbiano una (fatto che fino a quel giorno non mi era chiaro), in qualità di spiriti disincarnati immersi nel puro amore incondizionato non conosciamo la separazione, e l’Ego è il concetto che uso per spiegare come questa separazione si possa apprezzare.

L’Ego è come un abito che indossiamo quando nasciamo e che ci serve solo nel corso della vita incarnata per tutelarci da eventuali pericoli di ordine materiale. È un qualcosa che non ha una coscienza, ma solo delle funzioni, prima fra tutte quella di tenere viva l’illusione che noi siamo soltanto un corpo fisico. L’Ego espleta tali funzioni tramite strumenti che, per puerili che siano, possono apparirci anche subdoli. Il suo compito è quello di tenerci ancorati al piano terreno: una sorta di inganno che diventa però intermittente quando ci ricordiamo che si tratta solo di un’illusione.

Da una parte, sul piano scientifico, come richiamato già in altre occasioni, la sua funzione è stata accomunata in parte a quella di una “valvola a riduzione” che permette al cervello di non essere sommerso da una marea di informazioni e conoscenze per noi ingestibile. Sul piano metaforico, possiamo vederlo come una lente d’ingrandimento, che ci permettere di mettere a fuoco un determinato spettro dello scibile che un essere mai incarnato non può discernere.

È importante ricordare la neutralità della funzione che l’Ego espleta nel creare la percezione della separazione, senza la quale non potremmo apprezzare tante cose che sul piano del puro spirito vengono date per scontate. D’altro canto, per assolvere a tale funzione, l’Ego si serve di determinati strumenti che desidero ricapitolare prima di addentrarmi nel tema dei viaggi astrali.

Nella seguente tabella ho cercato di elencare le convinzioni e caratteristiche cui l’Ego dà vita e di cui si nutre, contrapposte a quelle del nostro Vero Io (che chiamo anche Io Superiore o Io Completo), caratteristiche che assumono una connotazione negativa man mano che vengono rinforzate, nuocendo così a noi stessi e agli altri:

La prima volta che ho sentito parlare di Ego nell’accezione specifica che propongo nei miei scritti è stata verso la fine degli anni Novanta da parte di autori che attribuivano però la sua nascita a un atto di arroganza dell’uomo nei confronti di Dio, fonte di puro amore incondizionato e fonte e del Tutto. Al contrario, sulla base di quanto ho appreso dalle esperienze di NDE condivise da chi ha vissuto una vera e propria morte clinica per poi scegliere di tornare alla vita o essere informati che non era ancora giunto il loro momento, l’incarnazione è il frutto di una scelta ben diversa: la scelta entusiastica e coraggiosa di co-creare assieme a Dio, di cui tutti e tutto siamo emanazione.

La mia esperienza del 24 marzo 2012 me lo aveva confermato. Anche se in quel momento provavo risentimento per lo stato di amnesia che l’Ego comporta, andando a cancellare il ricordo fondamentale che la morte del corpo fisico è solo il risveglio da tale amnesia e conseguente stato illusorio, adesso sono infinitamente più forte e motivata grazie a questa consapevolezza, poiché so per esperienza di prima mano che chi dovesse apparirmi su questo piano terreno come poco amabile è in realtà motivato dalla paura o comunque da uno stato di oblio circa la propria vera essenza: veniamo tutti dalla medesima fonte di puro amore e innocenza, abbiamo tutti uno spirito fatto allo stesso modo, che può tuttavia essere più o meno oscurato dall’abito che l’Ego costituisce.

Erano stati i resoconti circa le esperienze di NDE che mi avevano introdotto in via per me teorica al concetto di amnesia riguardo al mondo paradisiaco dal quale veniamo quando ci incarniamo in un corpo fisico, amnesia che si ripete spesso con la fine di una esperienza di temporanea morte clinica andando anche ad interessare i ricordi più profondi di tale esperienza, quali per esempio i temi della missione di vita che ci siamo prefissi prima di nascere e che vengono spesso riproposti a chi vive una NDE per convincerlo a tornare in vita.

L’Ego è evidentemente il frutto di tale amnesia, indispensabile per vivere appieno la vita fisica, anche se sperimentare di prima mano il ricordo del tripudio di amore incondizionato da cui veniamo è tutt’altra cosa rispetto a sentirselo raccontare da altri.

Quindi non è assolutamente lecito o utile demonizzare l’Ego, come non è lecito demonizzare tante altre circostanze che fanno parte dell’atto creativo che le nostre esistenze costituiscono.

Ho scelto di descrivere l’Ego come un abito o una funzione senza una propria coscienza perché, a quanto ho potuto constatare, esso agisce in base a degli automatismi, che possono tuttavia tentare di boicottare la ricerca e l’esplorazione di ciò che esiste oltre il piano fisico.

Pertanto, ogni volta che sentiamo di trovarci davanti a un ostacolo che ci impedisce di raggiungere la pienezza di ciò che cerchiamo di realizzare sul piano spirituale, chiediamoci sempre se il nostro Ego ci stia in qualche modo boicottando.

Cercherò ora di ricapitolare con un elenco i sentimenti più comuni generati dall’Ego e di cui esso si nutre, al fine di permetterci di monitorare il nostro dialogo interiore, identificare eventuali forme di auto-sabotaggio e vagliare anche ciò che ci motiva di più nell’esplorazione dei mondi sottili:

̶  Paura.
̶  Ansia.
̶  Dubbi.
̶  Preoccupazioni.
̶  Pessimismo.
̶  Senso di inadeguatezza o insoddisfazione verso noi stessi.
̶  Materialismo.
̶  Avidità.
̶  Senso di colpa.
̶  Paura di punizioni.
̶  Penuria.
̶  Ingratitudine.
̶  Incontentabilità.
– Vittimismo.
̶  Tendenza a giudicare gli altri.
̶  Paura del giudizio altrui.
̶  Biasimo.
̶  Rancore.
̶  Ostilità.
̶  Odio.
̶  Gelosia.
̶  Invidia.
̶  Competitività.
̶  Rivalità.
̶   Mors tua, vita mea.
̶  Tendenza a distruggere e complottare.
̶  Vendicatività.

Senza generalizzare su alcuno di questi punti, basterà usare il nostro senso critico ogniqualvolta tali sentimenti ci si presentano per vagliarne la fondatezza ed affidabilità, specie se il loro effetto è quello di scoraggiarci dal perseguire obiettivi che sentiamo sani e giusti per tutti, facendoci sentire inadeguati.

Per esempio, se la paura può essere utile quando si tratta di evitare un pericolo concreto, è sicuramente un’insana consigliera se diventa il criterio di riferimento in base al quale misuriamo ogni cosa. Essa può innescare ogni sorta di freni, creando attorno a noi delle barriere apparentemente così solide da rischiare di compromettere pesantemente la nostra qualità di vita e il compimento della nostra missione, oltre ad indebolire il nostro sistema immunitario.

Il senso di inadeguatezza che può esserci stato anche involontariamente inculcato da bambini ogniqualvolta ci veniva detto o lasciato intendere che non eravamo all’altezza di un compito o non eravamo “capaci” di fare qualcosa rispetto agli altri può finire per generare un senso di impotenza da adulti, scarsa motivazione a perseguire un obiettivo o una tendenza allo scoraggiamento. Per esempio, alle elementari mi ritenevo incapace di disegnare e soprattutto incapace di imparare a farlo, in quanto l’insegnante, sicuramente in buona fede, era solita elogiare l’opera di una compagna rispetto ai lavori di tutti gli altri allievi: avevo quindi maturato un senso di inadeguatezza proprio nei confronti di quello che è oggi uno dei miei hobby preferiti.

In effetti, in termini di motivazione, tenacia e risultati, è straordinario l’effetto che ha su di noi la semplice convinzione di essere capaci di perseguire un obiettivo. È quindi essenziale sapere che da adulti tali punti deboli possono essere facilmente ribaltati.

Il concetto di penuria, secondo cui esisterebbero in ogni campo scorte limitate di benessere, può generare gelosia, rivalità o pessimismo quando ci si vede confrontati con il bene di cui godono altri.

Proverò paura, se non addirittura ostilità, per chi mette in dubbio ciò che sul piano terreno reputo di mia esclusiva proprietà ogni qualvolta confondo la realtà materiale con quella vera, che è di natura spirituale. Lo stesso dicasi per la paura e l’ostilità nei confronti di chi non condivide il mio pensiero, che è comunque filtrato dal cervello e dunque dall’Ego.

Se è vero che la realtà che viviamo sul piano fisico è soprattutto il frutto delle nostre aspettative, è lapalissiano che la paura di fallire in uno scopo anche nobile può diventare un fardello insostenibile.

Nel contempo, la voce del nostro Vero Io è la nostra principale alleata, in quanto è illuminata dall’assoluta supremazia dell’amore con la “A” maiuscola, dalla consapevolezza che siamo eterni e che il nostro spirito è fatto appunto di tenerezza, innocenza, gioia, sicurezza e condivisione di un’abbondanza di benessere senza fine. Proprio per questo, la voce del nostro Vero Io è ripetitiva e non incostante e mutevole come quella dell’Ego. Inoltre il nostro Vero Io è motivato dalla passione più che da un senso dell’obbligo, e sa apprezzare il momento presente e l’enorme potenziale in esso racchiuso.

La paura di altri atteggiamenti generati dall’Ego, quali il giudizio altrui, e i conseguenti sensi di colpa (che nulla hanno a che fare con la nostra coscienza), il rancore, la gelosia, la competizione, la rabbia, l’aggressività, l’odio e, dulcis in fundo, il vittimismo, generano nelle nostre vite dei circoli viziosi che il nostro Vero Io (o Io Superiore) può spezzare.

In particolare, come abbiamo già visto, l’assenza di amor proprio che l’Ego genera è alla radice di molti mali.

Naturalmente, la paura della morte o comunque dell’annientamento della nostra identità personale è la più infida forma di paura che l’Ego incarna, specie se riguarda la separazione da persone a noi care.

Di queste debolezze infuse dall’Ego sono ben consce le persone o organizzazioni che di proposito diffondono notizie improntate al terrorismo psicologico, di qualsiasi natura esso sia. Infatti, se per esempio ho paura di morire, potrei avere paura di ammalarmi, e questa paura come altre ha appunto l’effetto di abbassare le difese immunitarie.

Ora che abbiamo inquadrato le caratteristiche non costruttive di questa sorta di abito che ci permette di vivere nell’illusione di essere separati da Dio e gli uni dagli altri, allorché siamo in realtà impegnati ad esplorare e co-creare nuovi confini assieme al Creatore Supremo, è anche più facile comprendere l’importanza di rimuovere l’abito quando non serve, ovvero quando esploriamo in sicurezza i mondi sottili.

Poiché, come abbiamo visto, viviamo immersi in un fluido campo di energia che conferma le nostre aspettative anche subconsce come uno specchio, e siamo noi stessi costituiti da tale energia, tendiamo almeno sul piano fisico a sentire ciò che ci aspettiamo di sentire e a vedere ciò che ci aspettiamo di vedere.

Questo vale anche per i sogni o le esperienze astrali intraprese senza prima prendere atto di eventuali preconcetti inutili e dannosi.

Se per esempio ci troviamo in uno stato d’animo improntato al vittimismo, all’ingratitudine e alla mancanza di amore verso noi stessi che la scarsa autostima comporta, ciò ingigantirà altri stati d’animo derivanti dall’Ego e questi tenderanno a colorare le nostre esperienze. È in questi casi che possono verificarsi gli incubi oppure esperienze che comunque in qualche modo danno vita a eventuali aspettative negative.

L’esoterismo e l’occultismo cadono spesso nei tranelli dell’Ego finendo per proiettare sulla rappresentazione dei mondi sottili e finanche del dopo-vita le medesime dinamiche che tendono a causare conflitti e ingiustizie sul piano terreno. Nel tentativo di offrire un’alternativa al fondamentalismo religioso, si rischia di dipingere comunque un Aldilà all’insegna dell’Ego (come nel già citato caso del libro e film Nosso Lar), che nulla ha a che fare con la divina fonte di puro amore da cui veniamo e alla quale apparteniamo.

È per questo che non incoraggio le esplorazioni cosiddette extracorporee se si ha un atteggiamento poco amorevole verso se stessi e gli altri, o se si ha un debole per l’aspetto sinistro delle vicende umane. Sul fluido piano astrale tenderemo a trovare alle prime proprio le conferme di queste aspettative, che si interporranno come un muro fra noi e i sani progetti del nostro Vero Io.

Va detto che chi ama proiettare nei mondi sottili le medesime dinamiche che caratterizzano il mondo dell’Ego tende a dipingere tali pericoli facendo leva su tutto un sottobosco di superstizioni, paure e ignoranza. Sedicenti audaci professionisti che dichiarano di conoscere i lati oscuri dell’immaginario umano si offrono di sradicare i nostri demoni per noi, usando quella che dovrebbe essere semplice cautela e conoscenza della natura umana per dipingere scenari spaventosi qualora non si seguano le loro direttive.

D’altro canto ho trovato che esiste un altro pericolo, non meno tangibile: è l’atteggiamento ingenuo e imprudente basato sulla convinzione che tutto sia innocuo e che tutti possano fare tutto ciò che vogliono, perché i pericoli immateriali non esistono. Come abbiamo visto, non è così.

Un esempio lampante è costituito dal lutto per la perdita di una persona cara. Si tratta forse della forma più dirompente di sofferenza che aggredisce anche chi, saldo nella fede della vita eterna, subisce comunque uno shock a livello umano. Anche a persone che hanno maturato solide convinzioni sul dopo-vita può non essere risparmiato, oltre al dolore, un vacillamento di convinzioni già ben radicate. A maggior ragione, chi, per proprie convinzioni personali, ipotizza che nei mondi sottili si annidino insidie rischia di trovarle sulle prime materializzate in una OBE, anche se in realtà queste non sono altro che fantasie dell’Ego.

Riflettiamo per esempio su come un determinato filone di film di fantascienza tenda a raffigurare gli extraterrestri come mostri belligeranti che cercano di conquistare la Terra per dominarci e controllarci. Nella realtà, ci sono persone sopravvissute a esperienze di premorte che hanno avuto modo di vedere forme di civiltà diverse da quella terrena e hanno riscontrato quanto le medesime regole universali di amore incondizionato valgano per tutti.

Siamo costantemente bombardati da messaggi che confermano i preconcetti dell’Ego, ma lo siamo solo finché accettiamo di esserlo.

Sul piano astrale il nostro Ego inteso come ancora di connessione alla materia può giocare brutti scherzi e anche personificarsi come se fosse un individuo altro da noi. L’angoscia o altri sentimenti simili possono trasformare l’Ego personificato in una sorta di entità che può in modo suadente o anche aggressivo tentare di ostacolare un cammino di crescita alla scoperta di nuove verità.

Un caso classico è quello dell’adolescente cui capita un episodio di paralisi notturna senza conoscerne la natura e i meccanismi (che permettono alla mente vigile di percepire una realtà altra rispetto a quella strettamente fisica) e che decodifica la propria condizione di incapacità di muoversi o di emettere suoni come un evento sinistro, dove eventuali presenze sono percepite come malevole e responsabili del senso di costrizione in cui si trova. Nei paesi anglofoni tale interpretazione superstiziosa ha portato a definire talora la paralisi notturna come The Old Hag Syndrome, associandola ad allucinazioni, visite da parte di demoni o di extraterrestri malvagi. Nulla di più falso.

Ad ulteriore tutela e rassicurazione circa la falsità di tali sinistre fantasie aggiungo che una delle regole chiave che anima il Mondo dello Spirito è che i simili si attraggono e che dunque il bello attrae il bello, il buono attrae il buono, e via discorrendo. L’eventuale perplessità o confusione che un’esperienza nuova, ma comunque del tutto naturale, può generare in una persona dal cuore puro, amorevole e gentile potrà tradursi solo in esperienze consone al suo sentire, che andremo in ogni caso a rinforzare con la preghiera o meditazione, come da linee guida fornite in calce a ogni capitolo.

Quanto sopra esposto, tuttavia, spiega perché il tema dei viaggi astrali, in assenza degli approfondimenti che abbiamo qui esposto, è spesso presentato come una sorta di terra di nessuno, terreno minato da non percorrere mai senza una guida esperta.

In base a quanto ho avuto modo di constatare, attribuire eventuali tentativi di distrazione e boicottaggio a misteriose forze oscure al di fuori di noi e del nostro controllo (salvo che nel caso di veri e proprio disturbi psichici per i quali si richiede l’intervento di uno specialista) è uno spreco di risorse e una perdita di tempo.

Inoltre, le persone che giocano con l’esoterismo allo scopo di danneggiare il prossimo rischiano inevitabilmente di danneggiare se stesse. In pratica penso che, in tutto quello che facciamo, e quindi non solo nell’ambito dell’esplorazione dei mondi sottili, noi esseri umani dobbiamo prenderci la responsabilità per il nostro operato e voler bene a noi stessi, per poi diffondere il bene sia a livello materiale che a livello sottile.

Ora che abbiamo elencato i motivi per cui è sufficiente far chiarezza circa le proprie convinzioni e maturare un atteggiamento informato e sereno prima di mettere a frutto i grandi benefici che possono derivare dai viaggi astrali, siamo in grado di bonificare il terreno dai pregiudizi: potremo cosi, non solo constatare che siamo molto di più di un corpo fisico, ma portare la magia del nostro spirito nel quotidiano, nel nostro presente: il qui e ora vissuto dalla totalità del nostro spirito non è solo il punto dal quale possiamo esercitare la più grande forma di controllo sulla nostra qualità di vita, ma è anche il punto dal quale possiamo meglio irradiare in modo contagioso tutto ciò che di bello e di buono siamo venuti a creare sul piano terreno.

Nel prossimo capitolo vedremo come la ricerca e l’allenamento fai-da-te da me intrapreso nei primi anni Novanta nel campo dei viaggi astrali mi riservò appunto alcune sorprese che avrei preferito evitare, ma che ritengo utile illustrare perché offrono un chiaro esempio di come l’Ego possa boicottare la ricerca del nostro Vero Io in modi spesso puerili e facili da prevenire.

Riassumendo: l’Ego è come un abito che indossiamo quando nasciamo e che ci serve solo nel corso della vita incarnata. È un qualcosa che non ha una coscienza, ma solo delle funzioni, prima fra tutte quella di tenere viva l’illusione che siamo soltanto un corpo fisico. Esso ha ogni interesse a boicottare la nostra ricerca nel campo del soprannaturale. Se non ci riesce distogliendoci dallo scopo con ostacoli che impoveriscono la motivazione e inducono al pessimismo, sul fluido piano astrale potrebbe alzare la posta, cercando di convincerci che non ne vale la pena o che è troppo difficile. Le tecniche di boicottaggio sono puerili. Una volta identificata, tale forma di autosabotaggio cesserà.

La magia del piano astrale – Appunti di viaggio dai mondi sottili

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri 

L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap


E se vi dicessi che, non solo l’Aldilà, ma tutto il mondo dei nostri sogni è a portata di mano, se ne comprendiamo i meccanismi più profondi?

Questa serie di mini Kindle illustra appunto, dal mio personale punto di vista, i concetti che da millenni sono coltivati da culture tradizionali che si allineano ai principi di Amore e rispetto e che costituiscono la regola prima del Mondo dello Spirito: principi che noi esseri umani siamo audacemente venuti a manifestare anche sul piano fisico e che anche la fisica quantistica comincia ad essere in grado di confermare.

Il primo volumetto, uscito il 31 agosto scorso, illustra le basi da cui partono le mie riflessioni, riflessioni che espongo non solo in qualità di viaggiatrice astrale ma anche e inevitabilmente tramite l’accresciuta consapevolezza che, sebbene a singhiozzo, queste esperienze portano con sé. La premessa è quella che veniamo da una Fonte di Puro Amore, fatta di gioia e senso di apparentenza, e ad essa invariabilmente ci allineaiamo quando ne ascoltiamo gli inviti, che sono scolpiti in noi da sempre in quella che definisco la nostra bussola interiore. Se da essa ci discostiamo, già semplicemente perdendo la nostra autostima, proiettiamo nel mondo un immagine distorta di noi stessi, che invita i nostri compagni di viaggio a fare altrettanto, a non rispettarci e non collaborare.

Se invece riprendiamo in mano la regola prima da cui scaturisce tutto il creato, come un sasso lanciato in uno stagno, irradieremo attorno a noi tutte le certezze, gli stati d’animo e le competenze che ci animano al di là dello spazio e del tempo, in quanto audaci esseri di luce venuti a co-creare insieme a Dio.

La nostra bussola interiore ci permetterà infatti di scegliere, in modo semplice e nel contempo rispettoso degli altri, gli strumenti che meglio si prestano a colmare il divario fra il nostro piccolo io, immerso nel mondo fisico e intento a creare la nostra realtà sul piano terreno, e il nostro Vero Io partecipe di ogni cosa, liberandoci dall’oppressione che il senso di separazione o isolamento generati dalla temporanea amnesia creata dallo stato di essere umano possono creare in noi.

Lo scopo non è quello di dominare le forze della natura o controllare gli altri, ma semplicemente quello di riscoprire l’incanto, la meraviglia e l’innocenza che ci permettono di apprezzare le dimensioni invisibili e accedervi ogni qualvolta possibile, aprendoci così tutte le porte.

Il secondo volume

uscito il 2 maggio 2019, è invece un’introduzione pratica alle cosiddette esperienze fuori dal corpo (o OBE, dall’inglese Out-of-Body Experiences), argomento per il quale è previsto anche un secondo volume di approfondimento,

Le OBE di cui si occupa questa pubblicazione si verificano quando la mente si sveglia, o rimane vigile, mentre il corpo dorme, condizione detta appunto in inglese mind awake – body asleep (mente sveglia in corpo addormentato). Come spiego in questo volume, si tratta di un fenomeno che si può indurre in più modi e che è pertanto ottenibile e controllabile con l’allenamento e la buona volontà.

Nella prima parte di questo volumetto, ho cercato di affrontare le basi dell’argomento esperienze fuori dal corpo illustrando tutti gli aspetti di cui, in base alla mia esperienza, è importante essere al corrente prima di indurre una vera e propria OBE. Con gli esercizi di simulazione, presentati di pari passo con le argomentazioni teoriche, ho cercato invece di offrire al lettore delle tecniche mirate che, se perseguite con tenacia e perseveranza, anche solo pochi minuti al giorno, potranno non solo familiarizzarlo con cautela con l’esperienza in sé, ma con il tempo anche permettergli di indurla.

Per questo volume devo ringraziare in particolare la preziosa collaborazione della collega esploratrice Vicky Short, che ci ha recentemente testimoniato la propria NDE e che è autrice del saggio autobiografico: Persephone’s Journey, nel quale condivide con il lettore le proprie incredibili esperienze psichiche fino alla data di pubblicazione (2010). Nella nostra corrispondenza, Vicky mi ha ricordato il grandissimo potere degli esercizi di meditazione preparatori che usavo quando, negli anni Novanta, ho cominciato ad esplorare questo fenomeno, imparando ad indurlo volontariamente.

Il 5 giugno è uscito il LIBRO DI ESERCIZI in versione cartacea che accompagna questi due e-book: esso vuole offrire al lettore ed esploratore, che nella versione digitale trova vivaci immagini a colori e link attivi, un supporto cartaceo che costituisca una sorta di giornale di bordo, che al testo alterna spazi personali, con pagine da compilare, domande a cui rispondere, ricordi da trascrivere e pagine da colorare.

Book trailer:

The Three Powerful Things I Learnt about After-Death Communication from Firsthand Accounts of the Afterlife

 

 2018

I have now worked as a professional translator and interpreter for over 30 years, here in Italy. In fact, ever since I was a child, everyone used to ask me to assist when English-speaking people were around, as my mum is English. Therefore, I found out from a very early age how delightful it felt to help people understand one another. I guess this is one of the reasons I have always been extremely interested in after-death communication and mediumship, as mediums too are trained to help people communicate with one another even though one of the parties involved is in the Spirit World.

From a young age, I have also always had a keen curiosity about life’s great mysteries. I remember I was around nine when I started experiencing intense episodes of déjà vu. I later ascribed these to my fascination with time travel and being able to move instantly in space or between dimensions in order to pursue my dreams. Here is why I believe that, during my teens, I started experiencing sleep paralysis, though it was only in my late  20s that I found out that this phenomenon could lead to astral travel and the possibility of actually ‘visiting’ the Afterlife and checking on departed loved ones.

I was 14 when Dr. Raymond Moody’s groundbreaking book about near-death experiences, Life after Life, was first published and this opened up for me a whole new world I wished to explore. Reading led to further reading and I was able to fuel my fascination with the idea that our lives are not merely the products of chance, but are part of a bigger plan.

The most exciting experience involving my work was acting as an interpreter for professional mediums in the ‘90s, during the Italian Week organised by the Arthur Findlay College in the UK, and other similar events. This gave me the opportunity to witness hundreds of private sittings, dozens of public demonstrations of mediumship, as well as lectures and workshops about how mediumship works. The sittings did not only provide me with moving evidence about the fact that life continues after death and professional mediums can make communication with our loved ones possible, but also offered me the delightful chance of personally contributing to these get-togethers, in my capacity as a translator.

The Arthur Findlay College in Stansted (UK)

The three most important things I learnt during those years in which I was exposed to constant firsthand evidence provided by professional mediums were:

  • Not only does life safely continue after death, but our personality is indestructible. Freed from the limitations of physical existence, those who were close to us in this physical life are even closer to us when they leave this world and their love for us increases in an immeasurable way.
  • Whereas professional mediums are specially gifted and trained to offer this evidence on behalf of third parties, everyone is able to safely stay in touch with their loved ones on the so-called ‘other side’ as we are all made of the same essence – spirit – and we are all connected beyond (that is before and after) our entry in three-dimensional space and linear time. Also the departed find it easier to stay in touch with those they love than with people they never knew.
  • Firsthand accounts about transition, after-death existence, near-death experiences and death-bed visions hugely expand our chances of connecting with our loved ones: this happens because beliefs and expectations play a key role in determining what is possible for us, as also quantum physics has at last been able to prove.

I felt an urgency to share these powerful understandings, so I wrote The Afterlife: Hereafter and Here at Hand. This book focuses on three different approaches to staying in touch – while awake, while falling asleep and while asleep. However, before tackling techniques, it addresses some very straightforward questions and doubts readers may have about what happens at the time of physical death: where we go, what we do, what sort of existence we have and how we relate to our incarnate loved ones. This information is drawn from firsthand accounts mainly coming from three different sources:

  • My own personal experiences during meditation, while falling asleep or waking up, lucid or ordinary dreaming and astral travel.
  • Mediumistic accounts about transition and life after death.
  • Near-death experiences and deathbed visions.

I have found that (especially at times of deep grief, when our whole system can be shocked out of its everyday balance and patience with ourselves is of paramount importance) reading firsthand accounts about the Afterlife can work as a powerful reminder that after-death communication is just as natural as any other form of communication.

The Afterlife: Hereafter and Here at Hand and Looking Beyond the Fishbowl: A New Comforting Perspective on Reincarnation by Giulia Jeary Knap are available from http://amzn.to/2Em3JnS and http://amzn.to/2E4fQmb. Find out more here: http://fracieloeterra.org/en/ and https://amzn.to/2jKO8SW

 

 

 

 

 

Vicky Short: Vi racconto la mia esperienza di NDE

Mi chiamo Vicky Short e vivo in Colorado (USA). Nel 1998, un mese prima del mio ventottesimo compleanno, mi era stato diagnosticato il diabete di tipo 1, detto anche diabete giovanile o insulino-dipendente. Non è stato facile imparare a tenere sotto controllo il livello di glicemia nel sangue con iniezioni di insulina, un’alimentazione corretta e l’esercizio fisico, specie in considerazione del fatto che ogni piccolo cambiamento nei vari fattori cui dovevo stare attenta ha un effetto nell’innalzare o abbassare i livelli di concentrazione di glucosio nel sangue.

Una sera del 2004, mentre mi preparavo per andare a letto, non avevo ancora idea del fatto che il mio livello di glicemia potesse calare pericolosamente durante la notte. Ricordo che erano le 22:00 circa. I miei due bambini stavano già dormendo nelle loro camere e mio marito era uscito. Mi ero messa a letto, avevo chiuso gli occhi e mi ero addormentata anch’io.  Ricordo di essermi svegliata all’improvviso con la chiara percezione di aver abbandonato il corpo fisico. Il mio primo pensiero fu: «Questa è un’esperienza fuori dal corpo!» Avevo sempre avuto esperienze di OBE, per cui quello che stava avvenendo mi sembrò sulle prime una delle mie “normali” esperienze: non sospettavo che potesse preludere a una vera e propria esperienza di premorte o NDE.

Tuttavia le cose presero presto una piega diversa dal solito. La chiarezza e limpidezza dei miei pensieri, delle mie emozioni e della mia stessa consapevolezza erano sbalorditivi e mi colmavano di energia. La sensazione che provavo era meravigliosa e incredibilmente entusiasmante.

Ricordo di essere rimasta sospesa sopra il corpo fisico in posizione supina per qualche istante, crogiolandomi nella sensazione di quanto fosse meraviglioso essere libera dal corpo fisico. La mia mente era sgombra da qualsiasi altro pensiero.

Poi con la coda dell’occhio notai qualcosa che catturò la mia attenzione: si trovava alla mia destra e leggermente sopra di me. Mi girai a guardare: era una luce meravigliosa e brillante. Era senz’ombra di dubbio la cosa più bella che avessi mai visto nella mia vita. Non so immaginare nulla di più perfetto e meraviglioso. La prima sensazione che ebbi nel vedere la luce fu il fortissimo desiderio di andare verso di essa.

La luce sembrava penetrare dal soffitto della camera da letto, era brillante e aveva una forma circolare. Non mi ponevo domande su cosa fosse, come la potessi raggiungere o perché tutto questo stesse capitando. Sebbene sapessi che si trattava di un’esperienza fuori dal corpo e fossi pienamente consapevole dell’esistenza della camera da letto e del mio corpo fisico sotto di me, l’unica cosa che mi premeva adesso era andare verso quella luce.

Bastò il mio desiderio per muovermi in direzione della luce. Il movimento non richiedeva alcuno sforzo. Ero ormai proiettata come un razzo verso di essa con la testa in avanti, le braccia lungo il corpo e i piedi sotto di me. La sensazione era quella di muoversi a milioni di chilometri all’ora. «Sembra proprio il tunnel che descrivono le persone al momento della morte» pensai. Eppure non mi sfiorava l’idea che una cosa del genere stesse capitando proprio a me e che potessi essere io a morire. Non avevo preoccupazioni o curiosità circa un’eventualità del genere. Ero completamente concentrata sul momento presente, senza pensare in alcun modo a cosa andavo incontro o cosa mi lasciavo alle spalle.

L’aspetto e la sensazione erano proprio quelli di trovarsi in un tunnel con una curvatura di 45°, con pareti arrotondate che mi circondavano. Non ero propriamente in grado di vedere i lati del tunnel ma c’era oscurità attorno a me, oppure la luce sopra di me era così forte che tutto ciò che mi circondava sembrava buio a confronto. Tuttavia la luce stessa era sempre sopra di me con un’angolatura di 45° e, mentre mi muovevo, tenevo la testa rivolta verso l’alto per mantenere un contatto visivo diretto con essa. La luce non mi dava fastidio agli occhi e non ne distolsi mai lo sguardo: non riuscivo a pensare ad altro se non a quanto intensamente la desiderassi e non vedessi l’ora di raggiungerla. E poi ricordo la felicità: un senso di estrema felicità, gioia ed entusiasmo.

Ricordo anche di non aver avuto in quel frangente alcuna percezione del tempo. Non avevo idea di quanto mi ci stesse volendo per muovermi a razzo lungo il tunnel e verso l’alto per andare incontro alla luce. Potevano essere 5 minuti, 5 anni o 5 secoli. Se dovessi darmi ora una spiegazione del perché la cognizione del tempo fosse così vaga penso che ciò fosse dovuto al fatto che mentre mi muovevo lungo il tunnel ero solo ed esclusivamente concentrata sul momento presente. Penso che il concetto di tempo così come noi lo intendiamo fosse semplicemente inesistente in quel momento, lì o nella luce. Il tempo non aveva importanza, né significato: era come se non esistesse. Mi trovavo in un tale stato di beatitudine da annullare ogni percezione di natura temporale.

Poi mi trovai su, in cima al tunnel e sopra di esso. Sapevo che il punto in cui c’era stato il tunnel si trovava alla mia destra e sotto di me: è per questo che adesso mi sentivo in qualche modo sopra di esso. Non so se mi trovassi nella luce, ma lì dov’ero non era possibile fare queste distinzioni: appariva tutto normale, così come doveva essere.

Poi vidi venire dalla mia sinistra un’intensa luce brillante che, avvicinandosi, si andava definendo in milioni di raggi colorati, per poi fermarsi proprio vicino a me e prendere gradualmente l’aspetto di un mio caro amico che sapevo essere in vita. Il suo viso entrò nella mio campo visivo sottoforma di raggi colorati e lo vidi sorridermi emanando i più elevati e profondi sentimenti d’amore. Fu così che mi resi conto che anch’io irradiavo i medesimi raggi colorati di energia e amore. Non mi ero accorta di essere fatta in questo modo fino a quando non notai queste caratteristiche nel mio amico. Il viso appariva il suo, ma il resto del suo “corpo” era costituito da questi raggi colorati di energia e luce.

Ricordo di quanto mi stupii della bellezza di tale energia e di essermi chiesta perché non abbiamo o percepiamo questi colori di energia di amore anche nel mondo fisico.

Comunicavamo attraverso il pensiero e la comunicazione si trasmetteva in modo istantaneo: nel giro di pochi istanti ci scambiammo il contenuto di ore e ore di conversazione e non saprei proprio come tradurre tale comunicazione in parole. Tuttavia c’è una cosa che ricordo chiaramente: il mio amico mi porgeva un regalo. Si presentava come un piccolo pacchetto incartato che ora avevo fra le mani. Com’era grazioso! Mentre lo ammiravo lì fra le mie mani non vedevo l’ora di poterlo scartare per vedere cosa c’era dentro. Il mio amico rise affettuosamente comunicandomi che il dono era in realtà il momento che stavamo vivendo. Il suo dono per me era il fatto di avermi raggiunta in quel luogo. Aveva percepito che mi trovavo lì e aveva voluto raggiungermi. Non capivo. Non so come avesse potuto saperlo né come facesse ad essere lì anche lui.

Mi resi conto che ci trovavamo entrambi su una sorta di frontiera.

Mi volsi a guardare al paesaggio che si estendeva a vista d’occhio al di là del confine sul quale il mio amico ed io ci trovavamo. Come ero felice qui! Sapevo di essere già stata qui molte volte, sebbene non ne ricordassi alcuna in particolare. C’era semplicemente questa forte sensazione di familiarità, come se fossi finalmente arrivata a Casa. Percepivo distintamente un confine ed era proprio su quel confine che io sostavo in quel momento. Il tunnel e il punto in cui avevo visto la luce si trovavano alla mia destra. Il mio amico era alla mia sinistra. Sapevo che dietro e sotto di me si trovavano la mia camera da letto e il mondo fisico. Ciò che si estendeva davanti a me era… Tutto Il Resto.

Sapevo che se avessi fatto un passo indietro mi sarei ritrovata nel mondo fisico e che se avessi fatto un passo avanti mi sarei trovata in Tutto Il Resto. Sapevo anche che se avessi fatto quel passo avanti non sarei più potuta tornare al corpo fisico, non avrei potuto completare la mia vita sulla Terra e non avrei potuto allevare i miei figli. Ricordo di averci riflettuto per un istante e di aver poi deciso che andava bene così: sarei rimasta lì. Sapevo che il trascorrere delle vite dei miei figli sulla Terra, qualora fossi rimasta lì, mi sarebbe parso non più di 5 minuti lì dove mi trovavo e poi i miei figli mi avrebbero raggiunta e saremmo stati insieme per sempre. Sapevo senza ombra di dubbio che li avrei riabbracciati e che in ogni caso sarebbero stati lì con me per sempre.

Quello che ho definito Tutto Il Resto era letteralmente tutto. Lo sentivo dentro di me: sapevo che qualsiasi cosa avessi mai potuto sentire, desiderare o pensare, lì era alla mia portata. Sapevo che li avevo accesso a tutto ed ero completamente libera. Ricordo di essermi sentita straordinariamente felice al semplice pensiero che tutto ciò che si estendeva davanti ai miei occhi era mio, o forse dovrei dire che era Me. Ed era sconfinato sia in senso spaziale che temporale. Non aveva fine. Era la totalità del mio essere ed era lì a mia completa disposizione perché lo potessi liberamente esplorare e ne potessi liberamente disporre.

Avevo quindi preso una decisione. Avevo deciso di rimanere lì. Tutto ciò che riguardava quel momento era perfetto: il mio amico che mi dava il benvenuto, il suo dono speciale per me, quei meravigliosi raggi colorati di luce e amore e la sensazione di puro amore incondizionato in cui mi sentivo immersa. Sapere che mi bastava fare un semplice passo per entrare nella mia Casa era tutto ciò che potessi mai desiderare. Non volevo altro che giungere finalmente a Casa.

La risposta che inviai telepaticamente al mio amico fu: «Non voglio più andar via». E fu in quel momento, come se avessi detto qualcosa di sbagliato, che sentii La Voce dire: «Torna indietro nel mondo fisico».

Quella che chiamo “La Voce” si riferisce a un’esperienza che ho avuto molte volte nella vita di tutti i giorni e che mi parla proprio come una voce umana, offrendomi consigli e dicendomi cose che non potrei sapere altrimenti. Negli anni avevo compreso che questo era uno dei modi in cui si manifestava la mia sensitività e in cui il mio Io Superiore mi parlava e mi consigliava. Già in precedenza mi aveva protetto da possibili pericoli o confermato che ero sulla strada giusta. Ed ecco ora La Voce qui, anche in questo luogo. Non avevo idea che ci fosse qualcun altro lì con noi finché non la sentii parlare. Sentirla mi fece trasalire e mi girai a guardare nella direzione da cui era venuto quel richiamo. Il suono della Voce veniva dalla destra e leggermente dietro di me, esattamente dove si trovava l’ingresso del tunnel. Tuttavia non vidi nulla.

Sentire La Voce è sempre un’esperienza meravigliosa e incredibile, ma io ero irremovibile e determinata a non tornare più indietro! La mia non era mancanza di rispetto per La Voce, che avevo sempre ritenuto essere la mia Guida più fidata, ma sapevo che questa era la mia vera Casa e non aveva alcun senso per me tornare indietro. Sentivo che non dovevo andar via da lì.

Mi girai a guardare il mio amico che mi stava ancora guardando sorridente, irradiando energia d’amore verso di me. Ricordo di aver pensato che non mi sarei mai lasciata convincere a lasciare questo luogo. Ero qui adesso: perché tornare indietro? Non avevo intenzione di andar via. Ero così felice in quel momento che non potevo neanche concepire un pensiero del genere.

Guardai il piccolo dono che stringevo fra le mani e lo strinsi fortemente al petto. Con delicatezza il mio amico mi disse: «Non puoi portarlo con te».

La Voce disse di nuovo: «Torna indietro nel mondo fisico». Fu in quel momento che mi resi conto che non mi stava semplicemente dicendo quello che dovevo fare: mi stava dicendo quello che sarebbe successo.

All’improvviso mi sentii risucchiare indietro così velocemente e con tale forza da non potermi in alcun modo opporre. L’esperienza di tornare indietro era molto diversa da quella che mi aveva portato verso la luce. Non ero per niente contenta. Cercai di resistere alla forza che mi trascinava indietro per rimanere lì dov’ero. Tutto ciò che riuscivo a vedere erano i raggi di luce colorata provenienti dal mio amico che diventavano sempre più sottili e più lontani, creando lo stesso effetto tunnel vissuto prima, sebbene questa volta il viaggio si rivelasse pressoché istantaneo. E così fui spinta indietro nel corpo fisico.

Ora ero sdraiata nel letto, nella stessa posizione supina in cui mi trovavo precedentemente, e avevo gli occhi aperti. La camera da letto era immersa nell’oscurità. Non c’era più il tunnel e non c’era più la luce. Non vedevo più la mia Casa. Vedevo solo il soffitto della camera da letto. Mi veniva da piangere ma ero anche molto arrabbiata. Ricordo di aver pensato: «Non è giusto! Non volevo tornare indietro! Quella era la mia Casa. La mia Casa! Perché portarmi lì e farmela vedere per poi riportarmi indietro? Non è giusto!» Rimasi lì sdraiata per un po’ cercando di indurre una nuova esperienza extracorporea, ma naturalmente senza successo.

Poi mi resi conto che il braccio sinistro era intorpidito, ma ero nel contempo intestardita da queste nuove sensazioni. Mi sfiorò l’idea che forse i valori della glicemia erano troppo bassi. Mi chiesi: «È stato questo dunque a farmi lasciare il corpo? È stato questo a farmi poi tornare indietro? Allora resto qui. Non ho voglia di controllare la glicemia. Resto qui e aspetto di morire di nuovo!» Ricordo che mi sentivo talmente arrabbiata da reagire come un bambino che fa i capricci: ma dentro di me sapevo che quell’atteggiamento non avrebbe funzionato.

Perché ero andata in quel posto? Stavo morendo? Era stato un incidente? Perché mi avevano mandato indietro? Perché mi era stata negata la scelta di rimanere? Quando il senso di intorpidimento divenne più evidente compresi di dover controllare la glicemia e malvolentieri mi alzai dal letto. Mi resi conto che il valore era 63: basso, ma non critico. Immaginai che durante l’esperienza doveva essere sceso pericolosamente e che poi era risalito permettendomi di essere ancora in vita. Ma era stato quell’evento a rimandarmi indietro al corpo fisico? O era stata La Voce a farmi tornare indietro in tempo? E chi era La Voce?

A tutt’oggi, a 15 anni di distanza, non ho ancora idea del perché non mi sia stato concesso di restare e sia stata invece mandata indietro. Tuttavia, con il passare del tempo, ricordo di essermi sentita grata del fatto di essere ancora viva e di avere la possibilità di continuare ad accudire i miei figli ed essere qui con loro. A un certo punto divorziai da mio marito a causa del rapporto difficile e traumatico che avevamo avuto, ma le cose poi migliorarono e ci sono state molte volte in cui sono stata consapevolmente grata di essere stata mandata indietro: sono tante le cose che mi sarei persa se non fossi tornata, sia in termini di esperienze di vita che di crescita spirituale. Oggi posso dire con certezza di essere contenta di essere tornata indietro.

Inoltre, ripensandoci adesso, sono anche contenta di aver conservato un ricordo così nitido della mia esperienza in quel luogo. Sono genuinamente convinta di essere stata lì svariate volte ma di non aver mai oltrepassato quel confine. Non ricordo le circostanze precise. Forse si è trattato di casualità o di anomalie per il fatto di aver avuto così tante esperienze fuori dal corpo nella mia vita. E il fatto che il mio amico (che è tuttora vivente) avesse avuto modo di essere presente in spirito su quel confine costituisce un’ulteriore prova per me che io sia stata lì in precedenza. Deve essere una cosa che è possibile fare! Il fatto che lui abbia scelto di venire lì, a darmi il benvenuto e quel dono… È una cosa che ha un grande significato per me, anche se per il momento non ne comprendo ancora a fondo le implicazioni. Ho provato ad accennarne al mio amico, ma lui non serba alcun ricordo cosciente dell’esperienza. Mi ha creduto e gli dispiace di non ricordarsene.

Una parte di me vorrebbe poter avere tutte le risposte, ma sento che, anche se ciò non è possibile, per me va bene lo stesso: le certezze che oggi ho e le cose che oggi so grazie alla mia NDE mi sono di enorme conforto. Tutte le domande che mi sono rimaste sono solo semplice curiosità.

Quello che è davvero importante è sapere con certezza che, quando morirò e lascerò per sempre il mondo fisico, la mia Casa sarà lì ad aspettarmi e potrò riabbracciare i miei cari, proprio così come sapevo con assoluta certezza, nel momento in cui ero disposta a tutto pur di non tornare indietro alla mia vita fisica, che avrei presto riabbracciato i miei figli e che saremmo poi stati lì assieme per sempre. Inoltre so che La Voce, che mi ha sempre guidato e dato consigli su cose che non potevo in alcun modo sapere, sarà ancora lì a guidarmi nell’Aldilà.

Da quando ho avuto questa esperienza, ho avuto molti incontri con persone care trapassate che mi sono venute a trovare, e questo è un altro costante promemoria del fatto che saremo sempre insieme. Immagino che se quel giorno del 2004 avessi fatto un passo avanti e oltrepassato il confine avrei trovato i miei cari lì ad attendermi. Se fosse stata veramente la mia ora, loro sarebbero stati lì.

Poiché La Voce che mi guida ha sempre saputo cos’era meglio per me e poiché in quella circostanza mi disse: «Torna indietro nel mondo fisico», so e mi è di conforto sapere con totale fiducia che quella era la cosa migliore per me. Anche se mi sono ormai riappacificata con me stessa e con il Tutto circa il fatto di essere stata obbligata a tornare indietro, mi è sempre di grande conforto sapere e rendermi conto che chi mi guida sa ciò che è meglio per me e mi tutela sempre, anche se io non sono consapevole della sua presenza.

Non dimenticherò mai l’incredibile stupore che provai quando mi resi conto che la mia Guida di sempre era anche . Non avevo alcuna cognizione che si trovasse lì e continuai a non averne fino al momento in cui mi parlò. Questo deve significare che chi mi guida è sempre qui con me anche quando non ne sono consapevole! Credo che questa sia una delle cose più rassicuranti e straordinarie che ho scoperto in questa esperienza. È proprio vero: non siamo mai soli!


È possibile contattare la Sig.ra Vicky Short, autrice del saggio autobiografico: Persephone’s Journey, all’indirizzo e-mail persephone092470@comcast.net. Vicky è autrice del Blog:  http://www.vickyshort.blogspot.com. La sua Pagina Facebook è https://www.facebook.com/Vicky-M-Short-198267046870499/ e il suo account Facebook è https://www.facebook.com/vicky.short.7. Vicky Short è anche amministratore e moderatore globale dei forum di discussione annessi al sito Afterlife Knowledge creato da Bruce Moen (1948 – 2017). Chi desiderasse porle dei quesiti in italiano può farlo tramite questo sito e le sue risposte saranno pubblicate in calce a questo articolo.

 

Il mio ex-capo e amico Dario è venuto a trovarmi a 48 ore dalla morte per dirmi che i “terminali” siamo noi e che nella vita non bisogna mai avere rimpianti

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri L’Aldilà è a portata di mano: Tre metodi collaudati per mantenere personalmente i contatti con chi ci ha preceduti nel Dopo-Vita, La verità sulla reincarnazione: Conforto e sollievo da un concetto spesso ambiguo e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

 

Dario aveva 55 anni. L’ho conosciuto intorno al 1990, quando il mio capo di allora dirigeva la direzione alimentare di una grande multinazionale americana, che a sua volta possedeva il 30% dell’azienda che Dario portava avanti, dopo la malattia e prematura scomparsa di suo padre. Anche se i nostri uffici erano separati da più di 200 km, ogni tanto Dario veniva a trovarci per relazionare il mio capo sull’andamento dell’attività. Poi, dopo circa tre anni, la multinazionale per cui lavoravo ha deciso di disfarsi delle proprie attività in Italia e il mio capo è stato trasferito in America.

Il mio lavoro successivo non è durato a lungo: l’azienda faceva parte di un’altra multinazionale che faceva del mobbing il suo mostruoso punto di forza e io mi sono ben presto resa conto che, pur essendo una segretaria di direzione, lì avrei potuto ammalarmi seriamente.

Era già da un paio d’anni che frequentavo l’Arthur Findlay College di Stansted (Regno Unito), sede dello Spiritualist National Union, che dedicava all’epoca ogni anno una settimana di insegnamento sulla medianità agli italiani (adesso le settimane sono diventate due, per venire incontro alle crescenti richieste da parte degli ospiti italiani). A Stansted c’erano medium professionisti, che acquisivano questo titolo dopo un adeguato corso di studi e di pratica: persone che erano in grado non solo di mettermi in contatto con i miei cari nell’Aldilà, per trasmettermi i loro messaggi e consigli, ma che riuscivano, tramite le proprie guide spirituali, a vedere la mia vita da una prospettiva più ampia, proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento così delicato.

Data la situazione di effettivo pericolo in cui mi trovavo a causa del mobbing, decisi, nel maggio del 1995, di andare a Stansted per una settimana, per avere un consiglio mirato su come tirarmi fuori da questa triste situazione.

Nel corso di quella settimana ebbi una seduta con un giovane medium, eccezionalmente bravo: Simon James.

Pur non sapendo nulla di me, Simon mi disse che mi vedeva in una situazione di difficoltà, per quanto riguardava il lavoro, una situazione che stava minando la mia salute (incredibile!!!). Ma mi disse di non preoccuparmi, perché, tempo sei mesi, ci sarebbe stato un cambiamento di lavoro e un trasferimento geografico. Devo precisare che, durante un consulto come questo, con un medium professionista, questi deve essere tenuto rigorosamente all’oscuro sulle circostanze di vita del consultante, per evitare condizionamenti ma soprattutto per assicurare che il contatto con il Mondo dello Spirito sia genuino. Inoltre, i medium spiritualisti ci tengono a precisare che non fanno previsioni sul futuro, anche perché, nel Mondo dello Spirito, non esiste il nostro tempo lineare e in più noi abbiamo il nostro sacrosanto libero arbitrio. Tuttavia, se le circostanze che porteranno a un determinato esito sono già in moto e sono oggettivamente prossime a verificarsi, e un nostro caro dall’Aldilà o una nostra guida spirituale desidera rincuorarci mettendocene a parte, si possono ricevere messaggi come quello che io ho ricevuto da Simon.

Tornai a casa un po’ risollevata. Era maggio. A novembre, di punto in bianco, ricevo una telefonata da Dario (la cui azienda si trovava a oltre 200 km di distanza). Mi chiede di contattarlo telefonicamente appena posso. Ricordo di averlo chiamato da una cabina telefonica quella sera stessa: Dario mi aveva conosciuto nelle vesti della segretaria di direzione di una persona che stimava e aveva avuto modo di conoscermi in quel contesto; adesso aveva bisogno di una segretaria e mi chiedeva se volevo trasferirmi.

Inutile dire che quella telefonata ha cambiato il corso della mia vita, e forse me l’ha anche salvata.

Nel giro di un mese mi ero trasferita in una ridente cittadina di collina, non lontano da dove avevo vissuto per diversi anni, prima della mia avventura metropolitana, che mi aveva visto prima all’apice di una carriera fantastica, con un lavoro decoroso, stimolante e piacevole, poi nel cupo inferno del mobbing.

Con il formarsi della mia famiglia e la nascita di mio figlio, pochi anni dopo, dovetti però dire addio al lavoro dipendente, perché purtroppo inconciliabile con gli impegni di mamma. Ma sono sempre rimasta amica di Dario e della sua famiglia, ci siamo frequentati prima del mio successivo trasferimento, e negli anni siamo sempre rimasti in contatto, vuoi per motivi di lavoro (sono poi diventata una libera professionista nel settore delle traduzioni), vuoi per i nostri comuni interessi per l’Aldilà e la medianità.

Una volta cessato infatti il rapporto di subordinazione professionale, abbiamo potuto sviscerare in totale serenità questi argomenti che per tanti restano un misterioso tabù. Fatto sta, che, verso la fine del 2012, Dario mi ha telefonato dall’ospedale dove era appena stato operato, informandomi di quello che si rivelò l’inizio del suo prematuro calvario, che dopo quattro interventi e invasive terapie, lo ha portato alla morte nel settembre del 2014. L’ultima volta che ci siamo sentiti era fine maggio, ed eravamo rimasti in contatto per un po’ per motivi di famiglia e di lavoro. La sua voce era squillante, il suo entusiasmo per la vita immutato, il suo coraggio encomiabile. Poi, una sera di fine settembre sono venuta a sapere della sua scomparsa il giorno prima. Non potevo crederci.

Quella sera l’ho passata su internet a leggere tutti gli articoli che confermavano quella tragica verità: una vita spezzata!!!

Dissi in cuor mio: «Dario, se vuoi testimoniarmi la tua sopravvivenza io sono qui! Non sono appannata dal lutto come potrebbe esserlo un familiare. Forse riesco a vederti!»

La prima metà della notte mi sono semplicemente sentita martellare in testa una data. Era la data del suo ultimo giorno di vita, ma anche il giorno del compleanno dei nostri figli (sono nati lo stesso giorno a un anno di distanza). Poi, all’alba (era ormai il 25 settembre), c’è stato un contatto fantastico, di una vividezza straordinaria. Preciso che nel mese di giugno del 2014 avevo perso il mio papà, e, a causa del lutto, pur avendo svariati contatti con lui, non ne avevo mai avuto uno così vivido come lo ebbi con Dario quella mattina. Non posso definirlo sogno: era qualcosa di più, anche se sicuramente in quel momento il mio corpo dormiva.

Dario appariva il ritratto della salute. Eravamo a casa sua, e vedevo quanto sua moglie stesse male. Dario la vegliava con infinito amore, e le è rimasto accanto fino al momento in cui si è addormentata. In quel frangente, mentre eravamo a casa sua e vicino a sua moglie, Dario ha espresso due concetti molto chiari. Uno era inteso a farmi capire che i veri “terminali” siamo noi, che ci consideriamo “vivi”. Lui, deceduto da 48 ore in una situazione che noi definiamo “terminale”, mi si presentava come il ritratto della salute e mi ha mostrato come noi fisicamente vivi non siamo che l’ombra di noi stessi, un pallido riflesso rispetto alla nostra vera essenza spirituale, unica, sconfinata, eterna.

Poi ha fatto un articolato discorso sull’importanza di lasciarsi i rimpianti alle spalle: ciascuno di noi ha, in questa vita terrena, una o più missioni da seguire: che siano di natura pratica o di natura spirituale, non importa; l’importante e portare avanti quella missione, quel progetto, con tenacia, coraggio ed entusiasmo, senza voltarsi indietro.

Poi, dopo il momento in cui, vegliando sua moglie, lei si è addormentata, è sparito tutto il contesto attorno a noi: casa, persone… Siamo rimasti solo noi due. È stato un momento molto emozionante per entrambi, e, per un qualche motivo, mi parve che lui mi fosse grato. L’emozione non derivava solo dal fatto che non ci vedevamo di persona da circa 14 anni, ma dal fatto che ci trovavamo là, oltre le frontiere della morte. E la sua gratitudine? Me lo sono chiesto e la risposta che mi sono data è stata che forse mi era grato perché io riuscivo a vederlo, e potevo testimoniare che lui era VIVO e che stava benissimo. Dopo questo momento particolarmente emozionante, Dario mi ha fatto un regalo speciale.

Mi ha accompagnato in un luogo dove c’erano tante persone, e fra queste c’era anche il mio papà, mancato tre mesi e mezzo prima, che per il dolore avevo difficoltà a incontrare.

I miei genitori conoscevano benissimo Dario di fama, essendo la persona che mi aveva tirato fuori dal mobbing e, salvandomi da quell’inferno, fatto trasferire lì dove avrei conosciuto mio marito e formato la mia famiglia. I miei sapevano anche che eravamo rimasti amici e che Dario si interessava moltissimo alle mie ricerche ed esperienze nell’Aldilà e che nel mese di aprile del 2014 era stato fra i primi a leggere un mio libro sull’argomento. Ma non sapevano forse le cose che avevo letto in tutti quegli articoli su internet la sera prima, della sua intraprendenza, delle sue molteplici attività, della sua vita entusiasta e coraggiosa stroncata a 55 anni. Per questo motivo, quando Dario mi ha accompagnato da mio papà nell’Aldilà, mi sono sentita onoratissima di poterglielo presentare di persona, quasi fosse stato una star del cinema.

Ecco, questo è Dario: uno spirito gentile ed entusiasta, che appena ne ha avuto l’occasione, dopo quasi due anni di lotta contro un male incurabile, è venuto da me a testimoniarmi che era vivo, a dirmi che i “terminali” siamo noi, ma che non dobbiamo avere rimpianti se portiamo avanti la nostra missione di vita, qualunque essa sia. Inoltre Dario mi ha anche accompagnato da mio papà, e questo è stato un regalo enorme.

Qualche notte dopo, ho rivisto Dario in sogno: era assieme alla sua famigliola, come se non fosse mai andato via. Un’altra testimonianza di quanto i nostri cari non scompaiano nel nulla al momento della morte, ma rimangano pienamente partecipi della vita delle persone che amano.

Ho saputo, circa un mese dopo questi avvenimenti, che Dario è stato ugualmente presente con i suoi familiari, e in modo decisamente eclatante, specie nei giorni della veglia che hanno preceduto il funerale, e che continua a essere loro vicino con grande forza e abnegazione. Mi basta chiudere gli occhi per sentire la sua voce entusiasta che mi incoraggia a fare questo o quest’altro.

Ho sentito una constatazione simile da un suo stretto familiare e questo mi dice che, anche dopo il nostro ritorno a Casa, conserviamo la nostra personalità, unica e speciale. Cosa posso dire di più? Grazie, Dario. Grazie per la tua amicizia!

(settembre 2014)

Come approcciarsi a un medium durante un consulto

Faccio seguito all’articolo gentilmente pubblicato in data 19.10.2018 dal Dott. Claudio Pisani per riproporrre quanto già condiviso privatamente più volte con i lettori che me ne hanno fatto richiesta.

La partecipazione a Stansted a centinaia di sedute con medium professionisti, in qualità di interprete, mi è molto giovata ai fini della conoscenza della tecnica medianica in sé.

Quando si approccia un medium per una seduta, è importante che il professionista rimanga completamente all’oscuro di qualsiasi nostra informazione personale,  perché anche il più onesto e coscienzioso rischierebbe di utilizzare quelle informazioni e così inconsapevolmente inficiare la seduta.

All’Arthur Findlay College, sede dell’SNU, dove ho appunto lavorato in veste di interpete dal 1994 al 1996, in un periodo in cui internet e i social (vera miniera d’oro di informazioni personali) non avevano ancora preso piede, era tassativamente vietato fornire alcuna informazione al medium, meno che mai dire con chi si desiderava o si sperava di comunicare

– primo perché nella medianità non esiste mai la garanzia di un contatto con uno spirito disincarnato specifico (infatti l’ansia di avere un contatto specifico può addirittura essere fonte di oppressione e insuccesso, così come può avvenire nel contatto diretto con un proprio caro scomparso), e

– secondo perché questa semplice informazione può inquinare e depistare il contatto con il medium, che deve essere del tutto spontaneo e non pilotato nell’esporre le proprie percezioni.

Bisogna quindi diffidare di sedicenti medium che iniziano la seduta chiedendo al consultante CON CHI desidera parlare (il medium NON è un centralino telefonico) perchè rispondere a questa domanda significa già inficiare l’esito di una seduta, che è in primis quello di dimostrare che i nostri cari sopravvivono alla morte del corpo fisico, tramite incontrovertibili prove di idenficazione personale.

Il fatto che in America sia in uso questa prassi non implica che essa possa essere di alcun aiuto ai fini della precisione di un contatto medianico; al contrario, essa non fa che incentivare i cosiddetti cold reading.

Inoltre, nei vari corsi sulla medianità cui ho partecipato a Stansted, si faceva sempre presente che tutti i medium sono sensitivi, ma che non tutti i sensitivi sono medium. Quindi è importante assicurarsi non solo che il professionista non chieda al consultante con chi vuole comunicare, ma anche che egli non gli ponga assolutamente domande sulla sua persona o sui suoi cari, perché non lo si aiuterebbe. Una volta che il medium stabilisce un contatto, descriverà le proprie percezioni, alle quali il consultante potrà rispondere: “Sì”, “No” o “Non lo so”.

Un’altra peculiarità delle sedute medianiche è che, indipendentemente dallo stato di lutto o confusione in cui si trovi il consultante, questi ne uscirà comunque sollevato, rinfrancato, consapevole che esiste una realtà d’amore più grande.

Esiste infatti un codice deontologico che vieta ai medium di infondere negatività o aspettative negative al consultante, in quanto le persone a lutto o le persone più sensibili hanno una fragilità e vulnerabilità acuite, e la responsabilità che il medium ha nei loro confronti è enorme proprio per questo motivo.

È proprio per questo che si richiedono anni di studio e preparazione per esercitare.

La magia del piano astrale – Appunti di viaggio dai mondi sottili

E se vi dicessi che, non solo l’Aldilà, ma tutto il mondo dei nostri sogni è a portata di mano, se ne comprendiamo i meccanismi più profondi?

Questa serie di mini Kindle illustra appunto, dal mio personale punto di vista, i concetti che da millenni sono coltivati da culture tradizionali che si allineano ai principi di Amore e rispetto e che costituiscono la Regola Prima del Mondo dello Spirito: principi che noi esseri umani siamo audacemente venuti a manifestare anche sul piano fisico e che anche la fisica quantistica comincia ad essere in grado di confermare.

Il primo volume, uscito il 31 agosto scorso, illustra le basi da cui partono le mie riflessioni, riflessioni che espongo non solo in qualità di viaggiatrice astrale ma anche e inevitabilmente tramite l’accresciuta consapevolezza che, sebbene a singhiozzo, queste esperienze portano con sé.

Il primo volumetto

sarà scaricabile gratuitamente per tre giorni da questo link a partire dalle ore 9 di oggi sabato 15 settembre 2018 e fino alle ore 9:00 di martedì mattina, 18 settembre.

La premessa è quella che veniamo da una Fonte di Puro Amore, fatta di gioia e senso di apparentenza, e ad essa invariabilmente ci allineaiamo quando ne ascoltiamo gli inviti, che sono scolpiti in noi da sempre in quella che definisco la nostra bussola interiore. Se da essa ci discostiamo, già semplicemente perdendo la nostra autostima, proiettiamo nel Mondo un immagine distorta di noi stessi, che invita i nostri compagni di viaggio a fare altrettanto.

Se invece riprendiamo in mano la Regola Prima da cui scaturisce tutto il creato, come un sasso langiato in uno stagno, irradieremo attorno a noi tutte le certezze, gli stati d’animo e le competenze che ci animano al di là dello spazio e del tempo.

La nostra bussola interiore ci permetterà infatti di scegliere, in modo semplice e nel contempo rispettoso degli altri, gli strumenti che meglio si prestano a colmare il divario fra il nostro piccolo io immerso nel mondo fisico e intento a creare la nostra realtà sul piano terreno e il nostro Vero Io partecipe di ogni cosa, liberandoci dall’oppressione che il senso di separazione o isolamento possono creare in noi.

Lo scopo non è quello di dominare le forze della natura o controllare gli altri, ma semplicemente quello di riscoprire l’incanto, la meraviglia e l’innocenza che ci permettono di apprezzare le dimensioni invisibili e accedervi ogni qualvolta possibile, aprendo così tutte le porte.

Cinque miti sull’Aldilà che desidero sfatare

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri

L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

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L’Aldilà e la vita dopo la morte sono temi che mi hanno sempre incuriosito e appassionato. Proprio per questo, prima ancora di cominciare ad avere spontanee esperienze fuori dal corpo intorno ai 29 anni, avevo già passato gran parte del mio tempo a fare ricerche sull’argomento.

La mia fortuna è stata quella di aver cominciato a pormi domande e a cercare risposte sull’Aldilà parecchi anni prima di essere colpita dal lutto per la perdita di una persona cara. Rircodo infatti di aver avuto l’opportunità di parlare dell’argomento con entrambe le mie nonne, sia da piccola che da giovane adulta.

Negli anni, questo si è rivelato un enorme vantaggio, sia perchè da bambini si è molto più aperti a recepire concetti che esulano dalla realtà fisica oridinaria, sia perchè (come avrei poi scoperto a mie spese) quando si soffre per la perdita di una persona cara le certezze che non sono fondate su convinzioni profonde possono essere messe a dura prova. Il lutto e la sofferenza per la morte fisica di una persona cara possono costituire uno shock, un terremoto emotivo che può portarci a mettere seriamente in discussione ciò che magari prima contemplavamo solo in teoria. Come ho potuto constatare di persona, può volerci davvero tanta pazienza per elaborare il lutto per la perdita fisica di una persona cara, anche quando si hanno esperienze di prima mano circa l’esistenza di un dopo-vita e la possibilità di rimanere in contatto con chi fisicamente non c’è più.

In particolare, i sogni, i sogni lucidi (sogni in cui si è consapevoli di sognare) e, dopo un cauto periodo di rodaggio, le cosiddette esperienze fuori dal corpo mi hanno permesso negli anni di maturare conoscenze basate su esperienze di prima mano, che almeno per me si sono rivelate essenziali per rendermi conto che il corpo fisico costituisce un veicolo temporaneo e che la coscienza è in grado di esplorare altre dimensioni che sono ugualmente reali e tangibili quanto quelle esperite sul piano fisico.

Dopo oltre un migliaio di OBE e centinaia di esperienze transpersonali, ci sono in particolare cinque miti che desidero sfatare sull’Aldilà:

1. Non c’è nulla di morboso o patologico nel sentire il bisogno di tenersi in contatto

Avendo personalmente ricevuto un’educazione religiosa superficiale e incapace di rispondere ai miei quesiti sulla vita dopo la morte del corpo fisico, l’unica risposta ricevuta alle mie ostinate domande sull’argomento a catechismo era che i morti devono “riposare in pace”, che anzi non vanno “disturbati” o “distratti” dal proprio percorso di espiazione o evoluzione e che il nostro unico compito è pregare per la salvezza della loro anima.

Al contrario, in tutte le mie esperienze di contatto diretto con i defunti, cui si sono aggiunte quelle vissute tramite tecniche meditative finalizzate al contatto medianico, ho avuto modo di appurare che i nostri cari sono desiderosi di farci sapere che sono vivi, guariti da eventuali malattie o traumi fisico, felici, al sicuro e desiderosi di far parte delle nostre vite, vigilare su di noi e guidarci.

Ho anche scoperto che il fatto di sentire improvvisamente l’assenza di un proprio caro o pensare all’improvviso a lui o lei sono entrambi vividi segnali che gli spiriti disincarnati usano per farci sentire la loro presenza e vicinanza, proprio come succede talora quando pensiamo a una persona e nel contempo questa ci telefona o bussa alla porta.

2. Ogni religione o sistema di credenze incentrato sull’amore è ugualmente prezioso

Da piccola mi chiedevo come mai per esempio, i comunisti dell’Est Europa nati e cresciuti in un contesto ateo fossero destinati a bruciare per sempre all’inferno.

Successivamente, alla fine degli anni ‘90, mi sono imbattuta in una nuova forma di fanatismo dogmatico, secondo la quale chi muore con un determinato sistema di credenze può andare incontro a pericoli nell’Aldilà, in quanto le nostre aspettative danno luogo e forma alla nostra destinazione nel dopo-vita. In casi estremi, questi derelitti non si renderebbero nemmeno conto di essere morti, non troverebbero nessuno a riceverli nell’Aldilà e dipenderebbero dal buon cuore dei viventi che frequentano specifici corsi di “recupero” finalizzati ad attirarne l’attenzione e a portarli alla Reception del Paradiso.

Con il tempo, mi sono resa conto che, fatta eccezione per le tante persone che portano avanti questi discorsi in buona fede, ogni forma di fondamentalismo dogmatico nasce al fine di manipolare e controllare il prossimo, vuoi per paura, vuoi per denaro, vuoi per potere, vuoi per un semplice bisogno di gratificare il proprio Ego. E quale manipolazione migliore di quella di proiettare nell’Aldilà le medesime dinamiche distruttive che possono verificarsi sul piano fisico? Ed ecco profilarsi scenari terrificanti, quale la dannazione eterna, la reincarnazione forzosa nel tempo lineare o addirittura la “seconda morte” o morte definitiva dell’anima.

Al contrario, in base alle esperienze maturate e raccolte anche dallo studio delle NDE o esperienze di premorte, non c’è proprio nulla di male nel maturare o attenersi a uno specifico sistema di credenze nel corso della vita fisica. Quest’ultima è appunto finalizzata all’esplorazione e alla creazione in un contesto inconcepibile per gli spiriti mai incarnati (che conoscono solo il puro amore incondizionato). L’importante appunto è sentire o riscoprire la centralità dell’amore, dell’amor proprio e dell’amore per il prossimo, anche se spesso ci si dimentica dell’importanza di volersi bene.

Infatti, coloro che sono morti e hanno avuto modo di tornare o di comunicare in qualsivoglia maniera, insistono sul fatto che l’amore è l’essenza di tutto e che la morte è un gioioso ricongiungimento con la nostra vera essenza, con i nostri cari e con il tutto.

3. La morte non è un momento di smarrimento ma di risveglio 

Quando abbandoniamo il piano fisico e ci risvegliamo dall’illusione che la vita di spiriti incarnati comporta, abbandoniamo anche il tempo lineare a lo spazio tridimensionale. Sebbene i nostri cari possano, dopo la morte, vivere una fase di sonno ristoratore (come lo definisce il ricercato Ernesto Bozzano), una revisione di vita e una fase di riflessione introspettiva su quella che è stata la propria vita su questo piano, queste fasi non si verificano nel nostro tempo fisico e non possono condizionare la possibilità che i nostri cari hanno di far sentire la propria presenza attorno a noi.

In altre parole, la morte è un’esperienza molto delicata, delicata e semplice, che il grande ricercatore nel campo dei fenomeni psichici e medium W.T. Stead ebbe a descrivere “come il passaggio da una stanza a un’altra”. Sebbene essa possa comportare una fase di frustrazione nella constatazione che il nostro spirito disincarnato non sia visibile ai nostri cari che ci piangono, a questo si accompagna subito il conforto che le persone care rimaste fisicamente in vita si risveglieranno dal sogno in cui sono immersi in un batter d’occhio, per quanto li riguarda, proprio perché con il trapasso si esce dal tempo lineare.

Anche lo spirito di persone malvagie, come l’ex-ufficiale nazista menzionato nel libro Visioni dell’Aldilà  del Dott. John Lerma, che durante uno stato di coma visse un’esperienza all’insegna dell’oscurità e del senso di colpa che gli sembrò durasse dei secoli, non è soggetto al nostro tempo lineare.

Chi, ipotizzando l’esistenza della dannazione eterna, non prende ad esempio crudeltà e sadismo, come nel caso dei responsabili dello sterminio degli ebrei in occasione della II Guerra Mondiale?

Questo paziente, che dopo la guerra era emigrato in Sud America e non aveva confessato neanche a sua moglie le proprie malvagità, prima di morire cadde in coma e visse un’esperienza di premorte in cui si ritrovò in una sorta di caverna oscura, assieme a spiriti di persone che si erano macchiati di crimini analoghi. Schiacciato dal senso di colpa che gravava sulla propria coscienza, gli ci vollero quelli che gli parvero secoli per chiedere aiuto e per accettare il riscatto che rivivere l’effetto delle proprie azioni sugli altri gli avrebbe donato. Tuttavia, quando si risvegliò dal coma erano passate soltanto 48 ore, ed ebbe il tempo di condividere con il Dott. Lerma la sua esperienza prima di morire

Da ultimo, ma non da meno, noi uomini siamo esseri multidimensionali e abbiamo modo, se lo desideriamo, di vivere la nostra esistenza su vari piani e in varie modalità: di qui anche il concetto di reincarnazione, che può, se interpretato alla luce dei nostri concetti terreni di spazio e tempo, anche dar luogo al timore di non ritrovare al momento della morte un proprio caro, perché ipoteticamente impegnato a vivere un’altra vita. Tuttavia, sulla base di quanto ci dicono i sopravvissuti a una esperienza di premorte o NDE, qualora venga ricordata più di una esistenza, queste sono percepite come “simultanee” e in nessun modo in grado di pregiudicare la nostra identità personale unica e indistruttibile. Questo significa che non perdiamo mai di vista i nostri cari. Il mio libro Looking Beyond the Fishbowl: A New Comforting Perspective on Reincarnation (attualmente in fase di ampliamento in italiano La verità sulla reincarnazione: Conforto e sollievo da un concetto spesso ambiguo), è interamente dedicato a dipanare la matassa dei preconcetti e dei possibili timori che possano affliggere una persona a lutto quando si confronta con la letteratura su questo argomento.

4. Non esistono spiriti inferiori legati alla terra che possano infestare, possedere o altrimenti intromettersi nelle nostre vite     

La morte non comporta l’esigenza o necessità di “passare oltre” e abbandonare un piano per poter proseguire la propria esistenza in un altro. In altre parole non esiste con la morte l’esigenza di andare altrove.

Non ci sono spiriti intrappolati cui sia dato tormentare i vivi o infestare case e persone come la letteratura e cinematografia horror sul dopo-vita suggeriscono. Al contrario siamo attorniati da creature angeliche che ci proteggono e ci guidano costantemente.

Anche se il dopo-vita comporta per gli adulti una fase di presa di coscienza, adeguamento, riflessione introspettiva, questa è di natura personale e individuale, e, come già accennato, non si verifica nel nostro tempo. Tutti noi, i cosiddetti “vivi”, così come i cosiddetti “morti”, siamo costituiti della stessa essenza, della medesima “materia prima”: lo spirito. Venuto meno il collegamento con il corpo,  il nostro spirito tende naturalmente a disinteressarsi di tutto ciò che lo preoccupava riguardo alle esigenze del corpo fisico: malattia, vecchiaia, bisogno di procurarsi il pane quotidiano e un tetto sulla testa sono pensieri che non riguardano lo spirito disincarnato. Quello che un tempo poteva essere il lavoro necessario per procurarsi da vivere si rivela per quello che è: missione, vocazione, hobby, creativa esplorazione, viaggio di istruzione e di piacere a un tempo.

Quando ci risvegliamo dall’illusione imposta dall’incarnazione sul piano fisico,  ci ritroviamo istantaneamente nella nostra vera casa in spirito, che, come spiegato nel libro L’Aldilà è a portata di mano, ricomprende la famiglia e la casa create sul piano terreno, vera casa che riconosciamo istintivamente grazie al senso di appartenenza e magnetico amore incondizionato che vi troviamo.

A quel punto ci rendiamo conto che il piano fisico non è altro che un’emanazione più densa di un meraviglioso insieme.

Quindi, se da una parte la morte non separa, dall’altra non comporta e non permette invasioni della privacy, né in senso né nell’altro.

In considerazione di questo, al contrario del caso di chi ha una esperienza di premorte o NDE e ha avuto l’opportunità di scegliere di tornare all’esistenza fisica, coloro che compiono in modo definitivo il proprio trapasso non hanno bisogno di tornare nel corpo fisico per stare vicini ai propri cari; sanno infatti che siamo e saremo sempre assieme è che in un batter d’occhio i loro cari fisicamente vivi riacquisteranno anch’essi tale consapevolezza.

L’idea che fantasmi o spiriti inferiori possano infestarci o che, al contrario, se uno spirito disincarnato non compie un passaggio specifico che lo porti “nella luce”, rassegnandosi così a non più comunicare con i propri cari (vedi popolari serie TV come Ghost Whisperers) non sia in grado di progredire verso la propria meta, non sono che modalità con cui proiettiamo nelle nostre aspettative sul dopo-vita le medesime cognizioni di spazio-tempo, meriti e punizioni, su cui modelliamo la vita terrena.

Se da una parte è vero che forti emozioni represse, come dolore, risentimento, rabbia e frustrazione, da parte di persone fisicamente vive possono dar luogo a fenomeni psichici incontrollati come quelli denominati poltergeist, agli spiriti disincarnati non è consentito interagire con noi se non in modi delicati e non invasivi (si veda per esempio l’articolo: Come fanno i nostri cari a contattarci dall’Aldilà).

Gli invadenti fenomeni riportati in relazione a cosiddetti luoghi “infestati” si nutrono dell’energia psichica derivante dall’aspettativa dei viventi.

5. Lo spiritismo di matrice religiosa rischia di essere distorto dai dogmi che lo hanno generato

I fenomeni medianici generati da una corrente religiosa di matrice dogmatica risultano inevitabilmente inquinati dalla cultura e dal tempo in cui si verificano. I criteri che risultano più difficili da gestire dal medium ricevente sono i concetti di spazio e tempo, o meglio il carattere del tutto individuale e personale che spazio e tempo assumono oltre la vita fisica.

A maggior ragione, le trasposizioni cinematografiche, come nel caso del film Nosso Lar (2010), che è semplicemente ispirato a un libro dello spiritista brasiliano di matrice cristiana Chicho Xavier (1910- 2002), non possono che incrementare il divario fra ciò che viene comunicato al medium e ciò che viene propinato agli spettatori.

Nel libro omonimo scritto da Xavier nel 1944, su cui è basato il succitato film recentemente doppiato in italiano, si dà in pasto agli spettatori, in cambio di qualche briciola di verità, un Aldilà ingiusto governato dalle medesime leggi ingiuste che possono governare certe realtà della vita terrena. Il “Dio” prospettato in questa sorta di colonia brasiliana del dopo-vita è il Dio spietato dell’Antico Testamento, che pur venendo dichiarato “giusto” non sembra provare alcun amore per le creature, abbandonate inermi alla mercè di spiriti inferiori. Quello che maggiormente interessa, ai fini del contatto con i trapassati, è che il messaggio trasferito sia dal libro che dal film Nosso Lar è che la legge è legge e la legge non ammette ignoranza (per esempio, chi in vita non ha creduto all’esistenza di un dopo vita, deve pagare anche se non è colpa sua). Il libro sui cui si fonda il film presenta un’Aldilà in cui ci si fa beffe non solo della medianità e dell’amore che possa legare le persone, ma anche dello stesso spirito Cristiano.

Molto più affini alle esperienze di prima mano dei sopravvissuti a NDE (e alle mie esperienze pesonali) sono le risultanze della medianità Nord Europea e Nord Americana.

Il messaggio, cosciente o incosciente, dell’autore di Nosso Lar tradisce l’intento dogmatico, mirato al terrorismo psicologico diretto a chiunque si azzardi ad affacciarsi su questa terra poco esplorata, che è il dopo-vita, senza la guida e l’interpretazione del manipolatore di turno.


Per chi mi ha chiesto un commento sul film e libro Nosso Lar, aggiungo qui un approfondimento.

Il mio unico scopo nello scrivere questo articolo è la tutela delle persone a lutto e del diritto di tenersi in contatto con i propri cari, se non direttamente tramite un medium professionista.

Gli inferni personali delle persone malvagie sono un dato di fatto acclarato e innegabile. Proponevo nell’articolo l’esempio estremo di un ex-ufficiale nazista che, pur di non cedere al ricatto dei propri superiori, che minacciavano la vita di moglie e figli, aveva attivamente collaborato allo sterminio di un altissimo e imprecisato numero di persone. Nell’articolo cito anche la fonte, che è una raccolta di esperienze definite “A letto di morte”.

La letteratura spiritualista raccoglie anche altri esempi di inferni personali vissuti da persone che, non solo hanno trattato sadicamente il prossimo a livello fisico, ma anche a livello morale. Faccio riferimento a tali casi proprio per spiegare come la durata e dimensione dell’esperienze post-vita di queste persone non avviene secondo il metro del “nostro” tempo lineare, sebbene ai reprobi non sia concesso comunicare durante tale fase con i propri cari, proprio a tutela degli spiriti ancora incarnati.

Il film Nosso Lar è la versione edulcorata di un libro che ho letto negli ultimi giorni e che tratta di una ipotetica colonia brasiliana del dopo-vita che proietta nell’Aldilà dei “penitenti”, dei “redenti” e anche della gente per bene molti dei limiti che si possono ritrovare nell’Aldiquà, quali i principi di penuria, conflitto e ingiustizia.

L’autore Xavier precisa prudentemente che tale colonia si distingue nettamente da altre colonie di estrazione ad esempio europea. Il fatto che mi pare renda tale tipo di letteratura un’offesa all’intelligenza riguarda vari aspetti, ma in questa sede mi limito a uno solo: la proiezione di questo non-amore e di questa linearità del tempo dall’Aldilà all’Aldiquà.

Il caso più inquietante è quello di una mamma per bene ma disperata cui viene negato di poter guidare i figli ancora in terra semplicemente perché non ha ancora maturato i “crediti” necessari che le deriverebbero da lavori per la sua sensibilità intollerabili.

Il protagonista, un medico che ha avuto il demerito di aver avuto una vita agiata durante gli studi e durante i 15 anni di professione, ha però il merito di aver curato gratuitamente 16.000 pazienti, sebbene lo abbia fatto con un certo senso di condiscendenza. Le raccomandazioni e intercessioni che glie ne derivano gli permettono di accorciare i tempi che lo dividono dal rivedere i propri cari. Dopo otto anni nell’Umbràl alla mercé di ogni bruttura e un solo anno di praticantato nella colonia, gli viene concessa una “licenza premio” di sette giorni per far visita alla propria famiglia in terra, secondo un regime che definirei carcerario.

Senza entrare nel merito di ciò che succede dopo, resta il fatto che, secondo questa visione, anche la figlia, che sente tanto la mancanza del padre, non può avere sue notizie per nove lunghi anni.

Se da una parte sia per molti versi comodo pensare che ciò sia possibile, poiché dà a chi soffre sollievo e pazienza e a medium poco preparati una scusa, questo fatto non vero può aggravare uno stato di lutto, ragion per cui lo considero inadatto ad un pubblico vulnerabile.

 

 

 

La magica consapevolezza che tutto è possibile

Chiunque segua questo sito sa che mi sono sempre occupata prevalentemente di aiuto alle persone a lutto che desiderano ripristinare i contatti con i propri cari – amici o parenti – che sentono di aver perso a seguito della morte del corpo fisico.

Chi ha letto i miei libri e i miei articoli, come anche le migliaia di post pubblicati in forum in lingua italiana ed inglese dedicati alla spiritualità, al soprannaturale e al cosiddetto “paranormale”, sa che l’enfasi del mio messaggio è quella di rassicurare chi soffre per la morte di un proprio congiunto circa il fatto che la morte non è che il risveglio definitivo da un’illusione in cui ci credevamo davvero prigionieri di un modo materiale, in pericolo, soli, ammalati o separati gli uni dagli altri.

Chi segue i miei scritti sa anche quanto mi oppongo a qualsiasi concetto che, facendo leva sulla paura dell’ignoto, dell’abbandono, della separazione e della morte, cerca di manipolare le persone proiettando nella loro visione dell’Aldilà le medesime dinamiche in uso in questa vita terrena per spaventare e controllare il prossimo.

Esempi di questo terrorismo psicologico sono alcuni concetti che attribuiscono il controllo delle nostre esistenze a un dio fatto ad immagine e somiglianza di alcuni mostri umani, un dio impaziente, vendicativo, sadico e perverso. Altri esempi riguardano la nozione che ciascuna convinzione religiosa sia l’unica che possa garantire la salvezza dell’uomo e che chi non segue quella specifica strada è perduto. È il caso delle forme più fondamentaliste di svariate religioni e delle vere e proprie sette che si formano da esse.

L’ampio database ormai disponibile sulle esperienze di pre-morte (NDE) o di morte effettiva (ADE) di persone che, dopo un periodo di morte clinica strumentalmente accertato, sono poi tornate in vita per raccontare la propria esperienza , ci dice che “oltre” questa vita esiste la pienezza della conoscenza, fatta di infinito amore, comprensione e senso di appartenenza, dove chi nuoce al prossimo si rende conto di nuocere a tutti gli effetti a se stesso. Eh sì! Le parole “Ama il prossimo tuo…” che costituiscono la fonte e il nocciolo di tutti i credo religiosi, hanno un fondamento pratico e concreto.

Anche le visioni dei morenti (oggi in calo a causa dell’ampio uso di morfina nell’ambito della medicina palliativa) hanno sempre fornito una versione coerente con quanto i sopravvissuti a un’esperienza di premorte ci raccontano circa l’esistenza che ci attende oltre questa vita.

Perchè cerco di evidenziare la parola “oltre“? Perchè, in realtà, non ha nulla a che fare col nostro tempo lineare, con quello che normalmente intendiamo con “prima” e “dopo”. Con “oltre” intendo “al di là” del nostro tempo lineare, che da un punto di vista pratico non significa solo “al di là” di questa vita fisica, ma anche al di là

  • della nostra vita di tutti i giorni,
  • della nostra vita di veglia,
  • del nostro dialogo interiore,
  • del nostro pensiero cosciente, e così via.

Viene dunque naturale scoprire che in quell’oltre non esiste solo il mondo dei trapassati e la magia di poterli incontrare o comuncare con loro, ma anche qualsiasi altra meravigliosa opportunità che sentiamo di voler cogliere al di là di come siamo abituati a vedere la vita di tutti i giorni, nel rispetto dei principi universali di amore, pace, armonia, altruismo…

Per quanto mi riguarda, per poter affrontare queste tematiche che fin dall’antichità risultano ovvie a svariate culture tradizionali ed indigene che confidano nell’intuito piuttosto che nel razionalismo materialistico a sé stante, non ho solo cercato e studiato esperienze di prima mano.

In realtà, sono sempre stata affascinata dalle ricerche scientifiche che negli ultimi tre secoli hanno portato a un’esplorazione sempre più complessa e mirata circa la struttura della realtà in cui viviamo, ricerche che hanno ormai sfidato e messo in crisi i presupposti della fisica classica e che appaiono promettere il raggiungimento di un punto di incontro fra chi da sempre confida nella pienezza del proprio potenziale e chi si limita all’osservazione oggettiva e condivisa dei fenomeni.

Cosa c’è, secondo le più recenti scoperte scientifiche, al di là del nostro corpo fisico?

Eminenti esponenti della fisica quantistica stanno cercando di dimostrare che il vuoto non esiste nell’universo in cui viviamo e che la luce, come anche ogni altro aspetto dei mondi visibili ed invisibili, si muove in un grande campo di energia intelligente:

1) Tale campo di energia conterrebbe e permeerebbe tutto ciò che esiste e si verifica. Anche  noi vi saremmo immersi e di essa saremmo fatti.

2) Esso costituirebbe lo strumento di collegamento fra noi e il mondo, e fra il nostro mondo interiore e quello esteriore; ciò spiegherebbe  perché, quando per esempio preghiamo o inviamo pensieri radicati in emozioni positive verso una persona cara, ovunque essa si trovi, tali pensieri la raggiungano istantaneamente.

3) Nell’ambito delle nostre vite individuali, l’energia di tale campo costituirebbe una sorta di specchio, riflettendo conferme circa ciò che riteniamo essere vero nel mondo circostante: tutti (inconsapevolmente o meno) abbiamo aspettative e questo campo di energia intelligente avrebbe il potere di rifletterle e renderle manifeste come uno specchio.

4) In questo campo tutto sarebbe intimamente interconnesso, ed ogni particella rifletterebbe olograficamente il tutto.

Sulla base di tale assunto, per il quale mi sono riferita alla sintesi di Greg Braden e di altri studiosi attenti all’effetto dell’intuito e delle emozioni sulla realtà che viviamo, quello che ci aspettiamo è ciò che ha maggiori probabilità di verificarsi.

Questo ci spiega anche una delle frasi di Gesù riportate con parole diverse nei Vangeli a proposito del potere della preghiera:

« Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato» (Marco, 11:24)

Sapere di aver già ottenuto qualcosa che non violi le norme stesse del creato, basate sull’amore e sull’armonia, significa innescare in automatico un processo ineluttabile per la sua realizzazione. Tuttavia, non è sufficiente saperlo solo a livello intellettivo: bisogna saperlo a livello emozionale.

Ecco perchè per esempio le statistiche sulle esperienze fuori dal corpo ci dicono che chi ha avuto almeno 6 esperienze di questo tipo ha maggiori probabilitià di averne a piacimento: ormai si è convinto, a livello emotivo e anche subconscio, che la nostra coscienza non è legata a doppio filo al veicolo del corpo fisico e che, una volta che questa si sia disconnessa dalle incombenze della vita pratica durante il sonno, ha la possibilità di viaggiare in altre dimensioni.

Dunque l’aspettativa certa di un evento positivo e in armonia con il bene comune ha ottime possibilità di realizzarsi.

Se prendiamo in considerazione l’enorme percentuale di pensieri, azioni e comportamenti che viviamo ed attuiamo ogni giorno in modo subconscio ed in risposta a stimoli subconsci, ci rendiamo conto della potenzialità dirompente di emozioni quali l’aspettativa positiva, la gratitudine e la fiducia per poter raggiungere la pienezza del nostro potenziale.

Ma che significa comprendere la pienezza del proprio potenziale?

Tutti abbiamo sicuramente delle aspirazioni, dei sogni che ci motivano e che ci intrigano. Chi non aspira alla serenità, alla gioia, all’armonia, all’amore?

Nascere, crescere e vivere all’interno di una certa cultura significa esporsi ai condizionamenti e alle limitazioni che quella cultura impone, specie nel corso dei primi 6 o 7 anni di vita: sia a livello cosciente che subconscio, il modo in cui impariamo a percepire la realtà viene formato in modi spesso sottili e impercettibili proprio in quel periodo. Ed è a causa di tali condizionamenti che la nostra fiducia circa la possibilità di inseguire e realizzare i nostri sogni può incrinarsi. È stato così che nel corso dei secoli abbiamo dimenticato le premesse fondamentali alla radice dell’invito:

« Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato» (Marco, 11:24)

Ecco un aspetto nel quale vediamo invece oggi coniugarsi scienza e fede. Tuttavia, per il momento, i due approcci restano scissi nella mente di molti praticanti delle più svariate fedi religiose, che sembrano dedicare invece molta più attenzione ad aspetti cerimoniali e formali.

Nonostante gli insegnamenti a volte incomprensibili appresi da piccola su questi argomenti, la mia curiosità per ciò che è misterioso e sconosciuto mi ha sempre motivato a mettere in discussione qualsiasi paradigma condiviso o imposto in modo dogmatico, per capire quali verità potessero presentarsi oltre le apparenze.

Attratta da sempre da opere fantascientifiche che promettevano la possibilità di viaggiare nel tempo, di cambiare il passato prevenendo catastrofi già avvenute, di viaggiare liberamente verso dimensioni altre, improntate alla pace e all’armonia (o anche solo al trionfo di una romantica storia d’amore), ho avuto l’occasione di scoprire nel corso della mia vita che queste belle realtà futuribili potevano con il tempo realizzarsi davvero.

Dunque, avere fiducia nei sogni che, nel rispetto della pace e dell’armonia, ci si presentano in modo ripetitivo, riconoscendo in essi la nostra bussola interiore, costituisce sicuramente un punto di riferimento per risvegliare il proprio potenziale.

1. Un primo passo per trasformare i propri sogni in realtà è inseguirli, seguire le proprie passioni

È stato così che ho scoperto che il potenziale umano è meraviglioso, incredibilmente ampio e soprattutto realizzabile. Un esempio? Sognavo di potermi spostare istantaneamente nel tempo e nello spazio e con caparbietà ho trovato la mia strada per farlo.

È stato così che mi sono affezionata a quella che oggi è nota come la legge di attrazione almeno vent’anni prima che uscisse il documentario The Secret.

2. Un secondo passo per trasformare i propri sogni in realtà è capire che sono le emozioni alla base dei nostri pensieri a CREARE la realtà

Mossa da una gran curiosità circa la vita dopo la morte e il contatto con chi ci ha preceduti nel dopo-vita, ho sempre calamitato esperienze che mi aiutassero in un modo o nell’altro a conoscere questo argomento, così come persone che studiavano le medesime tematiche da svariate angolazioni.

3. Un terzo passo per trasformare i propri sogni in realtà è documentarsi 

L’ispirazione e la motivazione necessari ad inseguire le nostre passioni nascono spesso documentandosi sui traguardi raggiunti da persone che condividevano i nostri stessi interessi e che non si sono lasciate sabotare o distrarre da pensieri limitanti. L’ispirazione e la motivazione nascono anche da opere in apparenza fantascientifiche, che, grazie a una sospensione temporanea del giudizio razionale, ci permettono di calarci nel mondo che vorremmo creare. L’immaginazione ispirata dall’aspettativa positiva ha un effetto dirompente nel rendere possibile l’impensabile.

4. Un quarto passo per trasformare i propri sogni in realtà è allenarsi 

Mettere costantemente in pratica, anche nei piccoli fatti che compongono la nostra realtà quotidiana, i valori e gli insegnamenti che apprendiamo, giorno dopo giorno, circa il nostro meraviglioso potenziale, significa creare sempre, qui e ora, la migliore realtà possibile.

È questa la magica consapevolezza che tutto è possibile: non un lontano obiettivo da realizzare forse nel futuro, ma qualcosa di cui poter raccogliere i frutti tutti i giorni.

 

Un secondo stralcio dal mio libro “L’Aldilà è a portata di mano”

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri L’Aldilà è a portata di mano: Tre metodi collaudati per mantenere personalmente i contatti con chi ci ha preceduti nel Dopo-Vita, La verità sulla reincarnazione: Conforto e sollievo da un concetto spesso ambiguo e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

Ma è proprio vero che la persona cara non c’è più o non è più raggiungibile? Non è che magari siamo sintonizzati sul canale sbagliato, che la persona ci stia in realtà chiamando, parlando, mostrando delle cose… e noi non ce ne accorgiamo? Non è che magari la persona cara è proprio qui al nostro fianco e noi non ce ne rendiamo conto, pensandola in tutt’altro inaccessibile luogo?

In questo libro vedremo come ci si sente ad essere “disincarnati”, come ci si sente a tentare di comunicare con i nostri cari che piangono e non ci vedono, leggeremo qualche descrizione del meraviglioso mondo dell’eterna primavera, descritto da tanti spiriti disincarnati, dove i nostri cari pazientemente attendono che noi ci accorgiamo della loro presenza, proprio qui, in mezzo a noi, e di come essi stessi affermino che è molto più facile comunicare con una persona affettivamente cara (parente o amico) che non con un “tecnico delle comunicazioni”.

Scopriremo tre metodi collaudati, studiati per funzionare in momenti diversi, e a seconda delle situazioni e degli stati d’animo, con cui poter consapevolmente controllare e tenere traccia di un contatto che continua, incrollabile, a dispetto della dissoluzione del corpo fisico.

I tre metodi che esamineremo in questo libro saranno presentati in tre capitoli distinti. Essi sono:

  1. Contatto da svegli in un quieto stato meditativo
  2. Addormentamento consapevole
  3. Il sogno e il sogno lucido

Cosa più importante, scopriremo che il metodo prescelto, o magari più di uno, sono alla nostra portata, che noi possiamo metterli in atto con estrema facilità, purché lo vogliamo e ci concentriamo, e siamo disponibili a disinvestire un po’ delle nostre energie fisiche e mentali dal gioco di ruoli che ci tiene quotidianamente imprigionati, per destinarlo all’immensamente più libero, arioso e prezioso rapporto affettivo sempre vivo che ci lega ai nostri cari, sia in questa vita che nell’altra.

 

L’Aldilà è a portata di mano: Tre metodi collaudati per mantenere personalmente i contatti con chi ci ha preceduti nel Dopo-Vita di Giulia Jeary Knap è disponibile su AmazonSteetLib e Youcanprint. Per ulteriori informazioni: http://fracieloeterra.org/Aldilà

Uno stralcio dal mio libro “L’Aldilà è a portata di mano”

Un manuale su come mantenere personalmente i contatti con i propri cari nell’Aldilà potrebbe sembrare ardito, in un’epoca in cui l’attività di medium professionisti e certificati, che acquisiscono il proprio titolo dopo un opportuno corso di studi e di pratica, sta diventando sempre più popolare e sembrerebbe segnare una netta distinzione fra la persona “comune” che fa capo al professionista come intermediario e chi ha invece non solo ricevuto “il dono” ma ha anche studiato per affinarlo.

In realtà non è così. Noi non ci proponiamo di diventare professionisti della medianità, cosa che tra l’altro è tutt’altro che impossibile conseguire se si sente dentro di sé questa specifica passione e ci si applica a questa disciplina con pazienza e dedizione.

Il nostro intento è quello di rimanere in contatto con i “nostri” cari, usando gli strumenti che sono a disposizione di ogni singolo essere umano.

Come spesso sottolineerò in questo libro, noi tutti, i cosiddetti “vivi” e i cosiddetti “morti”, ma anche gli animali, le piante, le nostre case, il nostro pianeta, siamo fatti essenzialmente di spirito. Lo spirito è la nostra “materia prima” e grazie ad essa non siamo mai veramente separati gli uni dagli altri o dall’ambiente e dall’atmosfera in cui ci troviamo.

L’unico motivo per cui può risultarci laborioso sintonizzarci su questa dimensione dell’esistenza, sia fra persone fisicamente vive, sia con i trapassati, è il fatto che siamo abituati a investire buona parte delle nostre energie in un gioco di ruoli, che ci vede profondamente immersi, con la massima convinzione, in una determinata situazione di vita, che proprio grazie a questo convincimento supportato dalla cultura, dai rapporti interpersonali, dagli impegni quotidiani, dalle condizioni di salute, dai media, ecc., si replica, giorno dopo giorno, riproponendosi sempre uguale…

Fino a quando non succede qualcosa di apparentemente irreparabile. Una persona cara viene inghiottita in un misterioso buco nero, chiamato morte, e da un giorno all’altro non la vediamo più, non la sentiamo, non ci telefona, non ci parla, non ci scrive. I suoi oggetti personali sono lì, i vestiti sono sempre nell’armadio, la casa, i mobili, i soprammobili sono al loro posto, la macchina è in garage, il cellulare sul comodino, persino il profilo di Facebook (qualora se ne possedesse uno) continua a esistere …, ma quella persona cara da un giorno all’altro non c’è più.

Noi siamo di qua e loro sono di là, noi affaccendati e spesso schiacciati dalle incombenze quotidiane, e loro immersi nel riposo eterno, noi presi da mille e stressanti impegni, e loro assenti, chiusi in una tomba o nei nostri album fotografici…

L’Aldilà è a portata di mano: Tre metodi collaudati per mantenere personalmente i contatti con chi ci ha preceduti nel Dopo-Vita di Giulia Jeary Knap è disponibile su Amazon, SteetLib e Youcanprint. Per ulteriori informazioni: http://fracieloeterra.org/Aldilà

Perché ritengo che il giornalismo “costruttivo” sia l’unico approccio utile per illustrare la nostra percezione della realtà

Chiunque segua questo sito sa che mi occupo prevalentemente di aiuto alle persone a lutto che desiderano ripristinare i contatti con i propri cari – amici o parenti – che sentono di aver perso a seguito della morte del corpo fisico.

Chi ha letto i miei libri e i miei articoli, come anche le migliaia di post pubblicati in forum in lingua italiana ed inglese dedicati alla spiritualità, al soprannaturale e al cosiddetto “paranormale”, sa che l’enfasi del mio messaggio è quella di rassicurare chi soffre per la morte di un proprio congiunto circa il fatto che la morte non è che il risveglio definitivo da un’illusione in cui ci credevamo davvero prigionieri di un modo materiale, in pericolo, soli, ammalati o separati gli uni dagli altri.

Chi segue i miei scritti sa anche quanto mi oppongo a qualsiasi concetto che, facendo leva sulla paura dell’ignoto, dell’abbandono, della separazione e della morte, cerca di manipolare le persone proiettando nella loro visione dell’Aldilà le medesime dinamiche in uso in questa vita terrena per spaventare e controllare il prossimo.

L’ampio database ormai disponibile sulle esperienze di pre-morte (NDE) o di morte effettiva (ADE) di persone che, dopo un periodo di morte clinica strumentalmente accertato, sono poi tornate in vita per raccontare la propria esperienza , ci dice che “oltre” questa vita esiste la pienezza della conoscenza, fatta di infinito amore, comprensione e senso di appartenenza, dove chi nuoce al prossimo si rende conto di nuocere a tutti gli effetti a se stesso. Eh sì! Le parole “Ama il prossimo tuo…” che costituiscono la fonte e il nocciolo di tutti i credo religiosi, hanno un fondamento pratico e concreto.

Anche le visioni dei morenti (oggi in calo a causa dell’ampio uso di morfina nell’ambito della medicina palliativa) hanno sempre fornito una versione coerente con quanto i sopravvissuti a una esperienza di premorte ci raccontano circa l’esistenza che ci attende oltre questa vita.

Perchè cerco di evidenziare la parola “oltre”? Perchè, in realtà, non ha nulla a che fare col nostro tempo lineare, con quello che normalmente intendiamo con “prima” e “dopo”. Con “oltre” intendo al di là del nostro ingresso nel tempo lineare, che da un punto di vista pratico può semplicemente dire al di là di questa vita fisica, al di là della nostra vita di tutti i giorni, al di là della nostra vita di veglia, e così via.

Per quanto mi riguarda, per poter affrontare queste tematiche che fin dall’antichità risultano ovvie a svariate culture tradizionali ed indigene che confidano nell’intuito piuttosto che nel razionalismo materialistico a se stante, non ho solo cercato e studiato esperienze di prima mano.

In realtà, sono sempre stata affascinata dalle ricerche scientifiche che negli ultimi tre secoli hanno portato a un’esplorazione sempre più complessa e mirata circa la struttura della realtà in cui viviamo, ricerche che hanno ormai sfidato e messo in crisi i presupposti della fisica classica e che appaiono promettere il raggiungimento di un punto di incontro fra chi da sempre confida nella pienezza del proprio potenziale e chi si limita all’osservazione oggettiva e condivisa dei fenomeni.

Questi miei interessi mi hanno portato a staccare l’antenna della TV ben prima dell’arrivo di internet e di altri più invasivi mezzi di comunicazione di massa. Il mondo dell’informazione mi appariva fin dalla fine degli anni ’80 (periodo in cui ho cominciato a lavorare e ho acquistato il mio primo televisore) sempre più incline a dare rilievo a quanto di più allarmante o spaventoso capitasse, creando terrorismo psicologico e proponendo a chi accoglieva passivamente tali informazioni, un modello assolutamente falso della realtà che ci circonda, invitando così a forme di emulazione distruttiva chi non avesse sufficiente senso critico per rifiutare tale forma di ipnotico depistaggio.

Certo, mi rendevo conto che qualsiasi cultura ha il potere di condizionarci a livello subconscio, poiché è in grado di formare in maniera sottile e impercettibile il modo in cui impariamo a percepire la realtà. Tuttavia, la mia curiosità per ciò che è misterioso e sconosciuto, come anche per ciò che può aiutarci a scoprire il nostro pieno potenziale, mi ha sempre motivato a mettere in discussione qualsiasi paradigma condiviso o imposto in modo dogmatico, per capire quali verità potessero presentarsi oltre le apparenze.

Attratta da sempre da opere fantascientifiche che promettevano la possibilità di viaggiare nel tempo, di cambiare il passato prevenendo catastrofi già avvenute, di viaggiare liberamente verso dimensioni altre, improntate alla pace e all’armonia (o anche solo al trionfo di una romantica storia d’amore), ho avuto l’occasione di scoprire nel corso della mia vita che queste belle realtà futuribili potevano con il tempo realizzarsi davvero.

Ed è stato così che ho scoperto che il potenziale umano è meraviglioso, incredibilmente ampio e soprattutto realizzabile. È stato così che mi sono affezionata a quella che oggi è nota come la legge di attrazione almeno vent’anni prima che uscisse il documentario The Secret.

È stato così che mi sono resa conto dell’enorme responsabilità che gli storici, i giornalisti, gli scrittori e chiunque ci illustri in modo ufficiale o autorevole la realtà che stiamo vivendo, hanno al fine di permettere o meno a questo meraviglioso potenziale di sbocciare ed esprimersi alla massima potenza, per poter creare il miglior futuro possibile.

Eminenti esponenti della fisica quantistica stanno cercando di dimostrare che la luce, e tutto ciò che esiste, non si trova nel vuoto, ma si muove in un grande campo di energia intelligente:

1) Tale campo di energia conterrebbe e permeerebbe tutto ciò che esiste e si verifica.

2) Esso costituirebbe lo strumento di collegamento fra noi e il mondo, e fra il nostro mondo interiore e quello esteriore; ciò spiegherebbe  perché, quando per esempio preghiamo o inviamo pensieri positivi a una persona cara, ovunque essa si trovi, tali pensieri positivi la raggiungano istantaneamente.

3) Nell’ambito delle nostre vite individuali, l’energia di tale campo costituirebbe una sorta di specchio, riflettendo conferme circa ciò che riteniamo essere vero nel mondo circostante: tutti (inconsapevolmente o meno) abbiamo aspettative e questo campo di energia intelligente avrebbe il potere di rifletterle come uno specchio.

4) In questo campo tutto sarebbe intimamente interconnesso, ed ogni particella rifletterebbe olograficamente il tutto.

Sulla base di tale assunto, per il quale mi sono riferita alla sintesi di Greg Braden e di altri studiosi attenti all’effetto dell’intuito e delle emozioni sulla realtà che viviamo, quello che ci aspettiamo è ciò che ha maggiori probabilità di verificarsi.

Questo ci spiega anche una delle frasi di Gesù riportate con parole diverse nei Vangeli a proposito del potere della preghiera:

« Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato» (Marco, 11:24)

Ecco un aspetto nel quale vediamo coniugarsi scienza e fede. Tuttavia, per il momento, i due approcci restano scissi nella mente di molti praticanti delle più svariate fedi religiose.

Se prendiamo in considerazione l’enorme percentuale di pensieri, azioni e comportamenti che viviamo ed attuiamo ogni giorno in modo subconscio ed in risposta a stimoli subconsci, come è possibile che gli organi di stampa sembrino dare tanto rilievo a quanto di più cupo si verifica nell’arco di una giornata, relegando alle rubriche culturali o ai trafiletti fatti che hanno invece la potenzialità dirompente di innescare l’aspettativa positiva, la fiducia, lo scambio, la crescita, l’abbondanza, l’integrazione e così via?

Ecco un interrogativo meritevole di riflessione.

Il giornalismo costruttivo è quello che, presentando un campionario di informazioni che rifletta in modo il più fedele e obiettivo possibile ciò che succede nel mondo, e quindi anche tutti gli spunti che offrono aspettativa positiva, illustri anche i problemi e i drammi con proposte mirate alla loro soluzione e non a mero scopo scandalistico o intimidatorio.

 

L’approccio contrario, quello che mi ha portato a scegliere di ignorare o selezionare con cura i notiziari, è un approccio che, in base a quanto già sappiamo circa la vera natura dell’uomo e dell’universo, è in partenza perdente, ci distrae dai nostri veri scopi di vita e, quello che è peggio, tradisce la nostra coscienza, di qualsiasi colore, razza, cultura o credo noi siamo.

“Living with Grief: 36 Lessons from Life”

Per chi conosce l’inglese, ecco un’antologia appena uscita nella sua seconda edizione, frutto dell’opera di oltre 30 autori che, avendo esperienze personali di lutto, a seguito della perdita di una persona cara, o di una parte essenziale di sé, raccontano la propria storia, nella speranza di portare, con la propria testimonianza, conforto a chi ha vissuto o vive esperienze simili.

Queste storie ci rivelano esperienze profonde, ricche di sentimenti, che ci parlano non solo di sofferenza, ma anche di confusione, shock e senso di vuoto, sentimenti in cui il lutto ci può inaspettatamente proiettare.

La nota di speranza che questa antologia porta con sé sta nel fatto che ciascuna di queste persone ha trovato a proprio modo una via per continuare a vivere a dispetto del proprio dolore, anche se, sulle prime, si sentiva magari prigioniero di un labirinto di disperazione, e ha deciso di condividere una storia personale con il lettore, o con chiunque possa trarre ispirazione e motivazione dalla loro esperienza, per trovare così nuove prospettive di vita.

Il curatore, David Pierce, che insieme a sua moglie Judy è il fondatore dell’associazione senza fini di lucro  Friends Along the Road, si occupa dal 1999 di aiuto e sostegno alle persone a lutto, tramite forum dedicati, pagine Facebook e iniziative di vario tipo, allo scopo di offrire a chiunque soffra per la perdita di una persona cara, una sorta di sacro rifugio, un luogo di sosta, anche virtuale, in cui trovare riposo e conforto sulla propria strada. Sia David che Judy hanno dato un proprio contributo personale all’antologia.

Tale missione di vita è stata intrapresa dai coniugi Pierce dopo la morte improvvisa della figlia quattordicenne Lilli, travolta da un auto mentre tornava a casa con gli amici nel tardo pomeriggio di un tragico venerdì del novembre 1999.

Questa seconda edizione è stata interamente revisionata dal curatore sia nello stile che nella grafica, e sarà presto disponibile anche in versione kindle.

Due minuti di meditazione per ritrovare in un sogno lucido i nostri cari nell’Aldilà

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri

L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

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Ho sempre avuto una spiccata curiosità circa tutti i misteri della vita e quello che ci attende dopo la morte, ma fu solo intorno al 1988 che questa curiosità si tramutò in una sorta di emergenza, a causa della perdita di una persona cara, che mi era stata vicina fin dalla nascita. Per la prima volta, a ventisette anni, avevo l’urgenza di controllare di persona che mia nonna stesse bene e fosse al sicuro.

La mia prima scoperta fu che i sogni costituiscono una vera a propria porta che si affaccia su altre dimensioni della coscienza e anche sull’Aldilà, sebbene in quel periodo sembravo non avere il controllo sugli incubi o i sogni confusi di cui lo stato di lutto mi aveva fatto diventare una facile preda.

Ecco perché oggi vorrei parlare dell’importanza dei sogni lucidi e di come la meditazione possa costituire un veloce ponte per ottenere questo scopo.

Un sogno lucido è un sogno in cui siamo consapevoli di sognare. La meditazione, invece, è una pratica piuttosto semplice, per eseguire la quale spesso ci si mette seduti, in condizioni di quiete (in un luogo chiuso oppure all’aperto), con lo scopo di calmare la mente e dirigere la propria attenzione verso l’interno, per escludere sia il chiacchierio interiore che le distrazioni esterne.

A molti capita di avere contatti con i defunti in sogno. Tuttavia, in un sogno in cui si è consapevoli di sognare, diventa molto più facile programmare un incontro con un nostro caro nell’Aldilà, perché abbiamo almeno parzialmente il controllo dell’esperienza.

Il quesito è: perché i contatti con i defunti si verificano più facilmente durante i sogni, i sogni lucidi e la meditazione?

Nel mio libro L’Aldilà è a portata di mano, spiego che:

Come riferito dallo scrittore britannico Aldous Leonard Huxley (1894 – 1963) nel suo breve saggio “Le porte della percezione” (1954), secondo la teoria del filosofo francese Henri-Louis Bergson (1859 – 1941) sulla memoria e sulla percezione dei sensi, la funzione del cervello, del sistema nervoso e degli organi di senso sarebbe principalmente eliminativa e non produttiva (destinata cioè a eliminare informazioni, piuttosto che a produrne). «Chiunque è capace in ogni momento di ricordare tutto ciò che gli è accaduto e di percepire tutto ciò che accade dovunque nell’universo. La funzione del cervello e del sistema nervoso è di proteggerci contro il pericolo di essere sopraffatti e confusi da questa massa di conoscenza in gran parte inutile e irrilevante, cacciando via la maggior parte di ciò che altrimenti percepiremmo o ricorderemmo in ogni momento, e lasciando solo quella piccolissima e particolare selezione che ha probabilità di essere utile in pratica. Secondo questa teoria, ciascuno di noi è potenzialmente l’Intelletto in Genere. Ma in quanto animali, è nostro compito sopravvivere a ogni costo. Per rendere possibile la sopravvivenza biologica, l’Intelletto in Genere deve essere filtrato attraverso la valvola riducente del cervello e del sistema nervoso. Ciò che viene fuori dall’altro capo è il misero rigagnolo della specie di coscienza che ci aiuterà a vivere sulla superficie di questo particolare pianeta…».

Quindi, lo stato ordinario di coscienza sarebbe un misero rigagnolo di nozioni, se raffrontato a quanto saremmo effettivamente in grado di sapere.

La teoria di Bergson è stata ripresa da alcuni studi, quali quelli condotti dal Dott. Stanislav Grof (Praga, 1 luglio 1931), psichiatra e ricercatore nel campo degli stati di coscienza non ordinari, che ribadisce che il cervello avrebbe la funzione di operare come una valvola a riduzione, che ci protegge dall’eccesso di informazioni provenienti dal cosmo in modo da poterci concentrare sulle attività della vita di tutti i giorni.

Con la morte, tale valvola a riduzione cesserebbe di esistere: di qui le testimonianze di tante persone che hanno avuto un’esperienza di premorte e che hanno avuto la sensazione di essere inondati da una conoscenza universale.

Esistono però altre circostanze, come appunto lo stato meditativo o il sogno, che ci permettono di allentare la stretta della nostra valvola a riduzione: in altre parole, quando ci troviamo in un quieto stato meditativo, quando sogniamo, quando stiamo per addormentarci o ci stiamo risvegliando, può capitarci di sapere delle cose, di saperle in modi nuovi, e ciò ci pare del tutto naturale sul momento…

Per poter allentare la valvola a riduzione, è molto importante staccare la spina rispetto alle responsabilità o alle preoccupazioni pratiche del nostro quotidiano, in particolare quelle che richiedono la nostra piena attenzione (come per esempio guidare, cucinare, o anche solo preoccuparsi di ciò che Tizio o Caio possano aver detto o pensato). Nel nostro caso, il nostro scopo non sarà quello di essere inondati da una conoscenza universale, ma semplicemente quello di sintonizzarci su un’altra stazione, passando da uno stato “ordinario” di coscienza a quello che gli studiosi spesso definiscono uno stato “modificato” o “non ordinario” di coscienza. Come un raggio laser, potremo usare questa opportunità per focalizzarci su uno scopo specifico, come per esempio incontrare un nostro caro nel mondo dello spirito.

Poiché la meditazione può consentirci di raggiungere questo scopo, e la meditazione eseguita subito prima di addormentarci può portare a un sogno lucido, ho scoperto che questa tecnica può dare risultati sorprendenti.

Come già indicato, la meditazione è una pratica piuttosto semplice, da svolgersi in un momento in cui siamo ragionevolmente certi che non saremo disturbati e finalizzata a calmare la mente e a favorire la concentrazione. Molti trovano più semplice fare questo esercizio ad occhi chiusi, in  modo da ridurre le distrazioni e dirigere la propria attenzione verso l’interno. Se non vogliamo addormentarci, sarà utile fare l’esercizio in posizione seduta anziché sdraiata, e concentrarci su qualcosa di specifico, come per esempio:

  • seguire o contare i propri respiri (consiglio sempre, durante l’ispirazione e la successiva espirazione, di contare per un numero uguale di secondi, come per esempio 6 per l’inspirazione e 6 per l’espirazione);
  • concentrarci su quel brusio ininterrotto che è possibile sentire nelle orecchie quando tutto tace;
  • ripetizione di una parola o frase significativa;
  • visualizzazione di un luogo sereno.

Nel nostro caso, gli scopi della meditazione sono essenzialmente tre:

  1. Rilassarsi;
  2. Acquietare la mente e il dialogo interiore, scollegandoci temporaneamente dal mondo esterno;
  3. Allentare la valvola a riduzione (funzione che il cervello svolge per consentirci di essere efficienti nei nostri compiti quotidiani) e aumentare in tal modo la consapevolezza interiore che può darci modo di incrementare le opportunità di avere un sogno lucido, fissando bene nella mente il nostro progetto.

Come suggerisce lo scrittore J. Alexander nei suoi libri sul sogno lucido,  cominciare a meditare con sedute di due soli minuti è un ottimo sistema per acquisire questa nuova abitudine (o riprenderla dopo che la si è abbandonata), poiché due minuti sono un impegno tanto breve che non avremmo alcuna scusa per cercare di evitarlo. Inoltre, anche una persona che affronta un periodo di grave lutto e soffre di problemi di concentrazione non si sentirà scoraggiata da un esperimento così breve.

Una volta che avremo avuto modo di assaporare questa esperienza per qualche minuto e ci saremo resi conto dei suoi benefici, potremmo se ci fa piacere ritrovarci ad allungare spontaneamente le sedute.

Esistono tre momenti ideali per impiegare la meditazione al fine di programmare i nostri sogni ed arrivare poi a passare direttamente dallo stato di veglia al sogno lucido senza alcuna interruzione:

  1. Immediatamente prima di andare a letto

Questo è un momento della giornata in cui (salvo nel caso di un pisolino pomeridiano) saremo probabilmente troppo stanchi per passare direttamente alla veglia al sogno lucido. Tuttavia, due minuti di meditazione (specie se sdraiati) ci aiuteranno ad addormentarci e ci daranno l’opportunità di mettere a punto il nostro progetto onirico, che realizzeremo più tardi.

  1. Dopo 5 o 6 ore di sonno

Come ricordare i sogni

A questo punto, quando non è ancora ora di alzarsi ma la mente e il corpo sono già decisamente ristorati rispetto alla sera prima, le opportunità di usare la meditazione per innescare un sogno vivido o lucido sono decisamente più alte. Questo è il momento migliore per riprendere la nostra seduta di meditazione serale e usarla per osservare con distacco quelle fugaci impressioni visive, uditive o percettive che sperimentiamo di solito nello stato ipnagogico, ovvero nel periodo che precede immediatamente l’addormentamento. Questo periodo che viene chiamato anche “sonno crepuscolare” (dal termine “crepuscolo” che separa il giorno dalla notte) è quello che ci accompagna più o meno velocemente dallo stato di veglia a quello di sonno: in altre parole fa da ponte tra uno stato in cui siamo perlopiù consapevoli della realtà fisica e quello in cui il corpo dorme ed è scollegato dalla maggior parte degli stimoli del mondo fisico, dandoci pertanto vivido accesso alle dimensioni più sottili, che vengono definite anche “dimensione astrale” o “mondo dello spirito”.

Con la pratica, scopriremo di poter gradualmente allungare lo stato ipnagogico e di poterci in qualche modo aggrappare alla fase crepuscolare con mente vigile, in modo di accedere ad un sogno in cui siamo consapevoli di sognare senza una vera e propri interruzione della coscienza di veglia. Oppure, potrà capitare di addormentarci, ma di ritrovarci in un sogno molto vivido in cui è facile rendersi conto di stare sognando.

  1. Al mattino quando non abbiamo impegni pressanti o urgenti

Nei fine settimana o nei giorni di festa, quando possiamo crogiolarci a letto un’ora in più senza la preoccupazione della sveglia, potremo sicuramente contare su un beneficio in più, dovuto anche al fatto che la nostra mente e il nostro corpo non saranno solo rilassati, ma sicuramente ancora più ristoranti di quanto potessero esserlo alle 4:00 del mattino. Questo è il momento ideale per fare pratica in libertà.

Naturalmente, tutti i suggerimenti mirati ad ottenere un sogno lucido si applicano ugualmente anche al viaggio astrale o OBE. Infatti, durante un sogno lucido la nostra mente è in uno stato di consapevolezza tale da poter volontariamente e attivante incrementare il nostro stato di vigilanza tramite comandi e/o strategie che possono condurre il sognatore in quello che viene chiamato stato di mente sveglia in corpo addormentato: in tale stato il corpo dorme ed è disconnesso dalla maggior parte degli stimoli del mondi fisico, ma lo stato di veglia sarà molto più acuito, tanto da poter sentire il respiro del corpo che dorme, toccarlo, percepire l’ambientazione astrale in cui ci troviamo e utilizzare un qualsiasi portale per raggiungere la persona che desideriamo incontrare.

L’unica differenza fra sogno lucido e OBE sta nel grado di vigilanza della mente: maggiore lo stato di veglia della mente, più solida e tangibile sarà l’esperienza e maggiore il ricordo al momento del risveglio del corpo.

Un’ultima raccomandazione: che si tratti di sogno, sogno lucido o OBE, è importantissimo prendere rapida nota dei ricordi che si hanno al momento del risveglio, e che potrebbero riemergere anche in un secondo momento, mentre cominciamo la nostra giornata.

Lo Studio di Julia (Julia’s Bureau)

Le parole che seguono furono trasmesse dall’Aldilà da Julia alla sua amica Ellen nell’ambito di una raccolta di lettere, Letters from Julia, trascritte da William Thomas Stead, grazie alla scrittura automatica, circa tutto ciò che Julia, amica defunta dello Stead, aveva da riferire sull’ambiente spirituale in cui si trovò dopo la morte. Le Letters from Julia furono pubblicate sulla rivista Borderland (uscita dal 1893 al 1897); furono poi raccolte in volume dal titolo After Death, Enlarged Edition on Letters from Julia, edito dalla Stead’s Publishing House, London, 1914.

Stead scriveva:

«Mentre la mia mano era intenta a scrivere una lettera a Ellen, pensai: “Chissà se Julia è rimasta molto sorpresa dalla nuova vita?” Istantaneamente Julia mi rispose:

Sì. Non ero preparata al fatto che l’aldiquà e l’aldilà fossero una cosa sola. Quando l’anima esula dal corpo essa rimane esattamente la stessa di quando era incarnata; l’anima, che è l’unico vero Io e utilizza la mente e il corpo come propri strumenti, al momento del trapasso non ha più bisogno o utilità di servirsi del corpo. Tuttavia, conserva la mente, la conoscenza, l’esperienza, le abitudini di pensiero: tutto ciò resta esattamente quello che era. (…) La cosa più straordinaria che appresi, una volta libera dal corpo fisico, fu la differenza che esiste fra quello che siamo in apparenza e il nostro Vero Io.

Potei apprezzare in modo del tutto nuovo le parole: “Non giudicare!” poiché il Vero Io è costituito molto più dell’uso che fa della mente che dell’uso che fa del corpo…

Il pensiero ha molta più sostanza di quanto possiate immaginare. Sognare ad occhi aperti non è un’attività futile od oziosa come potete pensare. L’influsso di una mente impegnata a idealizzare potrebbe non essere oggettivamente tangibile, ma viene percepito a livello sottile da menti più pratiche. Allo stesso modo, chi si concede a pensieri malvagi o poco puliti può influenzare impercettibilmente chi lo circonda, come per esempio i propri figli, anche se questi non hanno modo di sospettare che il loro genitore abbia mai nutrito tali pensieri.

Quindi, da questo lato dell’esistenza, le cose appaiono al contrario di come appaiono a voi e il pensiero si manifesta in tutta la propria forza. (…)

C’è stato un altro fatto che mi ha sorpreso non poco, e cioè la vacuità di tante cose. Con questo mi riferisco alla maggior parte delle cose cui diamo importanza nella vita terrena, come soldi, status sociale, meriti, fama, e tante cose cui tanto teniamo nella vita terrena. Qui non sono niente, non esistono più, si dissolvono come la nebbia di ieri o il tempo che ha fatto l’anno scorso. Sicuramente avranno avuto il loro significato, ma solo in via temporanea: non sono che nuvole di passaggio.

Desidero chiederti se puoi aiutarmi in una questione cui sono molto interessata. È da molto che desidero istituire un posto dove coloro che sono trapassati possano comunicare con le persone care ancora fisicamente in vita. Al momento, il mondo è pieno di spiriti che desiderano ardentemente comunicare con coloro da cui sono stati separati, proprio come io bramavo comunicare con te, ma non riescono a trovare una mano che si presti a scrivere per loro [W.T. Stead riportava le parole della defunta Julia tramite la scrittura automatica]. È una situazione così strana! Da voi ci sono tanti animi addolorati per il lutto; da noi tanti animi colmi di tristezza perché non possono comunicare con le persone che amano. Che si può fare per far sì che si possano rincontrare? Tu devi aiutarmi. Ma come? Non è una cosa impossibile. E, una volta raggiunto questo obiettivo, la morte avrà perso il suo pungiglione e la tomba la sua vittoria [v.  I Corinzi 15, 54-55]. L’apostolo [S. Paolo, N.d.T.] pensava che questo obiettivo fosse stato raggiunto, ma la paura della morte non è stata ancora debellata ed essa continua ad essere fonte di dolore e lutto. Chi può consolarci per la perdita di una persona cara? Solo coloro che possono dimostrare che chi muore non si è perso ma rimane vicino ai propri cari fisicamente vivi ancor più di prima e più che mai. Non credi che io sia stata molto più vicina ad Ellen da quando ho deposto le mie spoglie mortali? Ora posso stare con lei in modi che prima mi erano impossibili. Non sono mai stata così vicino alla mia cara amica prima di venire qui. Ma lei non lo avrebbe saputo, né tu avresti avuto alcun contatto con me se voi due non vi foste conosciuti.

Quello che ci vuole è una specie di ufficio, un centro di comunicazione fra l’aldiquà e l’aldilà. Non potresti istituire una sorta di ufficio con uno o più medium fidati? Se questo potesse alleviare le lacrime del mondo terreno, facendo sapere a chi ha perso una persona cara che i cosiddetti morti vivono in realtà più vicini a loro di quanto fu mai loro possibile in vita, ciò potrebbe alleviare tanto dolore. Ritengo che tu possa contare sulla partecipazione entusiasta di tutti coloro che risiedono al di qua dell’esistenza, nel mondo dello spirito.

Noi qui siamo pieni di gioia e speranza che questo progetto si possa realizzare. Immagina quanto soffriamo nel vedere tante persone amate che soffrono disperate, mentre coloro per cui piangono provano in vano ogni mezzo per attirare la loro attenzione e renderli consapevoli della propria presenza. E poi ci sono tante persone tormentate al pensiero che i propri cari possano trovarsi all’inferno, mentre in realtà si trovano fra le braccia amorevoli di Dio, che tutti accoglie. Ellen, mia cara, parlane con Minerva, e vedete cosa si può fare. (…) Sulle prime sono rimasta davvero sbalordita nell’apprendere l’importanza che gli spiriti danno alla comunicazione che è loro concesso avere con chi è ancora sulla terra. Certo, posso facilmente comprenderli, poiché anch’io sento il desiderio ardente di parlare con coloro che amavo ed amo; ma è molto più di questo. Quello che mi dicono da ogni parte, e in particolare le mie care guide, è che i tempi sono maturi perché si verifichi un grande risveglio fra le varie nazioni e che il mezzo tramite il quale tale risveglio potrà manifestarsi è l’improvvisa e definitiva dimostrazione, per ciascun caso individuale in cui questo desiderio si manifesti, della reale esistenza dello spirito, della continuità della vita dell’anima e dell’immanenza del Divino”.

Allora ho chiesto: “Ma io in che modo posso contribuire?

Julia continuò: “Tu sei un bravo medium scrivente. Se offrissi l’uso della tua mano affinché possa essere usata dallo spirito di coloro che risiedono qui, i cui parenti o amici sulla terra desiderino ricevere loro notizie, potresti far conto con grande fiducia sul fatto che il mondo dello spirito si serva della tua intermediazione. In ogni caso, qualora necessario, potrei sempre intervenire per spiegare le circostanze per le quali essi non potessero eventualmente servirsi della tua mano”.»

Per chi comprende l’inglese e desidera approfondire, il brano è tratto dal libro:

Nel 1892, William Stead aveva scoperto di avere il dono della scrittura automatica e fu allora che un’entità disincarnata che dichiarava essere la gentildonna Julia Ames cominciò a servirsi della mano di Stead tramite la scrittura automatica. All’epoca Stead scrisse: «Seduto da solo, con la mente rilassata, posi consapevolmente la mano destra che impugnava in modo normale la penna a disposizione di Julia e rimasi a guardare con grande e scettico interesse per vedere se scriveva».

Julia Ames era stata una giornalista professionista che curava anche The Woman’s Union Signal di Chicago. La Ames, che era stata amica di Stead, era deceduta nel dicembre del 1891. La sua più cara amica era una gentildonna di nome Ellen, che conosceva anche Stead. Ernesto Bozzano ci informa che «come avviene qualche volta in simili circostanze, le due amiche avevano tra di loro concluso un patto solenne, secondo il quale la prima che venisse a morire s’impegnava ad apparire all’altra al fine di dissipare in lei ogni dubbiezza circa l’avvenire della tomba». Julia disse a Stead che desiderava comunicare le proprie esperienze dall’aldilà per aiutare Ellen a comprendere che la morte era tutt’altro che la fine, ma qualcosa in attesa della quale vivere con gioia e speranza e che, sebbene il suo corpo fosse morto, lei non era morta affatto. Nello spiegare come era avvenuto il trapasso, Julia ebbe a scrivere: «Non provai alcuna sofferenza nel “morire”. Sentii solo una grande calma e pace. Poi provai una sorta di risveglio e mi ritrovai in piedi fuori dal mio vecchio corpo, nella camera in cui esso giaceva. Dapprima non c’era nessuno al di fuori di me. La mia prima sensazione fu di stupore circa il fatto che mi sentissi così bene. Poi mi resi conto che ero morta». In un’altra comunicazione, Julia disse: «La morte non esiste (…) La morte è solo un senso di privazione e separazione percepito dai cosiddetti “viventi” (…) La morte esiste solo per i “viventi”, non per noi».

Le lettere furono dettate fra il 1892 e il 1893 e in questo lasso di tempo Julia chiese a Stead di istituire quello che lei chiamò un Bureau (un ufficio), una sorta di centro dove, grazie all’impiego di medium, potesse praticarsi la comunicazione fra il mondo dello spirito e quello degli incarnati. Julia dichiarò di attribuire grande importanza al fatto di sapere di più circa la reale natura della nostra realtà, dicendo: «Potrebbe sembrarvi strano che verificare l’effettiva esistenza di un’altra vita possa accrescere l’importanza di quella che vivete sul piano fisico, ma è proprio così, e non potrete mai apprezzare la reale importanza della vostra vita terrena fino a quando non la vedrete da questa prospettiva, quella del dopo-vita, del mondo dello spirito. Mai, in nessun momento della vostra esistenza, può capitarvi di non influenzare l’eternità. Potreste considerarla una metafora, ma io lo intendo in senso letterale. Voi costruite il nostro mondo, tramite le opere che compite nel vostro, molto più di quanto voi possiate immaginare».

Le lettere di Julia parlano anche della legge della crescita spirituale, del lutto per i “defunti”, della vita nell’aldilà e di numerosi altri argomenti che ella riteneva importante che gli incarnati comprendessero prima di morire.

Nel 1893 Stead lanciò una pubblicazione chiamata Borderland (letteralmente: terra di confine), una rivista trimestrale su temi metafisici che fu pubblicata fino al 1897: fu su questa rivista che le lettere di Julia furono pubblicate per la prima volta. Il libro contenente le lettere e intitolato After Death fu pubblicato nel 1905 e fu un gran successo, con molte copie vendute nel Regno Unito e negli USA.

Nel prossimo articolo approfondiremo quanto di pratico fu fatto per allestire il Bureau di Julia e rifletteremo sulle implicazioni delle sue comunicazioni dell’Aldilà

 

Come allenarsi a ricordare i sogni in 5 mosse

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri

L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

Come ricordare i sogni

Diverse persone mi hanno scritto o telefonato lamentando il fatto di “non sognare mai” oppure di non ricordare i propri sogni al mattino. Si tratta di un fatto che li priva di una delle occasioni più frequenti di contatto con i propri cari nell’Aldilà, occasione che per altri invece sembra presentarsi in modo del tutto naturale, se non frequente. I più fortunati hanno dei contatti con i propri cari addirittura nel contesto di sogni lucidi, ovvero di sogni in cui si sa di stare sognando e si può quindi interagire criticamente con il contesto onirico.

Ho pensato quindi di creare con questo articolo un piccolo approfondimento che risponda alle perplessità di chi si crede privo di questo meraviglioso strumento di contatto non solo con l’Aldilà, ma prima ancora con la propria interiorità.

La verità è che tutti sognano e che, se così non fosse, probabilmente non potremmo vivere. Sebbene il sogno sia diventato oggetto di ricerca scientifica solo in epoca recente, con la psicoanalisi, con l’invenzione di strumenti che possano misurarne i parametri (primo fra tutti l’elettroencefalografo) e con l’osservazione dei rapidi movimenti oculari che si accompagnano al sonno REM e relativi cicli, possiamo senz’altro convenire che da tempo immemorabile l’uomo si interroga sul significato dei sogni e attribuisce ad essi misteriosi poteri di contatto con il divino o con entità soprannaturali e/o non fisiche.

Ricordiamo anche che nel corso della vita passiamo quasi un terzo del nostro tempo a dormire, scollegati da gran parte degli stimoli fisici, allo scopo di riposare, guarire, resettare le nostre funzioni vitali, elaborare esperienze di vita, speranze, paure e aspettative, creare il nostro futuro e tanto altro ancora. Si tratta di una gran quantità di tempo che, se meglio investito, potrebbe davvero regalarci tanta felicità.

Passo 1 – Se necessario, documentarsi e convincersi che tutti sogniamo, anche se non ce ne ricordiamo

Ad eccezione del sonnellino, occasionale o abituale che sia, che, verificandosi in un momento del nostro quotidiano in cui non siamo particolarmente stanchi, può darci maggiori opportunità di sognare, le prime fasi di sogno che si presentano dopo l’addormentamento sono in genere più brevi e oggettivamente più difficili da ricordare, per chi comincia ad allenarsi. Molto più semplice si rivela lavorare sugli ultimi sogni del mattino. Il sogno più lungo e interessante tende ad essere infatti l’ultimo della notte, quando siamo già ristorati da diverse ore di riposo e abbiamo avuto modo di elaborare con i primi sogni il nostro vissuto. Ciò è particolarmente vero se possiamo concederci un’ora di sonno in più e non abbiamo impegni pressanti che ci facciano catapultare giù dal letto.

Anche se siamo convinti di non riuscire a ricordare i sogni, è importante adesso mettere a punto un programma, una strategia quotidiana, mirata a tener traccia in modo regolare di ciò che in realtà possiamo catturare delle nostre esperienze oniriche anche se ancora non ce ne rendiamo conto.

A questo programma non è necessario dedicare più di un minuto o due al giorno, purché ci impegniamo a farlo con regolarità, seguendo con impegno e perseveranza il programma che ci saremo prescritti.

Come per tutte le nuove abitudini che ci proponiamo di adottare, non è escluso che questa prassi, per quanto breve e semplice, non ci costi fatica, al principio, ma questa, come vedremo, sarà ampliamente retribuita.

Passo 2 – Impegnarsi a dedicare 1 o 2 minuti al giorno al nostro progetto, con costanza e pazienza

Per registrare al risveglio i nostri ricordi consiglio l’utilizzo di uno strumento che ci alletti, che ci inviti ad essere usato. Io per esempio sono un’amante degli organizer, ma potrebbe trattarsi anche di un normale quaderno per la scuola, di un block notes ad anelli, del nostro cellulare, tablet o palmare, di un mini registratore. Ho un’amica artista che crea da sé i propri diari e quaderni, usando carta riciclata, nastri e cartoncini colorati che decora lei stessa a seconda dell’uso che desidera farne.

Passo 3 – Scegliere uno strumento che ci piaccia e che ci inviti ad usarlo

A questo punto passiamo all’azione. Poniamo il nostro strumento di raccolta/elaborazione dati in un punto strategico e facilmente raggiungibile, assieme ad una penna, una matita, un pennino hi-tech (a seconda dello strumento che intendiamo utilizzare) e prendiamo l’abitudine, ogni giorno, al risveglio, di trascrivere o registrare qualcosa circa ciò che ricordiamo della notte (o della pennichella) dalla quale ci stiamo risvegliando. Basterà all’inizio registrare anche solo qualche parola per riportare ad esempio lo stato d’animo in cui ci si è svegliati, la sensazione che si provava, una parola che ci girava per la testa, un suono, un motivo, un profumo, qualsiasi cosa di cui fossimo anche solo velatamente coscienti negli attimi precedenti al nostro risveglio. Studi recenti hanno dimostrato che, durante il sonno, la nostra percezione del tempo si modifica in modo sostanziale, per cui in un istante può annidarsi una fonte inesauribile di ricordi.

Nulla è trascurabile: tutto è meritevole di essere trascritto. La cosa importante è rendersi conto della grande importanza di questo piccolo/grande compito che ci siamo assegnati! Infatti si tratta a tutti gli effetti di allenare un muscolo attualmente in disuso, che chiede solo di essere abituato a svolgere gradualmente la propria mansione. Quando ci iscriviamo in palestra sappiamo che, con un piccolo impegno regolare, otterremo dei risultati. In questo caso si tratta di creare la medesima aspettativa, con la certezza che il muscolo sui cui stiamo lavorando diventerà tonico e performante con un minimo sforzo. Ciascun ricordo, anche il più labile, può a propria volta sollecitarne un altro e, col passare dei giorni, aumentare decisamente il livello di sicurezza e agilità con cui riportiamo alla luce le nostre avventure notturne.

Passo 4 – Passare all’azione

Adesso che ci siamo convinti di non dover fare altro che allenare un muscolo con uno, massimo due minuti di lavoro effettivo al giorno, adesso che si è accesa la nostra aspettativa positiva di poter ricordare i sogni e liberare dalla prigione della mente meravigliose e vivide esperienze di contatto con i nostri cari, che proprio tramite i sogni trovano la strada più semplice per starci vicini, non ci resta che consolidare la nostra routine, creando una sorta di rituale che rinsaldi in noi motivazione, perseveranza e dedizione.

Io per esempio associo il momento del risveglio con un’energizzante e profumata tazzina di caffè e con il silenzio e la quiete di cui gode chi è solito alzarsi prima dell’alba. Ma sono innumerevoli le possibili componenti che possono rendere unico e motivante questo momento (breve, ci tengo a ribadirlo) di raccoglimento, per riprendere il filo di quanto stavamo vivendo un attimo prima di risvegliarci.

Passo 5 – Creare una routine

Ci renderemo presto conto che, nonostante le fasi di memoria altalenante che potremmo sperimentare al principio (e che potremmo dover sperimentare ancora qualora, per un motivo o per un altro, ci ritrovassimo costretti a interrompere la nostra routine quotidiana), se riusciamo a trascrivere o registrare almeno qualche parola o impressione ogni giorno, le parole o frasi che riporteremo cominceranno ad aumentare gradualmente di volume e, a seconda del tempo che avremo il desiderio e la possibilità di dedicare a questo compito, potremmo ritrovarci a trascrivere anche cinque lunghi sogni per notte.

Invito pertanto tutti coloro che confidano in un contatto in sogno con i propri cari a visualizzare in questo piccolo muscolo che stiamo andando a tonificare una sorta di filo di comunicazione fra i due mondi apparentemente distinti popolati da incarnati e disincarnati. Con un minimo esercizio quotidiano questo filo si trasformerà ben presto in una porta che possiamo scegliere di lasciare aperta al risveglio, almeno per il tempo necessario a registrare in nostri sogni.

Come molti altri ricercatori sull’Aldilà, sono convinta che questa vita terrena sia in realtà un sogno rispetto alla vita più grande di cui il nostro spirito è sempre partecipe. Aprire la porta ai nostri sogni è uno dei modi tramite i quali renderci conto che l’Aldilà è davvero a portata di mano e che questi pochi minuti di ginnastica quotidiana possono farcene recuperare la consapevolezza. Mettiamola così: i nostri cari vivono nella stanza accanto, la porta non è chiusa a chiave e si spalanca tutte le volte che sogniamo. Sta a noi allenarci a non farla chiudere di scatto al risveglio e riportare alla luce la meravigliosa consapevolezza che siamo sempre tutti insieme.

 

Come fanno i nostri cari a contattarci dall’Aldilà

 

Come abbiamo suggerito con l’esempio riportato nell’articolo dedicato a come ricordare i sogni, è come se i nostri cari trapassati vivessero nella stanza accanto, anche se questa non è altro che una metafora, dal momento che il mondo dello spirito esula dai nostri concetti di spazio tridimensionale e di tempo lineare.

Vivere liberi dai vincoli del tempo lineare significa che i nostri cari sono in primis desiderosi di farci sapere che sono vivi e stanno bene, ma non sentono questo bisogno in modo pressante, come potremmo viverlo noi se ci trovassimo all’estero o in qualche altro luogo sconosciuto, oppure come svariate persone che hanno avuto un’esperienza di premorte raccontano quando ricordano il disagio provato nel rendersi conto di stare più che bene, ma di essere diventati in qualche modo invisibili ai propri cari, che invece vedevano esclusivamente concentrati sul proprio corpo fisico privo di vita.

Nelle mie esperienze di OBE, o più semplicemente in sogno, ho più volte incontrato amici o parenti in inesistenti camere attigue a quella in cui mi trovavo io nel mondo fisico, o in inesistenti appartamenti situati di fronte al mio sullo stesso piano del medesimo condominio. Quindi la dimensione non fisica dell’esistenza può palesarsi sottoforma di camere o locali in più rispetto a quelli che vediamo e tocchiamo.

La metafora della “stanza accanto” viene usata anche dallo scrittore, editore e medium William Thomas Stead (1849–1912), perito nel naufragio del Titanic, il cui resoconto dell’Aldilà e del suo arrivo nel mondo dello spirito assieme a tutte le altre vittime della sciagura viene riportato nel libro L’isola blu (Edizioni Bis, 1 gennaio 2009) edito nella sua versione originaria nel 1922 dalla Hutchinson & Co. Dal resoconto di Stead si evince che la morte “non è che il passaggio da una stanza all’altra” e che “entrambe sono ugualmente ammobiliate e sistemate”.

In realtà il concetto di “stanza accanto” è una metafora di convenienza, in quanto facilita il compito che la nostra mente critica deve svolgere per capire come conviviamo con i nostri cari sul piano spirituale, piano di cui siamo tutti partecipi: incarnati e disincarnati.

Eppure, il Dott. Craig Hogan, che, con la propria opera Your Eternal Self (edito da Greater Reality Publications, 2008), presenta prove scientifiche di come la mente non sia circoscritta al cervello e circa l’effettiva esistenza dell’Aldilà, oltre ad offrire un programma di addestramento guidato online su come contattare i propri cari senza l’ausilio di un medium  (http://www.selfguided.spiritualunderstanding.org/), nello spiegare le dinamiche del contatto post-mortem, esordisce proprio dicendo: «Ricevere comunicazioni dagli altri piani di esistenza non è come sentire qualcuno parlare dalla stanza accanto». Il Dott. Hogan spiega che, qui, sul piano terreno, udire una persona parlare dalla stanza accanto è un fatto ineluttabile, avviene e basta, anche contro la nostra volontà. Ascoltare invece le comunicazioni che ci arrivano dall’Aldilà significa predisporsi a recepire input subliminali, sottoforma di pensieri, impressioni, sensazioni e altre sottili forme di sapere che, da svegli, se non stiamo volontariamente cercando il contatto, ci arrivano per lo più a livello subconscio.

Ciò che è più interessante della spiegazione fornita dal Dott. Hogan è la metafora che usa per spiegare come avviene questo contatto, spiegazione molto efficace per farci comprendere quanto sia necessario predisporsi e sintonizzarsi su questo canale più sottile, ma prima ancora, esserne consapevoli. Il Dott. Hogan equipara il modo in cui i nostri cari comunicano con noi, o con il nostro Io Superiore, che è in ogni caso costantemente immerso nel mondo dello spirito, allo stesso modo in cui può capitarci di attrarre l’attenzione di una persona che si trova in coda davanti a noi, magari alla cassa del supermercato o al semaforo.

La natura del fenomeno legato al sentirsi osservati, è stata, come ci ricorda Hogan, investigato dal biologo Rupert Sheldrake, che ne parla nel libro La mente estesa (Urra Edizioni, 2006). Sarà capitato a tutti, in un momento del genere, se non si ha fretta e non si hanno impegni o preoccupazioni che tengano la nostra mente occupata, di notare che, se ci mettiamo a fissarne la nuca della persona in coda davanti a noi, se questa è ugualmente rilassata, molto probabilmente si girerà a guardarci senza neanche capirne il motivo. Se desideriamo testare questo metodo di proposito, possiamo addirittura immaginare di fare il solletico al soggetto che abbiamo selezionato per l’esperimento: se le circostanze sono quelle di cui abbiamo parlato, questo potrebbe non solo girarsi, ma anche toccarsi la nuca, come se il solletico fosse arrivato davvero.

Ecco un esempio brillante delle condizioni ottimali e delle modalità con cui i nostri cari dall’Aldilà hanno modo di mettersi in contatto con la nostra mente costantemente affaccendata nel corso della nostra vita quotidiana. Il contatto avviene da mente a mente, come del resto avviene anche fra persone fisicamente vive. Il vantaggio di chi comunica dall’Aldilà sta nel fatto di non condividere la miriade di preoccupazioni che ci attanagliano, mentre lo svantaggio sta nel fatto di potersi imbattere nell’incredulità, nella mancanza di aspettativa, in un lutto troppo profondo e soprattutto i pochi argomenti che le nostre piccole menti terrene sono in grado di apprezzare e condividere con chi è invece partecipe di ben altre e più profonde conoscenze.

Della complessità del sapere dei disincarnati sono testimoni le migliaia di persone che hanno vissuto, ricordato e tentato di raccontare un’esperienza di premorte o NDE: quasi sempe queste lamentano il fatto che le parole disponibili nei nostri vocabolari non sono in alcun modo sufficienti a veicolare ciò che hanno vissuto e provato. Pertanto, i messaggi che i nostri cari potranno con più probabilità riusciere a veicolare sono quelli che più spesso ci auguriamo di poter sentire: la conferma che sono vivi e stanno bene, un aiuto o un consiglio a vivere nel modo migliore la nostra vita, un senso di tutela e protezione nei momento difficili.

Da parte dei nostri cari nell’Aldilà, si richiede sicuramente un impegno preciso per veicolare il segno della propria presenza tramite, pensieri, idee, impressioni, sensazioni, immagini. Da parte nostra invece si richiede la comprensione di quanto sia importante avere la mente sgombra da preoccupazioni e disposta a recepire il contatto, anche in momenti inaspettati della giornata.

Immaginiamoci dunque la fatica di attirare l’attenzione di qualcuno che ci porge le spalle semplicemente fissandone la nuca e ricevere in cambio, per tutta risposta, solo il risultato di vedere quella persona girarsi senza sapere il perché, avendo magari provato la sensazione talora anche solo subconscia di essere osservato, ma senza capirne la natura e lo scopo. Poniamoci nei panni dei nostri cari. Poi riflettiamo su occasioni passate in cui effettivamente questo contatto possa essere avvenuto e noi averlo scartato assieme alla miriade di pensieri che ci affollano la mente durante il giorno.

Posso per esempio trovarmi al supermercato, per rimanere in tema, ed essere in dubbio sul se tentare una nuova ricetta, visto che in cucina mi considero una frana, e all’improvviso notare che la radio del supermercato sta mandando in onda una canzone che mi incoraggia a cucinare qualcosa di gustoso perché avrà un effetto speciale proprio come le delizie che preparava la nonna. Coincidenza?

Posso sentirmi un po’ giù perché mi manca tanto mio nonno che mi ha cresciuta ed era sempre così dolce e comprensivo con me, sentirmi sola e quasi disperata al pensiero che adesso nella vita tutto grava sulle mie spalle, e, nell’atto di parcheggiare la macchina vedere davanti a me una vettura con su scritto in eleganti caratteri corsivi “Giulietta”, che è proprio il nome con cui mi chiamava da bambina. Coincidenza?

Un contatto ancora più significativo è quello in cui mi viene tutto d’un tratto in mente un ricordo particolare, associato a una persona cara che fisicamente se n’è andata, qualcosa a cui magari non penso più da anni. Ecco che il contatto da mente a mente assume una connotazione ancora più precisa. Quella persona cara sta appunto riflettendo su quel ricordo e, concentrandosi su di me, è riuscita a veicolarmelo.

Ecco il filo sottile tramite il quale il contatto può arrivare. Ma bisogna esserne consapevoli e pronti ad afferrare quel filo. Proviamo a immaginare come possa essere frustrante per chi pensa a noi dall’Aldilà il fatto di credere che tutto ciò che pensiamo provenga dalla nostra mente, da nostri ragionamenti o dalle nostre fantasticherie.

Instaurare un dialogo è un qualcosa che potrà venire dopo, seguendo la tecnica che ci è più congeniale, ma all’inizio è essenziale capire (ed essere convinti) che la comunicazione avviene sempre, proprio come quando siamo in coda al semaforo e abbiamo troppa fretta di arrivare dove stiamo andando per badare al tizio che ci osserva da un’altra vettura.

Se riusciamo a convincerci che il contatto è possibile per tutti, e avviene in questo modo, potremo rispondere ad esso con gratitudine e ricambiare il pensiero. È proprio così che il contatto da svegli con i nostri cari avviene.

Se riusciamo a cogliere tali pensieri affettuosi mentre siamo affaccendati, proviamo a immaginare quanto più efficace sarà il contatto in un quieto stato meditativo.

Per chi conosce l’inglese, ricordo che il programma di addestramento del Dott. Craig Hogan è disponibile a questo link: http://www.selfguided.spiritualunderstanding.org/.

Da oggi anche in libreria

giuliadevivoDa oggi la nuova versione aggiornata è disponibile in formato cartaceo tramite il circuito Youcanprint (http://www.youcanprint.it/), che garantisce la distribuzione nelle librerie fisiche. Il  testo sarà pertanto ordinabile da oltre 4.500 librerie presenti sul territorio italiano, sia librerie di catena come Feltrinelli, Ibs, Mondadori che librerie indipendenti, grazie all’accordo di distribuzione realizzato con Fastbook, il più importante distributore italiano. Cliccando su questo link http://www.youcanprint.it/librerie-in-italia-self-publishin… è possibile visualizzare la mappa di tutte le librerie fisiche raggiunte dal servizio e scoprire quella più vicina.
Per le librerie che non fanno parte di questo circuito, ecco una pagina dedicata con le spiegazioni relative alla distribuzione: http://fracieloeterra.org/Informazioni_per_le_Librerie.

La verità sulla reincarnazione

Non siamo costretti a rinascere, almeno nel senso tradizionale attribuito a questo concetto.

Questo è il messaggio di fondo che l’autrice, dall’umile punto di vista che la stessa accomuna simpaticamente a quello di un pesce rosso in una boccia, desidera comunicare al lettore.

Come per il suo precedente libro, dedicato alla comunicazione con i cosiddetti “defunti”, anche in questo caso il testo è il risultato di un profondo lavoro introspettivo basato sull’esperienza personale di viaggiatrice astrale e studiosa della medianità.

Scopo dell’autrice è anche fondamentalmente quello di rassicurare chiunque abbia perso una persona cara che la morte non esiste, che non siamo robottini immessi nostro malgrado in un soverchiante e macchinoso sistema di vite, morti e rinascite al di fuori del nostro controllo, e che nella vita non perdiamo mai di vista i nostri cari, MAI, neanche nelle più buie situazioni esistenziali.

Al contrario, il testo presenta l’uomo quale eroico e potente spirito di luce che ha scelto di sottoporsi in via transitoria a una situazione apparentemente limitante per contribuire con coraggio e abnegazione al Grande Disegno spirituale che ci vede protagonisti.

Ancora una volta l’autrice cerca di dimostrare, con esempi tratti dalla vita di tutti i giorni, che il Mondo dello Spirito non è altro che il nostro mondo, che tutti abbiamo una missione di vita che abbiamo scelto al di là dello Spazio e del Tempo e che questa ci guida sempre, nella quotidianità, anche attraverso le persone e le circostanze che sembrano capitare nella nostra vita per caso.

Se hai letto questo libro, ti chiedo di voler gentilmente lasciare una recensione  per spiegare:

  • Se ti ha suggerito delle nuove idee
  • A chi lo consiglieresti
  • Quali parti ti sono piaciute
  • Se ti ha offerto un contributo speciale, di cosa si tratta.

Grazie!

La verità sulla reincarnazione: Conforto e sollievo da un concetto spesso ambiguo di Giulia Jeary Knap è disponibile su Amazon in formato e-book:  ***GRATIS dal 12 al 16 agosto 2020 inclusi***

Per ulteriori informazioni sulle pubblicazioni a disposizione in italiano e in inglese: Pagina dell’autrice

 

Le esperienze fuori dal corpo

Esplorando i mondi sottili” e “Le esperienze fuori dal corpo” GRATIS su Amazon fino alla mezzanotte PDT del 6 maggio 2019

 

Negli ultimi 25 anni mi è spesso capitato di sentire persone estremamete interessate ai viaggi astrali che lamentano il fatto di non riuscirci. Spesso mi sento dire che lo faccio sembrare così facile, quando racconto qualche aneddoto, mentre in realtà non è così. Ho quindi pensato di citare un in questo articolo le mie argomentazioni così come riportate nel libro  per spiegare perchè ritengo molto più allettante e semplice imparare ad avere sogni lucidi (a rendersi, cioè, conto in un sogno di stare sognando) e perchè considero quest’ultimo il mio metodo preferito di contatto con i nostri cari nel mondo dello spirito.

“I cosiddetti viaggi o esperienze “fuori dal corpo” o OBE (dall’acronimo inglese Out of the Body Experiences”, abbreviato anche in O.O.B.E.) si verificano quando, spontaneamente o volontariamente, la mente si sveglia mentre il corpo dorme.

Nel mio caso, il fenomeno si era presentato spontaneamente durante l’adolescenza, almeno quindici anni prima di poterne capire a fondo il significato. In pratica mi capitava che, se rimanevo sveglia a studiare fino a tardi, o se mi addormentavo esausta per un’oretta nel pomeriggio (in altre parole, se il mio corpo risultava particolarmente stanco, ma la mente lo era meno, oppure era sovraeccitata dallo studio quando il mio corpo era ormai esausto), mi svegliavo all’improvviso con la mente, incapace di controllare il corpo fisico.

La sensazione, che molti studenti e atleti conoscono, di svegliarsi con la mente in un corpo paralizzato, di non riuscire neanche a sollevare le palpebre, con un ronzio o una vibrazione forte nella testa, di cercare di gridare senza riuscire ad emettere neanche un sussurro, era tutt’altro che piacevole.

Solo in anni recenti ho scoperto che l’anomalia, denominata in questa sua prima fase “paralisi del sonno”, era dovuta al fatto che durante il sonno REM il tono dei muscoli scheletrici scompare completamente; questo fenomeno, detto atonia muscolare, si associa alla paralisi funzionale dei muscoli scheletrici. Durante il sogno non si è perciò in grado di muoversi; se così non fosse, ogni episodio di sonno REM si accompagnerebbe a un’intensa agitazione motoria, dettata dalla necessità di mimare le azioni compiute in sogno.

Chi dunque, a causa di questa disarmonia fra lo stato di stanchezza del corpo e lo stato di vigilanza della mente, si sveglia con la mente mentre il corpo dorme, può avere la spiacevole sensazione di essere prigioniero in un corpo paralizzato, il che si accompagna naturalmente a sentimenti di ansia, paura o terrore, sebbene l’esperienza sia in genere oggettivamente piuttosto breve.

Personalmente, una volta rassegnatami al verificarsi di questi episodi e aver escluso di avere qualche grave malattia, avevo inventato da ragazza un sistema per uscire da queste situazioni, risvegliando il corpo: immaginavo di compiere un atto che richiedeva un alto grado di concentrazione, come quello di dissociare il movimento delle mani facendo loro compiere gesti di tipo diverso (muovendone una in senso circolare e l’altra su e giù, tanto per fare un esempio), e questo bastava a risvegliare il corpo.

Gli episodi di paralisi notturna, con le loro spiacevoli vibrazioni e le mie tecniche di risveglio continuarono per molti anni. Ce ne vollero, infatti, una quindicina per scoprire che, quando la mente si sveglia nel corpo addormentato (in inglese, parlando di OBE, si usa proprio l’espressione “mind awake – body asleep”), la coscienza è libera di abbandonare il corpo e di spostarsi in uno stato di totale vigilanza su altri piani e in altre dimensioni. In particolare, chi ha familiarità con questo argomento, parla in genere di “piano astrale”, sul quale ci muoveremmo con questo secondo corpo, più sottile, chiamato appunto “corpo astrale”.

Secondo gli “addetti ai lavori” tutti e tutto avrebbero una propria dimensione o versione “astrale”, che ha una propria esistenza parzialmente indipendente dalla dimensione fisica, si modifica e si muove con molta più fluidità e facilità in risposta ai nostri pensieri e “funziona” talora autonomamente anche quando siamo svegli. Ad esempio, mi è capitato più di una volta, mentre ascoltavo qualche conferenza un po’ noiosa o ero io stessa leggermente assonnata (e dunque vicina allo stato di dormiveglia) di vedere gli spettatori accanto a me muoversi, girarsi, guardarsi intorno, rivolgersi al proprio vicino, mentre la loro controparte fisica era pressoché immobile ad ascoltare il relatore. Mi è anche capitato, in stato di dormiveglia, di vedere mio marito aggirarsi per la casa e fare come suo solito dei piccoli lavoretti, mentre la sua controparte fisica si trovava a più di cento chilometri di distanza.

Ebbene, questo è quello che io chiamo “corpo astrale”: un corpo non vincolato dalle leggi dello spazio e del tempo, libero di fare le cose che noi ci limitiamo a sognare ad occhi aperti e, durante le OBE, solido e tangibile quanto uno spirito disincarnato, tanto da poter toccare i nostri cari nell’Aldilà e parlarci senza problemi.

Infatti, in base all’esperienza da me maturata successivamente, quando il corpo fisico dorme e la mente è sveglia, quest’ultima può con il corpo astrale camminare o volare nella versione astrale della camera da letto e del resto della casa, volare nel circondario, raggiungere in un battibaleno luoghi lontanissimi e incontrare altre persone sveglie o anch’esse addormentate e girovaganti nei propri corpi astrali, fino a incontrare persone defunte e visitare i luoghi dove esse risiedono; a quanto ho visto, esistono anche luoghi intermedi di incontro, per queste riunioni con i trapassati, come esiste la possibilità di muoversi nel tempo e incontrare la versione futura o passata dei propri cari.

Nel mio caso, la vera e propria scoperta del nuovo mondo cui le paralisi notturne potevano portarmi avvenne per caso: avevo ventinove anni ed ero particolarmente stressata perché, essendo stata da poco promossa e trasferita presso la sede milanese dell’azienda per la quale lavoravo, vivevo in albergo da ben quattro mesi, senza riuscire a trovare un appartamento in affitto. Una notte, intorno a mezzanotte, stavo appunto cominciando ad assopirmi, quando mi si presentò la familiare sensazione di pesantezza delle membra e di ronzio nella testa. Questa volta però, invece di dibattermi in un corpo paralizzato, fui sbalordita nel constatare che le mani e le braccia “volavano via”, svincolate dalle braccia vere … Scioccata, d’istinto le tirai giù, risvegliandomi completamente.

Cos’era successo? Ero forse impazzita?

In realtà, scoprii quasi subito, ragionando sulle poche cose che avevo sentito fino a quel momento sui viaggi fuori dal corpo, che i miei arti fisici erano rimasti in quel frangente paralizzati come sempre; io stessa (o sarebbe forse meglio dire il mio corpo), ero momentaneamente scivolata nel sonno: a volar via erano state le “altre braccia”, quelle che vengono attribuite al corpo astrale, testimone la mia mente o coscienza (difficile operare un distinguo fra le due in momenti così concitati), che era rimasta invece vigile e lucida a registrare l’episodio.

Esercitandomi e facendo pratica nelle settimane e nei mesi che seguirono, scoprii che, quando la mente si svegliava mentre il corpo dormiva, questo non costituiva più una barriera: non era più solido, ma cedevole e poroso, fatto di un’energia che poteva essere tranquillamente attraversata. Non solo potevo uscire da quel corpo, ma potevo infilarci dentro le mani astrali, così come potevo attraversare il materasso o i muri, avvertendo talora come una sorta di tenue vibrazione o pizzicorino. Potevo galleggiare fin sotto il soffitto come un palloncino, o scendere giù a pochi centimetri dal pavimento, oppure potevo specchiarmi e vedere il mio corpo astrale.

Quella di specchiarmi divenne ben presto un’abitudine consolidata che mi sono portata dietro fino ad oggi. Poiché mi ripugnava l’idea di guardare il mio corpo addormentato nel letto, per quanto non avessi problemi a toccarlo e mi incantavo ad ascoltare il ritmico suono del suo respiro, trovavo che specchiarmi con il corpo astrale costituiva comunque un’impresa piuttosto audace, e negli anni ho scoperto che mi consentiva anche di avere un’idea più o meno precisa del mio stato d’animo a livello profondo, in modi molto più chiari di quanto il corpo fisico lasciasse trapelare.

Ad esempio, nei primi tempi delle mie sperimentazioni ero una persona piuttosto solitaria, in quanto vivevo a circa quaranta chilometri dal posto di lavoro e non avevo amici in città. Inoltre attraversavo un periodo di tristezza, a causa del recente trasloco dal Piemonte, e, nonostante le soddisfazioni sul lavoro, non ero tutto sommato quella che si può definire una persona felice.

Le prime volte che, durante i miei viaggi fuori dal corpo, mi specchiai per vedere che aspetto avesse il mio corpo astrale, fui sorpresa nel constatare che, mentre il mio volto fisico se ne andava in giro sapientemente truccato con capelli in ordine e orecchini diversi tutti i giorni, quello astrale appariva emaciato, con ecchimosi e cerotti, i capelli erano in disordine (una volta portavo addirittura i bigodini) e i vestiti erano sempre sciatti o rovinati. Fortunatamente ero anche dotata di un formidabile intuito, per cui non mi lasciai prendere dallo sconforto e attribuii immediatamente quelle immagini al mio io emozionale, triste e solitario.

Nel corso degli anni, mi sono specchiata numerosissime volte durante le mie OBE, e con la maternità e il formarsi della mia famiglia ho visto l’aspetto del mio corpo astrale diventare sempre più bello, giovane e gioioso.

Un’ultima divagazione sull’immagine che mi rimandano gli specchi astrali lo destino ad un periodo più recente, in cui, colpita da una brutta malattia e soggetta a mesi di terapie che mi avevano fatto temporaneamente perdere i capelli, mi sono vista in uno specchio collocato in un ambiente molto più ampio e luminoso della mia casa materiale, e con una stanza in più appositamente destinata al riposo e alla ripresa fisica. L’immagine che mi rimandava lo specchio era quello di una bella donna, almeno dieci anni più giovane e con capelli fluenti: l’unica stranezza erano gli occhi velati di una rossa patina di paura. In quell’occasione, capii quanto era cruciale, ai fini della guarigione, superare la paura e guardare al futuro con fiducia. Mesi dopo, dopo essermi sottoposta a una TAC di controllo che mi aveva finalmente tranquillizzato, ho avuto il piacere di specchiarmi ancora sul piano astrale, e di vedere il mio volto impreziosito da due enormi occhi verdi, liberi ormai dalla patina della paura.

A questo proposito, cito una curiosità: nel settembre 2010, due anni prima delle terapie che mi avrebbero fatto perdere i capelli, in un’OBE avevo chiesto di poter incontrare il Maestro Gesù, cui sono sempre stata affezionata specie per il suo amore per i bambini. Mi ero ritrovata in una pineta ricchissima di colori e di profumi, ma nel contempo (fatto straordinario) potevo rimirare il cielo stellato come se fosse notte. Gesù insegnava in una sorta di istituto, ma in quell’occasione uscì appositamente per incontrarmi. Aveva il suo “look” tradizionale, con barba e capelli lunghi, ma era vestito con moderni abiti casual: jeans e camicia con maniche risvoltate all’altezza dei polsini. Guardandomi negli occhi, mi trasmise un pensiero tratto dalle Scritture, ma straordinariamente rivelatore con il senno di poi: mi fece intendere che sapeva finanche quanti capelli avevo sulla testa!!!

Per tornare brevemente agli specchi, desidero solo sottolineare che, oltre a riflettere la mia immagine, e quella di eventuali entità vicine a me, questi si sono rivelati negli anni dei portali eccezionalmente efficaci per trasferirmi velocemente dal piano astrale in cui mi trovo al “luogo” in cui desidero andare, specie se si tratta di incontrare qualche persona in particolare, vivente o defunta che sia.

 

 di Lewis Carrol è il libro che probabilmente mi ha maggiormente affascinato e influenzato da bambina circa l’uso degli specchi come portali verso altre dimensioni.

 

Facciamo ora un passo indietro, e torniamo alla notte in cui mi erano “volate via” le braccia, nell’autunno del 1990. Da quel momento in avanti cominciai a leggere tutto quello che potevo sull’argomento dei viaggi astrali. All’epoca non potevo contare su internet, e non era facile affrontare un tema del genere con la mia normale cerchia di conoscenze senza sembrare quantomeno “strana”. Il primo libro che mi assorbì completamente fu I miei viaggi fuori dal corpo di Robert Monroe. A questo ne seguirono numerosi altri. Leggevo e mi esercitavo. Essendo single potevo davvero sbizzarrirmi. Il sabato e la domenica, nel mio monolocale, staccavo telefono e citofono e mi davo all’esplorazione.

Tenendo un diario dei sogni e delle OBE, potei scoprire che un’esperienza in parte simile al viaggio astrale, molto comune, è quella in cui, durante un sogno, ci si rende conto di stare sognando e allora si riesce in modi più o meno diretti ed efficaci a controllare quello che avviene nel corso del sogno stesso. Si tratta dei cosiddetti “sogni lucidi”, in cui siamo ancora parzialmente immersi in uno stato di coscienza onirico, per cui anche cose strane o improbabili possono continuare ad apparire normali.

Anche se nell’ambito del sogno lucido esistono vari gradi di lucidità, che possono essere volontariamente accentuati fino ad arrivare all’OBE, nell’OBE propriamente detta la mente è comunque pienamente sveglia, anche se le nostre priorità possono variare leggermente da quelle dello stato di veglia a causa delle prospettive più ampie che abbiamo. Grazie a questa dicotomia, si ha la chiara cognizione di muoversi con un corpo simile a quello fisico, ma diverso, non soggetto alle leggi del mondo fisico, nella dimensione di cui abbiamo appena parlato.

Queste esperienze, spontanee o volute, sono andate avanti per ventisei anni, regalandomi episodi unici e commoventi. Con il tempo, l’esperienza, le letture e le riflessioni sull’argomento, mi sono resa conto che i “luoghi” che i miei viaggi astrali mi consentivano di visitare non erano tanto “fuori” dal corpo fisico, come il nome di questo fenomeno suggerisce, ma piuttosto dimensioni interiori della coscienza e dello spirito, sebbene questo rimanga un tema aperto, dal momento che i concetti di “dentro” e “fuori” non hanno la stessa importanza che gli attribuiamo al di là del piano strettamente fisico

In altre parole, se durante la veglia, nel nostro stato di coscienza ordinario, qui sul piano fisico, tutto quello che vediamo e tocchiamo ha una parte interna e una parte esterna, al di là di questa nostra dimensione, i concetti di “dentro” e “fuori” cessano di avere importanza, per cui anche disquisire su se il piano astrale si trovi “fuori” dal piano fisico, come una sorta di guscio energetico che lo circonda, oppure “dentro” di esso, come una sorta di parte estrema del nucleo spirituale che costituisce la nostra essenza, diventa pura teoria, e forse non ha alcuna importanza.

William Buhlman, uno dei massimi esperti americani nel campo delle OBE, è uno studioso che ha voluto appunto porre l’accento sull’idea che la proiezione astrale sia in realtà un viaggio interiore. Da parte mia, posso dire che questa particolare chiave di lettura mi ha liberato da molte paure, prima fra tutte quella di poter rimanere “chiusa fuori” dal corpo, o di vedere definitivamente troncata la cosiddetta corda d’argento che legherebbe il nostro corpo astrale a quello fisico mentre se ne va in giro fuori dal corpo.

Ma indipendentemente da queste speculazioni, resta il fatto che, se è vero che negli anni delle prime sperimentazioni mi sono concentrata sull’esplorazione del piano più vicino a quello fisico, non è passato molto tempo prima che il desiderio di visitare i miei cari nell’Aldilà prendesse il sopravvento.

(…) desidero sottolineare un’ultima volta quanto il viaggio astrale non costituisca altro, a mio parere, che uno stato di maggior lucidità rispetto al sogno lucido, ovvero il sogno in cui si è consapevoli di sognare. Desidero anche puntualizzare, ancora una volta, che il sogno lucido, se lo si desidera, può costituire un trampolino di lancio per il viaggio astrale, in quanto, quando si è consapevoli di sognare e si ha a disposizione una buona fetta di consapevolezza circa quello che sta succedendo, si può anche fare la scelta precisa di amplificare il proprio grado di lucidità, passando ad un’OBE vera e propria.

Anche se a questo punto potrebbe sembrare superfluo, colgo l’occasione per sottolineare il mio totale dissenso con studiosi, praticanti e insegnanti del sogno lucido quali Charlie Morley, che considerano il 99% dei soggetti incontrati in un sogno lucido come personaggi onirici (o P.O.), ovvero semplici prodotti della mente del sognatore. Sebbene condivida con tali ricercatori il concetto più ampio che questa vita sia in realtà simile a un sogno dal quale con la morte ci risveglieremo nella nostra più grande realtà di appartenenza, non trovo questo un motivo valido per negare l’assoluta autenticità ed individualità degli spiriti incarnati o disincarnati con cui possiamo relazionarci sia nello stato di veglia che in altri stati modificati di coscienza, come il sogno e le OBE.”

[Brano tratto da ]

Il motivo per cui in genere non incoraggio le persone a imparare ad avere esperienze di OBE è perhè, in tali esperienze la mente e pienamente vigile, per cui tutti i filtri logici, critici e razionali con i quali discriminiamo la realtà nella vita di tutti i giorni possono intralciare la comprensione di ciò che ci sta accadendo. Al contrario, nel sogno lucido, la mente che ci accompagna nella vita di veglia è parzialmente “sedata” e in grado di cogliere intuizioni e idee di cui potrebbe sfuggirci il senso quando siamo svegli.

Il motivo per cui faccio spesso riferimento alle più tangibili esperienze di OBE quando parlo delle varie tecniche per contattare i nostri cari nell’Aldilà è semplicemente quello di fornire prove pratiche a supporto della veriticità delle esperienze che sono invece pienamente accessibili a tutti tramite sogni, sogni lucidi e in un quieto stato meditativo.

 

Come sbloccare l’IMMAGINAZIONE: il più potente strumento che abbiamo TUTTI a disposizione per ripristinare i contatti con i nostri cari nell’Aldilà

Giulia Jeary Knap, autrice dei libri

L’Aldilá é a portata di mano,  La verità sulla reincarnazione e di altre pubblicazioni riportate nella Pagina Amazon: http://amazon.com/author/giuliajearyknap

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Ci ho messo un po’ a trovare un’immagine che mettesse in rilievo a colpo d’occhio il concetto di fondo che desideravo trasmettere con questo articolo.

Chi mi segue su Twitter, Facebook, Instagram o Pinterest sa che condivido con il pubblico prevalentemente immagini: immagini significative associate a un breve pensiero. Questo perché le immagini hanno un enorme potenziale.

Indipendentemente dal fatto che io possa sentirmi più o meno brava a visualizzare immagini o a usufruire della cosiddetta “memoria fotografica”, secondo specialisti nel settore della comunicazione, della motivazione e del self-help, come  Alberto Lori  «il nostro cervello lavora per l’87% con immagini». In questo breve video, che vi consiglio caldamente quanto meno di ascoltare, Lori presenta dei semplicissimi esempi, finalizzati anche a spiegare perché, per essere efficaci nella comunicazione e nel dialogo interiore, sia importante evitare frasi o affermazioni al negativo.

Lori presenta due simpatici casi. Se io vi invitassi per esempio a “non pensare alla Torre di Pisa”, qual è la prima immagine che vi si presenta (vivida, a tre dimensioni, olografica, tutta a colori, oppure fugace, indistinta, appena appena percepibile, o in bianco e nero che sia)? La Torre di Pisa: è ovvio! Ancora, continua Lori, se vi invitassi a non immaginare un elefante nella vasca da bagno, cosa catturerà immediatamente la vostra attenzione? Un elefante nella vasca da bagno, naturalmente!

Chiedo adesso alle amiche e agli amici che lamentano difficoltà nel visualizzare le immagini: «Dopo aver letto quest’ultimo passaggio, come vi è apparsa (vostro malgrado, aggiungerei) la Torre di Pisa? Come in cartolina, come un pensiero, un ricordo, un disegno, un’idea, altro?»

Stabilire come visualizziamo le idee/immagini mentali è di cruciale importanza per chi voglia usare consapevolmente questo strumento creativo di cui tutti, ma proprio tutti siamo dotati.

È anche possibile che la Torre di Pisa ci si presenti sottoforma di simbolo, magari veicolato da ricordi scolastici, se non viviamo dalle parti di Pisa, magari tramite la descrizione fattane in un libro, in un film o addirittura tramite le note di una canzoncina per bambini.

Per riassumere, non è importante come le informazioni ci vengano veicolate e non esiste un canale informativo superiore a un altro: l’importante è conoscere la nostra o le nostre modalità preferenziali di trasmissione ed elaborazione di immagini, idee, sensazioni e  informazioni per poterne fare un uso ottimale e consapevole.

Prima ancora di questo, è importante usare questa consapevolezza per imparare a conoscere, osservare ed eventualmente modificare il nostro costante dialogo interiore che, tramite un chiacchierio continuo, immagini, sensazioni arricchite da ricordi, sentimenti, desideri, fantasie… alimenta la realtà che quotidianamente creiamo in noi e attorno a noi, con o senza la consapevolezza di farlo.

Ecco perché, sebbene io mi consideri una frana quando si tratta di ricordare strade e itinerari a causa della mia convinzione di non avere memoria visiva, e sebbene tanti lettori si siano con me lamentati di non riuscire a visualizzare immagini mentali o di mancare di immaginazione, i banali esempi qui riportati costituiscono un valido test per stabilire che: 1) le immagini mentali si insinuano con forza e anche nostro malgrado nelle nostre vite, giocando in esse un ruolo fondamentale, indipendentemente dal modo in cui ci si presentano e dal fatto che ne siamo o meno consapevoli, e 2) hanno un potere enorme nel colorare in positivo o in negativo il nostro dialogo interiore e di conseguenza il nostro potenziale creativo.

È ovvio che questa consapevolezza abbia una portata enorme, indipendentemente dal motivo per il quale la coltiviamo. Essa si applica a tutti i campi e a tutti i settori e interessa ogni aspetto delle nostre vite. Tuttavia oggi ci limiteremo a parlare nello specifico di come questa consapevolezza possa sbloccare quella porta virtuale che vediamo nell’immagine di copertina per consentirci un contatto quotidiano con i nostri cari nell’Aldilà.

Mi si consenta però una parentesi. Molti credono che i medium professionisti percepiscano le cose che ci raccontano come un vivido film a colori se non a tre dimensioni, o addirittura come una realtà oggettiva frammista a quella che ci circonda normalmente. È ben vero che ho visto qualche medium bravo e professionale ricorrere ogni tanto a trucchetti che lasciano immaginare che le cose stiano proprio così, come nei film su Melinda Gordon. Ma lasciatemi precisare che la medianità cosiddetta “oggettiva” è un caso raro e che, nella maggioranza dei casi, i medium percepiscono l’Aldilà esattamente come lo facciamo noi. Se io vi chiedessi in questo momento: «Pensa a tua mamma» oppure «Pensa alla tua parrucchiera», «Pensa al vicino di casa», voi come ve le figurate queste persone? La vostra risposta è importante, e rivolgo in particolare queste domande a chi mi dice di non avere immaginazione o di non riuscire a visualizzare nulla.

Il modo in cui penserete a vostra mamma, alla vostra parrucchiera, al vostro vicino di casa e via discorrendo è esattamente il modo in cui percepirete i vostri cari nell’Aldilà.

Per tornare all’immagine di copertina, noteremo, osservandola, che la porta in realtà non costituisce alcun ostacolo. Essa appare per quello che in effetti è: il simbolo di una separazione impostaci dalla cultura comune e condivisa, inculcataci fin da piccoli e in modo martellante tutti i giorni, collocata in un punto qualsiasi di un ambiente che è in realtà privo di separazioni, porte, scale, ponti, guadi, fiumi o cancelli. La porta si colloca invariabilmente davanti a noi, come a suggerire che viviamo in un mondo buio e separato dalla paradisiaca dimensione in cui i nostri cari trapassati dimorano felicemente. In altre parole, la porta è una nostra appendice culturale, che si concentra su ciò che la valvola a riduzione del nostro cervello percepisce normalmente quando prevalgono le onde beta dello stato di veglia, liquidando come fantasie e sogni ad occhi aperti tutte le informazioni cui abbiamo accesso per esempio in meditazione, quando domineranno le onde alfa se non le onde theta.

Per fornire degli esempi del condizionamento martellante e continuo con cui questa separazione viene rinsaldata in noi ogni giorno, basti pensare alla diffusa tendenza ad ignorare la morte nel vivere e conversare quotidiano. La morte è un argomento imbarazzante: mostrare la nostra vicinanza a una persona a lutto si riduce spesso a poche parole di circostanza; le persone anziane che non hanno parenti che si occupino di loro o un esponente della loro religione non sono accompagnate nel loro cammino spirituale verso il trapasso perché è difficile trovare personale ospedaliero o impiegato nelle case di riposo disposto e preparato ad affrontare temi spinosi come la fine della vita che chiamiamo “fisica”! Questo semplicemente perché si preferisce non pensarci.

Secondo i nostri Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, chi perde un figlio, un coniuge, un genitore, un fratello… ha diritto a tre (dico 3) soli giorni di “permesso retribuito per lutto”, come se dopo tre giorni si possa umanamente immaginare di poter riprendere a lavorare come prima.

Certo! Il dolore lancinante per la perdita di una persona cara non risparmia nessuno: neanche chi passeggia liberamente tra i due mondi, come me che viaggio in astrale o un medium che conversa abilmente coi defunti per conto terzi. Il distacco fisico da una persona cara è un trauma indescrivibile, che merita ogni attenzione, premura e sostegno morale. È come un terremoto personale che scuote dal profondo la nostra esistenza e richiede molto spesso tantissima pazienza con se stessi, perché ognuno affronta questi momenti in modo unico e diverso caso per caso. Non esistono regole per vivere la sofferenza ed è giusto che sia così: siamo tutti persone uniche e quando cesseremo di essere fisicamente presenti lasceremo tutti un vuoto unico, a seconda di chi ci conosce.

Per riassumere, indipendentemente da quelle che possono essere le nostre convinzioni ed esperienze, lo strappo fisico che segue alla morte è comunque un trauma violentissimo, per cui non è detto che le mie parole in un momento di forte dolore possano risultare di alcun interesse.

Anche il medium più ferrato ha difficoltà a beneficiare del proprio talento quando la crisi riguarda proprio lui/lei. Nonostante tutte le prove ed esperienze di prima mano, il pensiero della propria morte o di quella di una persona cara resta avvolta in una nube di mistero e sofferenza. Prendiamo William Thomas Stead (1849–1912), scrittore ed editore inglese, noto ricercatore nel campo dei fenomeni psichici e medium lui stesso, perito tragicamente in occasione del naufragio del Titanic. Nonostante le numerose e documentate premonizioni avute sul disastro in mare, l’unica visione che Stead ebbe in vita della propria morte fu quella di morire calpestato dalla folla. Considerando quanto Stead si sia battuto contro i protocolli assurdi e mortificanti imposti dall’entourage scientifico e dai suoi stessi colleghi ricercatori per ottenere prove della continuità della vita dopo la morte (si veda questo articolo), e considerando quanto questi test ridicoli e umilianti per medium e defunti comunicanti ad opera di sedicenti scienziati e ricercatori continuino tutt’oggi, nel XXI secolo, trattando i medium alla stregua di topi di laboratorio e i defunti quale “fenomeno anomalo” la cui esistenza va dimostrata, a mio parere la visione di Stead, morto calpestato dalla folla, potrebbe simboleggiare proprio questo massacro della spiritualità ad opera degli scientisti che, obbligando i nostri cari, che vivono felici al di là dello spazio e del tempo, a trasmettere solo un rigagnolo di informazioni tramite i loro infelici test “scientifici”, vengono alla fine calpestati in nome dell’oggettività e razionalità della scienza.

Chiusa la parentesi sul lutto e il modo in cui esso inevitabilmente annebbia più o meno aspramente la nostra capacità di vedere oltre la porta di cui dicevamo, questo articolo è stato scritto per chi non è infastidito dall’argomento e ha potuto maturare, grazie agli incontri che (anche se non ce ne ricordiamo) durante il sonno continuano sempre con i nostri cari, una certa qual serenità, che, seppur vaga, ha una sua ragion d’essere: la mia teoria, provata dall’esperienza personale e da quella delle persone che conosco, è che tutte le notti, quando i nostri sensi fisici sono per lo più disattivati, ci ritroviamo con i nostri cari nella nostra Casa più Grande, una casa che ha molte più stanze e molti più ambienti, collocata in un luogo paradisiaco, dove i nostri cari risiedono guariti e ringiovaniti, pronti a tranquillizzarci sulla propria sorte e sul proprio benessere. Anche se non li ricordiamo al mattino, questi incontri hanno il potere di tranquillizzarci e l’effetto rasserenante non riguarda solo chi crede in un dopo-vita, ma anche chi non ci crede. Il tempo, dunque, non cancella proprio nulla. Non si tratta di un “rassegnarsi” alla perdita, o peggio di un “dimenticare” la persona cara: al contrario, con il passare del tempo, ci sentiamo più sereni proprio grazie a questi costanti incontri, che ci confermano e riconfermano il perdurare imperterrito e anzi accresciuto dei nostri legami affettivi con chi fisicamente non vediamo attorno a noi.

A proposito della nostra Grande Casa Celeste, sono diverse le persone mi hanno raccontato di scoprire, in sogni particolarmente significativi, nuove stanze nella propria casa, oppure di ritrovarsi in una casa a loro conosciuta solo in sogno, in cui ci sono molti più ambienti che nella realtà. Proprio ieri, il mio amico Dott. Claudio Pisani mi raccontava che in questi casi gli capita di abbattere in sogno una parete e di scoprirvi dietro una nuova camera. Il collega ricercatore David Pierce  racconta anche lui sogni particolari in cui scopre nuove stanze e passaggi segreti in casa sua. Se vi dovesse capitare di fare un sogno del genere è probabile che si accompagni ad una sensazione di ricongiungimento e appartenenza. Vi consiglio in questo caso di prenderne nota nel vostro diario.

A costo di ripetermi, dunque, quando si parla di contatto con l’Aldilà, anche i più intraprendenti e fiduciosi (me compresa) sentono il peso dei restrittivi preconcetti di cui abbiamo parlato, cui siamo particolarmente vulnerabili non solo se abbiamo recentemente perso una persona cara, ma anche se siamo semplicemente stanchi. La stanchezza e lo stress accumulati in una giornata possono a tutti gli effetti intossicare il nostro animo, e quindi renderci meno disponibili a uscire consapevolmente dalla gabbia di preconcetti in cui siamo costretti a vivere nel quotidiano. Questa sorta di prigione invisibile impostaci da chi più ne trae beneficio, considera il mondo materiale separato, inferiore, regolato da grossolane leggi secondo cui la morte rappresenta una cesura definitiva, oltre la quale per un motivo o per l’altro è insano o immorale affacciarsi. Secondo tali preconcetti, solo alcune persone particolarmente fortunate posseggono il dono di comunicare con i defunti, di sintonizzarsi con l’altra dimensione.

In effetti, un medium professionista non toccato dal lutto che affligge chi ha appena subito una perdita, è nelle condizioni ideali per fare in questi casi da tramite.

Ma anche nella scelta di un professionista occorre cautela. Per tornare alla cultura dominante sulla vita e sul dopo-morte, grazie a questo diffuso pregiudizio, abbondano sull’argomento ogni sorta di illazioni che spaziano dall’invito a “non disturbare” i defunti a vere e proprie superstizioni in cui sguazzano scettici, scentisti, falsi medium e venditori di fumo. Questi ultimi sono particolarmente pericolosi quando imbastiscono le loro tele commerciali e vuote di contenuti, mirate ad offrirci a caro prezzo il segreto o i segreti che ci daranno finalmente la felicità, segreti da custodire gelosamente proprio perché destinati a pochi eletti. Non mi riferisco naturalmente a studiosi che hanno riportato questo argomento alla luce, come i coniugi Hicks, ma a millantatori senza scrupoli che con le proprie campagne pubblicitarie inondano di pop-up il cyberspazio.

Ebbene sì: come già anticipato, il tema di fondo di questo articolo non riguarda solo i contatti con l’Aldilà, ma la vita in generale. Quella che oggi viene “venduta” come Legge di Attrazione è una serie di principi basilari di cui l’umanità è sempre stata a conoscenza. Ma su questo tema più ampio mi diffonderò in un’apposita pubblicazione.

Per il momento dedico questo articolo in particolare alle persone che, dopo aver letto le mie pubblicazioni, mi scrivono o mi telefono lamentando il problema di essere troppo razionali, di non avere immaginazione, non riuscire a visualizzare nulla, di essere “fatte così”.

Nel suo libro The Three “Only” Things (New World Library, 2010), Robert Moss, grande studioso australiano del “sogno consapevole” e del “sogno attivo”, nell’illustrare l’enorme potere (spesso completamente ignorato) di sogni, coincidenze ed immaginazione, dice «Tutti viviamo di immagini: esse ci accendono e ci spengono, sia che usiamo la nostra immaginazione sia che ci limitiamo ad essere passivi ricevitori della programmazione altrui». Circa il potere creativo del pensiero, afferma che «Creare significa portare nel mondo qualcosa di nuovo» e che «Oltre ad essere uno stato di coscienza creativo, il regno delle immagini è un mondo reale. È la regione della mente dove il significato prende forma e dove gli oggetti acquisiscono significato». Quando liquidiamo i frutti dell’immaginazione come pura fantasia se raffrontati alla realtà oggettiva e condivisa, esiliamo, secondo Moss, quella parte di noi che sa cose che hanno un’importanza straordinaria e che ha il potere di rivedere e ricreare il nostro mondo. «L’immaginazione» continua Moss «è la facoltà che la nostra mente e la nostra anima hanno di pensare e agire tramite immagini (…) immagini che prendono energia in prestito da ricordi ed esperienze sensoriali, non per produrne delle semplici copie, ma per rimodellare e trasformare tale “materia prima” in qualcosa di nuovo, che può acquisire ulteriore energia da fonti più profonde». Per fornire un esempio di quest’ultima affermazione, Moss ricorda il caso della piccola Sally, una bambina che soffriva di frequenti incubi notturni. Le aveva regalato un soldatino giocattolo che aveva conservato dall’infanzia, un centurione romano, con la promessa che questo l’avrebbe protetta dai suoi incubi. Incontrando Sally casualmente tre anni dopo, all’età di dieci anni circa, la bimba aveva subito esordito entusiasta: «Lex è proprio grande!» Moss non ricordava più l’episodio, e la bimba, scandalizzata da questa dimenticanza, gli riferiva che il centurione, in caso di necessità, si presentava alto più di due metri e sgominava tutti gli incubi stroncandoli sul nascere. Questo è uno di quei casi che Moss presenta a dimostrazione del fatto che la “materia prima” di cui si serve la nostra immaginazione può acquisire nuova energia da fonti più profonde di quelle a noi note nel quotidiano.

Come scrivo nel libro l’Aldilà è a portata di mano, nel capitolo dedicato al contatto in quieto stato meditativo:

«Una delle cose più importanti che ho appreso negli anni circa la modalità con cui si verificano i contatti cosiddetti medianici in un quieto stato meditativo è il fatto che l’IMMAGINAZIONE è lo strumento più pratico e utile fra quelli a nostra disposizione per raggiungere lo scopo ed è anche il principale strumento che i nostri cari hanno a portata di mano nell’Aldilà per comunicare con noi.

L’immaginazione è una cosa con cui abbiamo familiarità, perché la usiamo tutti i giorni, e ha l’effetto di aprire la nostra mente alla percezione di dimensioni non-fisiche, consentendo anche un’effettiva comunicazione con i trapassati.

Inoltre l’immaginazione ha un forte potere creativo, sia sul piano fisico che su quello spirituale: per cui, immaginando un qualsiasi scenario in cui collocare il nostro incontro con i nostri cari nel Mondo dello Spirito, partecipiamo attivamente alla vera e propria creazione di quell’ambiente e i nostri cari, richiamati dal nostro pensiero, accorreranno istantaneamente ad incontrarci là dove li stiamo aspettando.

Vari autori parlano del ruolo chiave dell’immaginazione per contattare i nostri cari; fra questi cito Sanaya Roman, Robert Moss e Bruce Moen, il quale si sofferma in modo particolare sull’importanza di “fare finta che…” una certa cosa stia succedendo per accedere al Mondo dello Spirito».

Come fare dunque, sapendo tutto questo, a sbloccare l’immaginazione, nostro patrimonio condiviso e sacrosanto diritto di nascita, laddove sentiamo di non averne o di essere troppo razionali e privi di creatività?

In primo luogo prendendo atto che l’immaginazione di cui tutti da bambini siamo padroni indiscussi NON PUÒ esserci rubata, così come le magiche opere di creazione cui essa ci dà accesso. Basta semplicemente esserne consapevoli.

Se i nostri genitori, insegnanti, amici, colleghi, capi hanno continuato negli anni ad esaltare l’aspetto logico e razionale della vita, convincendoci dell’inutilità di quel 10 in disegno, o della nostra bravura nel cantare o nel suonare uno strumento rispetto a un 7 in matematica o in italiano, rendiamoci conto che la convinzione che ne deriva non ha più efficacia di una spolverata di zucchero a velo su un pandoro o di una glassa di cioccolata sul cuore di panna del nostro gelato preferito.

Per esempio, IO SO che questo mondo fisico è solo un riflesso di un mondo più vivo, intenso, magico e bello, grazie al fatto che lo vedo e lo tocco con mano mentre il mio corpo dorme e la mia mente è sveglia. Ma viaggiare in astrale non è necessario: mi ha semplicemente permesso di accorgermi che anche da sveglia, se sono annoiata o assonnata, oppure volontariamente in meditazione, percepisco la dimensione non fisica, magari con la coda dell’occhio, magari grazie a un flash mentale, un pensiero improvviso, un’idea, una sensazione, un motivetto.

Rivisitiamo con questa consapevolezza l’articolo .

Se a questo punto qualcuno dei miei lettori ha dei quesiti specifici, vi prego di compilare il modulo che trovate in questo post o di scrivermi un’e-mail. Sarà per me un piacere rispondere in modo più a approfondito e pertinente alle vostre domande.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Contatti con l’Aldilà – Se state soffrendo per la perdita di una persona cara, questi spunti potrebbero esservi utili

 

 

 

DISCLAIMER

L’autrice di questo podcast/articolo non dispensa consigli medici né prescrive l’uso di alcuna tecnica illustrata in questo podcast/articolo quale terapia per problemi di salute. L’intento dell’autrice è semplicemente quello di aiutare l’ascoltatore/il lettore nella propria ricerca del benessere fisico, emotivo e spirituale. Per esigenze di natura medica, si invita il lettore a consultare un professionista.

“Morendo ho ritrovato me stessa” di Anita Moorjani

Il sottotitolo di questo libro è “Viaggio dal cancro, alla premorte, alla guarigione“.

“Ho avuto la possibilità di tornare indietro… oppure di restare dov’ero. Ho scelto di ritornare quando ho capito che il ‘paradiso’ è uno stato mentale, non un luogo da raggiungere.”
– Anita Moorjani

“Prima dell’esperienza di premorte, probabilmente per via della mia cultura, pensavo che lo scopo della vita fosse raggiungere il nirvana, ovvero evolversi oltre il ciclo di nascita e morte della reincarnazione e non fare più ritorno alla dimensione terrena. Se fossi cresciuta immersa totalmente nella cultura occidentale, probabilmente il mio scopo sarebbe stato di andare in paradiso. A prescindere dalla cultura di riferimento, questo è un obiettivo piuttosto comune: vivere in modo tale da assicurarsi una vita perfetta nell’Aldilà. Ma dopo la mia esperienza di premorte, ho sentito che le cose stanno diversamente. Anche se so che continuerò a vivere anche oltre questo piano della realtà, e sebbene non abbia più paura della morte fisica, ho perso il desiderio di essere altrove tranne che nel posto in cui mi trovo ora. È interessante notare che sono più radicata nel presente e sono maggiormente focalizzata sulla perfezione della vita insita in ogni istante, invece che concentrata sull’altra dimensione. Ciò è fondamentale, perché il concetto della reincarnazione nella sua forma convenzionale, come vite progressive che si svolgono in modo sequenziale una dopo l’altra, non trova conferma nella mia esperienza di premorte. Mi sono resa conto che il tempo non si muove in modo lineare, a meno che, per percepirlo, non usiamo il filtro del corpo fisico e della mente. Una volta che non siamo più limitati dai sensi terreni, ci accorgiamo che ogni istante esiste contemporaneamente. Sono giunta a pensare che il concetto della reincarnazione non sia altro che una interpretazione, un tentativo di spiegare in modo razionale la simultaneità dell’esistenza. Pensiamo in termini di “tempo che passa”, ma nella mia esperienza di premorte, sembrava che il tempo esistesse in quanto tale e che fossimo noi a spostarci attraverso di esso. Ciò significa che non solo tutti gli istanti temporali esistono simultaneamente, ma anche che nell’altra dimensione possiamo andare più veloci, più lenti o persino a ritroso e lateralmente”.

Ecco un libro che consiglio caldamente a chi è affascinato dalle esperienze di pre-morte e nel contempo ha dubbi o timori circa il concetto di re-incarnazione, quale ineluttabile sequenza di vite con le quali pagheremmo il nostro debito karmico. Va sottolineato che l’autrice di questa toccante testimonianza (che si riferisce a un’esperienza del 2 febbraio 2006, seguita da una rapida e sbalorditiva guarigione) è cresciuta appunto nell’ambito di una cultura, quella induista, che promuove questo pensiero ed è quindi tanto più attendibile quando ci rivela le proprie riflessioni a riguardo.

Questa recensione non vuole naturalmente essere uno spoiler, ma aggiungerò che, avendo letto la versione originale, la collega Katia Prando ha fatto un ottimo lavoro e che il testo contiene altre illuminanti riflessioni su quanto sia preziosa questa vita, specie se, dopo aver rischiato di perderla, si ha l’opportunità di tornare indietro e condividere ciò che si è vissuto.

 

L’Aldilà è a portata di mano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La medianità è un talento di pochi o esiste per ciascuno di noi la possibilità di rimanere in contatto con le persone care che ci hanno preceduto nel grande viaggio?

Secondo l’autrice, che ha seguito vari corsi sulla medianità professionale ma è anche un’esperta viaggiatrice astrale, tutti possono mantenere i contatti apparentemente interrotti dalla morte del corpo fisico, e molte sono le testimonianze presentate a supporto di questa tesi.

Il testo, tuttavia, prima di illustrare i metodi proposti per perseguire questo scopo, affronta doverosamente il tema del trapasso e della vita dopo la morte secondo le testimonianze pervenuteci da resoconti medianici e dalle affascinanti scoperte di chi, grazie a un’esperienza di premorte, ha avuto l’opportunità di affacciarsi oltre la soglia.

Inoltre, grazie all’esperienza diretta di contatto con i defunti tramite sogni, sogni lucidi, viaggi astrali ed esperienze mistiche vissuti soprattutto nel corso di questi ultimi venticinque anni, l’autrice presenta le proprie conclusioni sul Mondo dello Spirito e su come questo sia direttamente comunicante con il piano fisico, e ne sia anzi nel contempo emanazione ed essenza, nonostante il fatto che nella vita di tutti i giorni tendiamo purtroppo a considerare queste due dimensioni come compartimenti stagni.

Grazie a queste premesse, scopriamo che i nostri cari sono più che mai vicini a noi e desiderosi di rassicurarci, vegliarci e guidarci.

Al di là delle tecniche in sé, che sono alla portata di tutti, il testo si rivela una fonte di grande conforto non solo per chi ha subito una perdita, ma anche per chi, umanamente, si interroga su questo tema che per tanti versi viene purtroppo considerato un grande tabù.

Pagina dell’autrice: https://www.amazon.com/author/giuliajearyknap

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NOTA IMPORTANTE PER IL LETTORE: 

Questo libro è stato aggiornato: chiunque abbia gratuitamente scaricato o acquistato la versione kindle tra il marzo del 2014 e il marzo del 2016 potrà scaricare gratuitamente la versione aggiornata sui propri dispositivi di lettura.

Per chiunque abbia acquistato in quel periodo la versione cartacea e volesse ricevere quella aggiornata, potrà fare richiesta della versione PDF segnalandomi il proprio indirizzo e-mail tramite il Contact Form. Grazie! (8 aprile 2016)

 

L’esperienza fenomenale di trovarsi NEL tempo e FUORI dal tempo… allo stesso tempo

L’esperienza

Mi è capitato, anni fa, di ritrovarmi, allorché emergevo dallo stato di sonno, contemporaneamente nel tempo e fuori dal tempo. Questa straordinaria esperienza di risveglio (risveglio in tutti i sensi) risale all’alba del 23 maggio 2008.

Devo precisare, prima di riportarla, che la sera prima ero andata a dormire sapendo di dover tradurre 14 cartelle entro le 7 del mattino, fatto che nella realtà di veglia ordinaria comportava svegliarsi almeno 4 o 5 ore prima dell’orario di consegna (diciamo che avrei dovuto svegliarmi tra l’una e le due di notte). Ma avevo tante altre cose per la testa, sul piano pratico, incluso il fatto di aver quasi fuso il motore nel tardo pomeriggio, a causa di una perdita del radiatore, di essermi nel contempo trovata nell’impossibilità di andare a prendere mio figlio di 11 anni in palestra mentre cercavo freneticamente soccorso in un momento (ore 19:00 circa) in cui tutti i negozi, i distributori di benzina e le officine stavano chiudendo i battenti, il che, insieme ad altri problemi, aveva fatto scivolare la scadenza lavorativa un po’ indietro nella scaletta delle priorità.

Comunque, mi trovavo in uno stato di dormiveglia, intorno alle 4:30 del mattino (e dunque in un orario in cui avevo già maturato tre ore di ritardo rispetto ai miei impellenti programmi), quando ho cominciato a sperimentare questa lucida consapevolezza di trovarmi simultaneamente nel tempo e fuori dal tempo. Sarebbe stato pressoché folle per me cercare di acquisire questa consapevolezza in uno stato di coscienza ordinario, anche solo un’ora prima, ma da questo punto di vista ero in grado di concepire mentalmente entrambe queste nozioni senza alcuno sforzo, ne’ il bisogno di passare da un punto di vista all’altro.

Le cose (qualsiasi cosa io decidessi di fare) erano contemporaneamente non ancora avvenute e già avvenute. Il motivo per cui non avevo bisogno di passare da un punto di vista all’altro era perché entrambe queste realtà erano per me contemporaneamente vere.

Indugiai in questo incredibile stato di coscienza per un bel po’, concentrandomi su varie situazioni e rendendomi conto che, qualunque scopo mi ponessi, non si richiedeva alcuno sforzo per conseguirlo, perché nel Grande Tempo in cui mi trovavo immersa, era già stato raggiunto.

Persino le mie 14 cartelle, il cui pensiero mi avrebbe fatto saltare istantaneamente giù dal letto in uno stato di panico … erano state già tradotte nel modo e nelle circostanze migliori.

Questo incredibile stato di coscienza fu seguito da un sogno in cui si realizzavano fatti molto positivi, situazioni pratiche che ero in grado di vedere ed esaminare in grande dettaglio: in tutte queste vicende, mi era chiaro che il concetto di fortuna non era che una sfaccettatura della vita, una volta appreso e messo in pratica il segreto del Grande Tempo che per me già all’epoca si riallacciava a quanto stavo da anni studiando su quella che oggi è nota come “la legge di attrazione”.

Le sensazioni che seguirono a quella mattinata piuttosto intensa e impegnativa, e che sono ancora presenti in me ora, sono:

  1. è possibile accedere in un qualsiasi momento al Grande Tempo in cui i nostri scopi sono già stati raggiunti;
  2. un grande senso di rilassamento e la capacità di prendersela con calma, dal momento che non si richiede alcuno sforzo mentale per ottenere una cosa che è già successa;
  3. una rinnovata ondata di energia vitale derivante dalla consapevolezza che qualsiasi scopo (per quanto apparentemente irraggiungibile) sia stato fissato, si è già manifestato nel Grande Tempo, e questo piccolo tempo esiste solo al fine di regalarci un senso di soddisfazione per ciò che si è realizzato.

Questa è stata la più grande conquista per me, da quando avevo cominciato a sfidare il concetto di tempo lineare.

Come lo sfidavo? Dapprima in modo forse infantile, rimandando fino all’ultimo impegni gravosi o noiosi, che andavano però assolutamente assolti entro una scadenza precisa: quando andavo a scuola, per esempio, pur avendo sempre ottimi voti, ero solita dopo un’interrogazione smettere di studiare quella materia specifica, di modo che mi ritrovavo sistematicamente a studiare numerosi capitoli tutti in una volta alla vigilia dell’interrogazione successiva; ricordo anche di aver preparato un esame universitario in una notte.

Poi ho cominciato a ipotizzare l’esistenza di vite parallele o vite alternative, che, tramite sogni vividi, sogni lucidi (sogni in cui sapevo di sognare) ed esperienze fuori dal corpo (si veda per questo il capitolo 4 del mio libro L’Aldilà è a portata di mano: Tre metodi collaudati per mantenere personalmente i contatti con chi ci ha preceduti nel Dopo-Vita), ho avuto anche modo di contemplare.

Infine ho cominciato a cercare situazioni che mi dessero l’opportunità concreta di fermare il tempo.

Già mi era capitato, infatti, qualche mese prima di questa esperienza, di sperimentare un rallentamento del tempo mentre ero impegnata in attività piacevoli, fatto diametralmente opposto a quanto capita abitualmente nella realtà di tutti i giorni. Mi capitava cioè ad esempio, mentre ero a lezione di pittura, immersa nella creazione di un dipinto a olio, che il tempo, invece di “volare” sembrava quasi fermarsi, per permettermi di godere di quel momento così gioioso.

Ma ora, con questa esperienza diretta, mi sembrava di aver acquisito uno strumento estremamente potente per poter compiere qualsiasi cosa. Ho potuto sperimentare di persona la magnificenza del nostro potere creativo e mi basta richiamare alla mente quella consapevolezza speciale, quando mi pongo un obiettivo, per sapere che esso è già stato conseguito.

Ritengo pertanto estremamente importante fissare degli obiettivi, quando ci si sente in uno stato d’animo dinamicamente creativo, e permettere al nostro potere personale di guidarci.

Continuo ad essere convinta che gli stati d’animo contemplativi siano ugualmente preziosi, purché siano il risultato della nostra inclinazione personale del momento.

Tuttavia, fissare degli obiettivi sembra essere una di quelle capacità chiave che veniamo a imparare nel QUI e ORA, con quella che chiamiamo “Incarnazione” e, una volta fatta questa scoperta, uno dei miei desideri più grandi è diventato quello di valorizzarla al massimo.

Inutile dire che il mio lavoro di traduzione quel mattino, che avrebbe in teoria richiesto una porzione notevole di tempo che non avevo, fluì in modo tranquillo e senza rampogne da parte della mia agenzia di traduzioni, che in quella circostanza aveva casualmente fissato l’orario di consegna con notevole anticipo rispetto alle proprie esigenze effettive, cosa che mi fu telefonicamente comunicata prima ancora di mettermi al lavoro.

Ho voluto citare questa esperienza in apertura in quanto considero la consapevolezza di trovarsi fuori dal tempo un fattore cruciale per dare una spiegazione a tanti interrogativi cui il concetto di re-Incarnazione tenta di dare una risposta.

La mia tesi è che il nostro ingresso nel tempo determini da una parte eccezionali opportunità creative e dall’altra tutta una serie di percezioni limitanti e distorte che tuttavia possono in qualsiasi momento, volendo, essere superate grazie alla nostra stessa natura e agli strumenti spirituali di cui siamo equipaggiati

Estratto dal mio libro La verità sulla reincarnazione  @ Giulia Jeary Knap, 2014

Cio che ho appreso nel corso degli anni successivi

L’esito più importante di questa esperienza e di quelle che mi ci avevano condotta si può sintetizzare in questi quattro punti:

  • Cominciai a rendermi conto che il momento in cui abbiamo maggior potere nelle nostre vite è sempre ADESSO. Disperdere energie in rimpianti e paure non ci aiuta. Questo è il momento in cui abbiamo il maggior controllo sulle nostre vite, il momento in cui possiamo non solo pienamente apprezzare che significa essere immersi in questa dimensione fisica, ma ottimizzarla e valorizzarla al massimo impiegando il nostro innato spirito creativo. Mi sono anche resa conto di come e perchè quello che chiamo il nostro Io Superiore coglie costantemente i benefici frutti delle nostre esperienze di vita passata, presente E FUTURA, al di là del tempo lineare. Quindi è importante proiettare nel futuro gratitudine e fiducia.
  • Mi sono resa conto di quanto fossero distorte le nozioni di re-incarnazione e Aldilà qualora queste vengano viste dal punto di vista fisico del tempo lineare e che nel Grande Tempo in cui tutti siamo ugualmente immersi non esiste mai alcuna separazione fra noi e le persone care, sia incarnate che disincarnate, neanche nei momenti più bui.
  • Ho capito con l’andar del tempo che la meditazione può aiutarci a entrare in uno stato di rilassamento nel quale possiamo  avere spontanee intuizioni circa cosa significhi trovarsi fuori dal tempo e acquisire maggior sicurezza in merito alle decisioni che prendiamo quando ci troviamo in uno stato ampliato di consapevolezza.
  • Da ultimo, ma non da meno, ho imparato a comprendere il vero significato della cosiddetta legge di attrazione, pochè ho appreso che non è sempre sufficiente “richiedere qualcosa” (riconoscendo pertanto che quel qualcosa NON c’è), ma è importante “sapere che quel qualcosa esiste già”. [cfr. Mc 11, 24]

@ Giulia Jeary Knap, luglio 2018

Testo tratto da: La veritá sulla reincarnazione:  

***GRATIS dal 12 al 16 agosto inclusi***

 

The Afterlife: Hereafter and Here at Hand and Looking Beyond the Fishbowl: A New Comforting Perspective on Reincarnation by Giulia Jeary Knap are available from http://amzn.to/2Em3JnS and http://amzn.to/2E4fQmb. Find out more here: http://fracieloeterra.org/en/

Kathleen Long Bostrom e “Il Paradiso che cos’è?”

copertina il paradiso che cos'èIl Paradiso che cos’è è un libretto cartonato, ricco di belle immagini colorate e fa parte di un’intera collana destinata a presentare ai bambini in tenera età, in modo semplice e rassicurante, i valori chiave della vita spirituale secondo la Parola di Gesù. In questo caso, il tema è quello della continuità della vita dopo la morte del corpo fisico secondo i medesimi valori spirituali che dovrebbero animare la nostra vita di tutti i giorni e che i bambini sono i primi a incarnare nella loro autenticità, perché non ancora condizionati dai principi dell’Ego, imperniati su concetti come paura, scarsità ed egoismo.

Ricordo che avevo acquistato questo graziosissimo libro tanti anni fa presso un Santuario sito in provincia di Cuneo.

La collana si chiama “DOMANDE di piccoli cuori” e l’autrice, coadiuvata dall’illustratrice Elena Kucharik, si chiama Kathleen Long Bostrom.

Come recita la sinossi, “con poche parole questo libricino, in forma di preghiera, aiuta i bambini a conoscere Dio e la sua promessa di vita eterna. Le ultime pagine, destinate agli educatori, presentano quanto la Bibbia, la tradizione e il magistero della Chiesa dicono sul Paradiso. Sono proposte inoltre alcune preghiere, per insegnare ai piccoli a parlare con Dio. I testi, brevi ed essenziali, sono resi più vivaci da deliziosi disegni a colori”.

Purtroppo, come diversi altri testi di questa collana, edita da Elledici, questo libro risulta ormai irreperibile, anche usato, perché a quanto pare chiunque ne ha una copia non è disposto a separarsene, visto e considerato che è introvabile anche su E-bay e altre librerie che operano nella compravendita di libri usati, e visto anche il prezzo al quale viene venduta su Amazon l’unica copia disponibile. Interpellata telefonicamente la casa editrice sul perché continui a pubblicizzarne l’esistenza (come ad esempio nella pagina ad esso dedicata dalla Elledici, dove risulta associato al modico prezzo di 6,38 € anziché 7,50 ), senza provvedere alla ristampa, mi sono sentita rispondere dall’Ufficio Vendite che il testo è fuori catalogo dal 2012 e che: “Abbiamo deciso di far morire questo libro“.

Sono rimasta senza parole! Non riesco a spiegarmi come, in un mondo in cui i media continuano ad attuare una forma di sistematico terrorismo psicologico, inondandoci di immagini di violenza e di morte, mentre portano avanti contestualmente un invito continuo al consumismo e al materialismo, coloro che, per esempio nel campo dell’editoria, si sono deliberatamente prefissi di offrire dei punti di riferimento spirituale ai più piccoli, agli innocenti che saranno gli adulti di domani, possano usare parole così forti e disumane per spiegare la decisione di togliere dal mercato italiano queste piccole perle di innocenza e spiritualità.

gli angeli chi sonoFra i libri della stessa autrice e della stessa collana attualmente in standby per quanto riguarda la versione italiana, almeno a giudicare dal prezzo al quale viene venduta su Amazon l’unica copia disponibile, è Gli angeli chi sono?. Come recita la sinossi di Elledici “Questo libretto, con poche parole, aiuta i bambini a conoscere Dio nella vita e nelle cose di ogni giorno e a pregare gli Angeli, che li accompagnano e li proteggono. Le ultime pagine, destinate agli educatori, presentano gli Angeli così come ne parlano la Bibbia, la tradizione e il magistero della Chiesa. Sono proposte inoltre alcune preghiere, per insegnare ai piccoli a parlare con Dio. I testi, brevi ed essenziali, sono resi più vivaci da deliziosi disegni a colori“. Tema delicatissimo, quello degli angeli, in considerazione della disparità di modi in cui le varie religioni o i vari filoni di pensiero ritraggono queste creature di puro spirito preposte a guidarci e a salvaguardarci nel nostro percorso terreno. Tema delicatissimo anche in considerazione del fatto che gli occhi e i sentimenti innocenti dei bambini sono proprio quelli che, con maggior facilità, possono coglierne la presenza.

Dio chi seiAnaloga sorte per un libro ancora più profondo, per la tematica che affronta: Dio, chi sei?. Come spiega la sinossi: “Far sentire Dio come un amico e aiutare a sceglierlo come compagno di viaggio: è il dono più grande che si possa fare ai bambini del nostro tempo. Questo libretto, con poche parole, aiuta i bambini a conoscere Dio nella vita e nelle cose di ogni giorno. Le ultime pagine riportano alcune preghiere, per insegnare ai piccoli, dopo averlo conosciuto, a parlare con Dio. I testi, brevi ed essenziali sono resi più vivaci dai deliziosi disegni a colori di Elena Kucharik“.

 

KathyMa per chi studia l’inglese, niente paura! Tutti i libri di Kathleen Long Bostrom (che qui vediamo in una foto scattata in una libreria di Firenze nel 2009) continuano a essere disponibili in lingua originale, e quelli appartenenti alla collana Little Blessings (DOMANDE di piccoli cuori in italiano) sono altresì disponibili in altre 18 lingue. Kathleen, che, con il marito Greg, vive a Carlsbad in California (USA), dove scrive a tempo pieno, ha pubblicato più di quaranta libri su temi attinenti alla spiritualità, prevalentemente destinati ai bambini, vendendone oltre due milioni di copie negli ultimi diciotto anni. Quando è stata in visita in Italia nel 2009, il suo libro Il Paradiso che cosè  era in vendita anche presso la libreria del Vaticano.

Gesù chi seiA questo proposito, del libro di Kathleen Gesù, chi sei?, risultato finalista per il premio 2000 Gold Medallion Award, destinato ai libri di eccellenza nel campo dell’Editoria Cristiana, restano ormai in vendita le ultime copie in lingua italiana, mentre Il Paradiso che cosè, cui questo articolo è dedicato, ha ricevuto una nomination per il premio statunitense a suffragio popolare People’s Choice Award. La domanda è: perché “lasciarlo morire?” proprio in Italia, che si erge a suo dire a centro della spiritualità, professandosi sede del Successore di Pietro e quindi del Fondatore del Cristianesimo?

Chiudo con queste parole tratte dal Vangelo di Matteo, 18 (1-4):

[1] In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”.
[2] Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse:
[3] “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
[4] Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.

Evidentemente non sempre le decisioni e le risposte dei “grandi” sono all’altezza dei nostri bambini!

“Abbracciata dalla luce” di Betty J. Eadie

Abbracciata dalla luceabbracciata dalla luce, una delle più toccanti esperienze di NDE (o pre-morte) raccontate in un libro, è la storia vissuta da Betty Eadie, figlia trentunenne di un nord-irlandese e di una indiana Sioux purosangue, nel novembre del 1973, a seguito di complicanze insorte la notte successiva a un intervento di isterectomia parziale, dopo aver dato alla luce ben sette figli.

Questo libro, dopo svariati anni di irreperibilità, è stato finalmente ristampato in lingua italiana, con la bellissima introduzione del Dott. Melvin Morse, medico specialista in pediatria e pioniere nella ricerca sulle esperienze di pre-morte riportate dai bambini, che, come lui stesso afferma, non essendo condizionati come gli adulti da aspettative religiose e culturali, le vivono in modo semplice e naturale.

A causa della separazione dei genitori quando aveva quattro anni, Betty, settima di dieci figli, aveva vissuto la propria infanzia in un collegio cattolico, dove aveva appreso dalle suore nozioni del tutto distorte circa l’esistenza di un “dio” terribile, impaziente e vendicativo, specie nei confronti di chi, essendo indiano, non era cresciuto in quella fede. Il suo innocente animo di bimba aveva altresì assorbito da questo contesto (per nulla raro purtroppo, anche ai giorni nostri) anche idee confuse su ciò che ci aspetta dopo la morte, come quella che l’anima dormirebbe nella tomba fino alla fine dei tempi. Nonostante queste nozioni terrificanti, che l’avevano convinta dell’inevitabilità del fuoco eterno dell’inferno, Betty non aveva mai cessato di pregare e di cercare un rapporto con questo “dio” così distaccato.

Durante la notte, Betty entra per alcune ore in uno stato di morte apparente, se così la vogliamo chiamare (visto che il suo stato non è controllato da monitor), per poi tornare miracolosamente alla vita e, dopo alcuni anni di silenzio sull’esperienza vissuta, descrive in un libro tutto ciò che ha visto e udito, e le meravigliose sensazioni sperimentate.

Il suo spirito, come riferisce, aveva in quell’occasione abbandonato il corpo, lasciato la stanza dell’ospedale e, dopo un rapido saluto alla propria famiglia che (inconsapevole di quanto le stava accadendo) si stava preparando per andare a letto, si era inoltrata in un tunnel in fondo al quale splendeva una luce abbagliante.

“Era la luce di Gesù Cristo che volle condurla nell’aldilà, un regno di quiete dove tutti sono felici, ma dove lei non poteva fermarsi perché non si era ancora compiuto il suo destino” recita la sinossi.

Era necessario che tornasse sulla terra e offrisse al prossimo parole di conforto, cosa che Betty farà, nonostante una fase depressiva seguita inevitabilmente al suo ritorno alla vita di tutti i giorni e all’incapacità di spiegarsi o rapportarsi con esso anche a causa della profonda nostalgia che quell’esperienza le aveva lasciato.

Un grande best-seller, un invito ad affrontare i rapporti con gli altri e con Dio in una prospettiva diversa e positiva. Una testimonianza che raccomando a chiunque si interroghi su quanto ci attende dopo questa vita, e soprattutto a chi teme che le informazioni distorte inculcate dalle religioni o dal materialismo sul dopo-vita possano condizionare negativamente il nostro trapasso, specie se siamo persone comuni, persone che in un modo o nell’altro cercano comunque di fare del proprio meglio nella vita di tutti i giorni, sulla base dei valori che sentiamo essere più sani e giusti.

“La crisi della morte” di Ernesto Bozzano

crisi_morteBuon giorno, cari lettori.

Oggi desidero parlare di un libro che considero utilissimo per chiunque si interroghi su cosa avviene nel momento del trapasso, indipendentemente da ciò che ci raccontano le persone che hanno avuto un’esperienza di pre-morte o NDE, persone che cioè sono rimaste clinicamente morte per un periodo di tempo, ma che sono poi tornare alla vita fisica.

È ragionevole ipotizzare che questi episodi, per i quali, come ho avuto modo di precisare qualche giorno fa, esiste tutta una serie di resoconti in italiano consultabili nella Pagina degli Amputati (www.ampupage.it) presentino caratteristiche leggermente diverse dalle esperienze di chi invece, essendo morto in modo “definitivo” ci ha narrato gli eventi tramite comunicazioni medianiche.

Della vita e delle opere di Ernesto Bozzano (1862 – 1943) si parla diffusamente sul sito della Biblioteca Bozzano De Boni al link: http://www.bibliotecabozzanodeboni.it/bozzano.htm.

Un video molto interessante sull’opera di questo grande studioso esiste anche al link:

Il volume, edito per la prima volta da Giuseppe Rocco Editore, Napoli, nel 1930 con il titolo La crisi della morte nelle descrizioni dei defunti comunicanti, è stato successivamente pubblicato da F.lli Bocca Editori nel 1952, ed infine dalla casa editrice Armenia nel 1974 e nel 1998.

Come recita la recensione de’ Il Giardino dei Libri:

In quest’opera, l’autore raccoglie tutte le “rivelazioni trascendentali” con cui gli spiriti dei defunti hanno descritto l’ingresso nella dimensione spirituale che ci attende oltre la soglia dell’esistenza fisica.

Le trenta testimonianze riportate vengono esaminate in uno studio comparato in cui, evidenziando i particolari sui quali concordano gli spiriti comunicanti, si suffraga la loro attendibilità, accreditando un’immagine serena e felice del mondo ultraterreno.

Le narrazioni sono il frutto di comunicazioni ricevute medianicamente nella seconda parte del XIX secolo e nei primi decenni del XX secolo, tutti documentati nella bibliografia fornita dall’autore. Sono confrontati fra di loro in modo critico e razionale, secondo lo stile tipico di questo grande ricercatore.

Consiglio vivamente la lettura di questo testo a chiunque si interroghi sul trapasso e sulle prime fasi dell’esistenza in ambiente spirituale. Le analogie fra i vari resoconti, ma anche le caratteristiche comuni che Bozzano definisce “secondarie”, presentano un quadro della morte completamente diverso dalle idee nebulose che la nostra cultura lascia filtrare nel nostro comune modo di pensare con lo scopo preciso di far sì che la morte rimanga un inesplorabile tabù.

 

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“Mai dire addio” di Patrick Mathews

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Mai dire addio. Racconti di un medium in contatto con l’Aldilà è un libro pubblicato in italiano dalla case editrice Venexia nel 2013. Ecco la sinossi del libro:

La fine della vita fisica non significa che dobbiamo cessare il rapporto quotidiano con i nostri cari che sono trapassati.

L’autore, medium dalla fama internazionale, ci spiega tutto ciò, e rivela che questo legame che prosegue attraverso le dimensioni è d’aiuto sia a noi sulla terra che a chi è nello spirito.

Attraverso una raccolta di episodi toccanti, emozionanti e talvolta divertenti di cui è stato protagonista in quanto medium, e a sezioni dedicate alle domande che gli vengono solitamente rivolte sull’aldilà, Mathews risponde ai quesiti più frequenti sui dubbi e le paure che ci poniamo tutti sulla vita oltre la morte.

Egli inoltre spiega come riconoscere le comunicazioni con gli spiriti e a stabilire un collegamento duraturo con chi è trapassato attraverso semplici pratiche e meditazioni.

A queste parole, desidero aggiungere quello che più mi ha colpito di questo testo per buona parte autobiografico. Mathews descrive con parole semplici la sua storia e in particolare il modo in cui si è reso conto di poter esercitare questo contatto con gli spiriti disincarnati. Così facendo, inserisce anche il riferimento alle tecniche da lui scoperte e impiegate per “sintonizzarsi” con il Mondo dello Spirito, fatto che aiuta il lettore a sentire questa comunicazione, non come un talento raro, appannaggio di pochi eletti, ma come un qualcosa di naturale, di ripetibile nella propria vita, tant’è che, per chi comprende l’inglese, Mathews, sul suo sito (http://patrickmathews.com/), propone delle meditazioni guidate volte a favorire e stabilire questo contatto con l’Aldilà.

Infine, tre argomenti importantissimi che Mathews non solo tocca, ma documenta grazie al materiale emerso dalle sue sedute, sono:

– La conferma che manteniamo la nostra identità personale dopo la morte, e i legami d’affetto con i nostri cari, che risultano dopo il trapasso, amplificati.

– Il concetto, emerso già da molte comunicazioni medianiche negli ultimi due secoli, che soggiorniamo dopo la morte in una sorta di ambiente similterrestre ma spiritualizzato, dove tutto ciò a cui tenevamo in terra è presente e fruibile, indipendentemente dall’espandersi della nostra coscienza spirituale dopo il vero e proprio “risveglio” che la morte costituisce.

– Il fatto che NON SIA ASSOLUTAMENTE VERO che, restando in contatto con i nostri cari trapassati impediamo loro di continuare il proprio percorso spirituale, come tante culture ventilano. A questo proposito, vorrei riproporre qui quanto emerge in una delle sedute citate da Methews, in cui un marito defunto (Fred) parla a sua moglie (Linda), dopo averle offerto ottime prove di identificazione personale. Fred invita caldamente sua moglie a non credere a certi libri che le dicono di “lasciarlo andare” per permettergli di fare la propria strada. «Dove vuoi che vada?» chiede Fred a sua moglie. «Linda, devi capire una cosa: tu fai parte del mio paradiso.»

«In questo libro» come si precisa nell’introduzione «scoprirete che non è vero che dovete lasciare andare qualcuno altrimenti lo trattenete dal passare oltre [inglesismo derivante dall’espressione “to cross over”, in parole povere, morire, portato alla ribalta in Italia dalla serie televisiva Ghost Whisperer (N.d.R.)]. Lo spirito dei vostri cari è e continuerà a essere sempre parte della vostra vita, e non sarà necessario alcun congedo da loro».

La Pagina degli Amputati – NEW

claudioLa Pagina degli Amputati (trasferitasi nel 2019 al nuovo indirizzo http://www.ampupage.eu/) è il primo sito che inserisco fra le risorse di questo blog, in quanto conosco personalmente il Dott. Claudio Pisani che lo ha creato e lo gestisce con impegno meticoloso da oltre vent’anni. L’archivio storico di questo sito è consultabile al seguente link: Archivio Storico della Pagina degli Amputati

Ho conosciuto il Dott. Pisani per caso sul forum di Bruce Moen (1948 – 2017) nel 2002, e poi ci siamo conosciuti anche di persona.

Il Dott. Pisani non è un semplice ricercatore nel settore dell’Aldilà, nel campo della sopravvivenza dello spirito dopo la morte del corpo fisico, dei canali e delle metodologie a disposizione per comunicare con l’Altra Dimensione, delle esperienze di NDE, OBE, ADC e via discorrendo. È prima di tutto un medico, che studia quindi questa disciplina dal punto di vista della scienza, offrendo anche agli scettici un’angolazione serena dalla quale valutare l’immenso materiale raccolto e documentato in questi anni.

Inoltre, il Dott. Pisani conosce purtroppo direttamente il dolore indescrivibile che si prova per la perdita di un figlio, e ha coniato per i genitori vittima di questo lutto un nome preciso: “amputati” come spiega in questa pagina di presentazione. La trovo una scelta decisamente appropriata. Esistono gli orfani, i vedovi, ma per chi ha subito quella che è forse la perdita più terribile che si possa immaginare nel corso della vita di una persona un nome non esisteva. Chiunque abbia un figlio saprà cosa sto cercando di dire. Sentiamo i nostri figli come una parte di noi ed è assolutamente naturale sentirsi amputati se questo figlio viene fisicamente a mancare. Certo il termine ha anche una valenza più ampia, perché tutte le persone a noi care possono, lasciando questo piano fisico, creare in noi la sensazione di un’amputazione. E infatti sono davvero in tanti a cercare risposte e sollievo sulla Pagina degli Amputati, indipendentemente dalle proprie motivazioni personali.

Ecco perché raccomando calorosamente questo sito a chiunque desideri approfondire in italiano le proprie conoscenze su questa materia.

Da quando lo conosco, il Dott. Pisani ha sempre dedicato il suo tempo libero (che non è certo molto data la sua professione e il suo ruolo di marito e padre) a diffondere conforto e informazione tra chi per un motivo o per l’altro avesse bisogno di saperne di più. Non si contano le traduzioni di articoli e relazioni di NDE ed eventi affini che, grazie al Dott. Pisani sono disponibili in italiano consultando il suo sito. Per quanto riguarda i resoconti di NDE, che sono sicuramente di grande ispirazione e insegnamento per chiunque voglia avvicinarsi al tema del trapasso, segnalo il nuovo link Racconti di NDE , dove tutto il materiale tradotto è archiviato in maniera facilmente consultabile.

drmoodyIl Dott. Pisani ha anche conosciuto personalmente leader nella ricerca sul dopo-vita, come il Dott. Raymond Moody, ed è in stretto contatto via web con molti studiosi del settore, come lo psicologo Gary E. Schwartz e il Dott. Sam Parnia; tiene tutt’ora conferenze sull’argomento, anche tramite i nuovi canali forniti dal web, oltre naturalmente a documentare i propri lettori sulle varie iniziative in essere nel nostro Paese.

Frutto dell’encomiabile lavoro del Dott. Pisani è anche il libro: Nicola è accanto a me, edito da Piemme nel 2009, libro in cui testimonia il proprio personale viaggio di ricerca dopo la tragica perdita del piccolo Cocò nel 1994, alla tenera età di sei anni. Attraverso questa ricerca, Il Dott. Pisani è giunto alla mia stessa conclusione: non è necessario essere dotati di una talento particolare per rimanere in contatto con i nostri cari che ci hanno preceduti nell’Aldilà e, nel suo libro, spiega appunto la tecnica per poterci riuscire. libro

Chiudo questo articolo con un ringraziamento particolare al Dott. Pisani per la grande disponibilità che lo ha sempre contraddistinto in questi anni, disponibilità che si traduce nel suo rendersi sempre reperibile sia telefonicamente che via e-mail al fine di offrire conforto e sostegno alle innumerevoli persone a lutto che lo contattano.

I nuovi recapiti a partire dal 2019 sono i seguenti;

Indirizzo e-mail: cipidoc@ampupage.eu

Facebook: https://www.facebook.com/claudio.pisani.3511

Twitter: https://twitter.com/DR_AUSL

 

Il taglio apolitico e nonconfessionale del suo sito, che viene costantemente aggiornato, lo rende garanzia di una ricerca genuina e altruistica, e prende giustamente le distanze da chiunque possa a vario titolo speculare sul dolore altrui.

Ecco un video clip tratto dall’intervento del Dott. Pisani al seminario dal titolo “Il Mondo Spirituale e la Vita Eterna” tenuto a Roma il  7, 8 e 9 marzo 2014.

 

Link

la sediaBuon giorno e buona domenica, cari lettori. Da oggi comincio a tenere aggiornato questo blog e desidero cominciare raccontandovi una storia vera. Vedete quell’angolino di sedia che sbuca nella piccola foto che ho caricato qui in alto a sinistra? È lei la protagonista della storia di cui voglio parlarvi.

Qualche mese fa una mia conoscente, che chiamerò Lucia, ha perso purtroppo il suo papà. Da allora, nonostante la cupa disperazione di tutta la famiglia per questa tragedia, Lucia ha avuto la fortuna di ricevere dal suo papà molti segnali circa il fatto che lui continua a vivere, e sta bene, è vicino a lei e alla sua famiglia, si preoccupa di seguirla in particolare nei momenti difficili e ha modo di testimoniare la sua presenza in tanti modi diversi, dai più sottili, come un improvviso e unico profumo che solo Lucia riesce a percepire, a sogni in cui le appare ringiovanito e scattante, libero da malattie e dal peso degli anni, a flash in cui lo vede passare per casa, come era solito fare.

Apro una parentesi e Inserisco qui un mio commento: come narro nel mio libro “L’aldilà è a portata di mano”, cui trovate un riferimento nelle Risorse di questo blog, ho avuto spesso esperienza di queste presenze in casa e fuori casa, anche da parte di persone fisicamente vive. Ad esempio mi è capitato di vedere, in particolare mentre ero sul punto di addormentarmi ma anche mentre stavo eseguendo un lavoro noioso che richiedeva poca concentrazione, una persona cara aggirarsi per casa o comunque attorno a me, che magari si limitava a svolgere le proprie solite mansioni, anche se si trovava fisicamente ad almeno un centinaio di chilometri di distanza. Interpreto questi eventi come una testimonianza di affetto da parte della persona cara che, pur essendo fisicamente distante, spiritualmente non lo è mai. A questo aggiungo anche i casi in cui, trovandomi magari seduta ad ascoltare una conferenza poco interessante, entravo in uno stato di semi-sonnolenza e notavo i miei vicini, fisicamente immobili e in ascolto, muoversi, girarsi o parlarsi. Ho sempre ritenuto che, in questi casi, mi ero accidentalmente sintonizzata con una loro controparte non-fisica, che, al contrario di quella fisica, non era propriamente immobile.

Ma, chiusa parentesi, torniamo a Lucia. Reputo che Lucia sia stata molto fortunata, nonostante il suo grande dolore che tanto spesso blocca queste percezioni, perché, in aggiunta ai contatti tramite profumi, improvvisi pensieri e ispirazioni, e sogni in cui ad esempio parla al telefono con il suo papà o lo incontra di persona, ha avuto ad esempio anche l’occasione di vederlo come un flash mentre si trovava in giro per il paese, percependo anche se per un microsecondo il suo volto sovrapporsi a quello di un passante. Insomma, direi una bella collezione di circostanze, che fanno di Lucia, nella sfortuna, una giovane fortunata, nonostante il terribile stato di lutto che vive quotidianamente assieme a tutta la sua famiglia.

Ma veniamo all’argomento specifico che volevo trattare. In questi mesi, Lucia ha sognato più di una volta il suo papà presente in casa, in particolare seduto su una sedia della cucina, che prima non occupava mai. Non la occupava per motivi pratici specifici: la sedia è lontana dalla finestra, da cui filtra il tepore del sole, dà le spalle alla porta della cucina, e inoltre dà le spalle al punto in cui fino a pochissimo tempo fa era collocato il televisore, che qualche volta poteva anche essere acceso, mentre ci si ritrovata attorno al tavolo per il pranzo, magari per seguire i titoli del telegiornale.

Dettaglio importante: adesso, da quando il papà di Lucia fisicamente non c’è, almeno agli occhi dei più, proprio davanti a quel televisore é stata collocata una sua foto, insieme a una foto di una veduta del paese che il papà di Lucia amava molto, specie negli ultimi giorni della sua vita terrena. Dopo un mese o poco più, il televisore è stato spostato dalla cucina, proprio perché lì c’è la foto che lo ritrae e nessuno si sognerebbe mai di accendere il televisore in quella posizione.

Fatto sta che, quando Lucia sogna suo papà presente in casa (circostanza che a parer mio testimonia la sua costante presenza, a dispetto della sua apparente assenza) lo vede seduto su quella sedia, sedia talmente poco ambita in famiglia, da essere spesso occupata, nella sua versione fisica, da una borsa.

Anche se le giornate sembrano interminabili senza di lui, i contatti che Lucia ha, specie in sogno, con il papà stanno diventando sempre significativi, anche per il fatto che, al contrario dei primi tempi, in cui si svegliava con la sensazione di aver passato del tempo con lui, ma senza un ricordo preciso, adesso si presentano circostanze in cui l’esperienza è invece vividissima, come quella di un incontro realmente avvenuto.

Il mio pensiero è che il papà di Lucia continua ad essere presente più che mai, sia nella casa in cui ha sempre abitato che accanto a ciascuno dei suoi familiari, ovunque essi si trovino, e l’aver scelto di mostrarsi seduto su una sedia che nessuno occupa mai, e che lui in particolare non era solito occupare, non è che la conferma che, pur essendosi spostato in una dimensione leggermente diversa da quella fisica, quella del puro spirito, di cui anche noi (non mi stancherò mai di ripeterlo), facciamo parte a tutti gli effetti, lui c’è, e come ho sempre creduto, non solo noi esseri umani, ma anche il nostro pianeta, le nazioni, le città, le case, le cose, hanno una propria controparte non-fisica, vibrante e indistruttibile, che se ha un’utilità sul piano spirituale, vive e vivrà in eterno e la ritroveremo in Paradiso quando anche noi avremo la fortuna di potercivi trasferire stabilmente.

A corroborare tutto questo, vorrei anche accennare che Lucia, come tutti i suoi cari, ciascuno per la propria sfera di competenza, è al momento molto impegnata nel portare a termine sul piano fisico una parte delle attività che tanto hanno appassionato il suo papà, e il mio parere è che sicuramente lui le sta vicino, come sta vicino a ciascun membro della famiglia, anche in veste di collaboratore, facendo sì che questo lavoro venga portato avanti a quattro mani.

Una ennesima testimonianza dunque circa il fatto che, con la morte del corpo fisico, non si interrompe nulla: i legami di affetto restano immutati, anzi rinvigoriti, le testimonianze d’affetto altrettanto, e da entrambe le parti, e anche le opere che ci hanno appassionato in vita continuano a vivere grazie all’ispirazione che i nostri cari in spirito ci offrono e alla fattiva collaborazione di chi, come Lucia e i suoi cari, mettono a disposizione sul piano fisico per portarle a termine e rendere loro il giusto omaggio.

 

La verità sulla reincarnazione

Conforto e sollievo da un concetto spesso ambiguo. Storia di un pesce rosso

Non siamo costretti a rinascere, almeno nel senso tradizionale attribuito a questo concetto.

Questo è il messaggio di fondo che l’autrice, dall’umile punto di vista che la stessa accomuna simpaticamente a quello di un pesce rosso in una boccia, desidera comunicare al lettore.

Come per il suo precedente libro, dedicato alla comunicazione con i cosiddetti “defunti”, anche in questo caso il testo è il risultato di un profondo lavoro introspettivo basato sull’esperienza personale di viaggiatrice astrale e studiosa della medianità.

Scopo dell’autrice è anche fondamentalmente quello di rassicurare chiunque abbia perso una persona cara che la morte non esiste, che non siamo robottini immessi nostro malgrado in un soverchiante e macchinoso sistema di vite, morti e rinascite al di fuori del nostro controllo, e che nella vita non perdiamo mai di vista i nostri cari, MAI, neanche nelle più buie situazioni esistenziali.

Al contrario, il testo presenta l’uomo quale eroico e potente spirito di luce che ha scelto di sottoporsi in via transitoria a una situazione apparentemente limitante per contribuire con coraggio e abnegazione al Grande Disegno spirituale che ci vede protagonisti.

Ancora una volta l’autrice cerca di dimostrare, con esempi tratti dalla vita di tutti i giorni, che il Mondo dello Spirito non è altro che il nostro mondo, che tutti abbiamo una missione di vita che abbiamo scelto al di là dello Spazio e del Tempo e che questa ci guida sempre, nella quotidianità, anche attraverso le persone e le circostanze che sembrano capitare nella nostra vita per caso.

Pagina dell’autrice: https://www.amazon.com/author/giuliajearyknap

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PROMOZIONE GRATUITA DELLA VERSIONE KINDLE ANCORA PER OGGI, DOMENICA 12 GIUGNO 2016